Vis-à-vis

Al deputato Edoardo Fanucci, intervistato a margine dell’incontro col ministro Martina al festival della salute di Montecatini, piace la proposta: «in un momento di crisi occorre fare squadra, quindi penso tutto il meglio possibile di questa proposta». Fanucci spera che nella legge di bilancio ci sia spazio, almeno in parte, per le agevolazioni fiscali alle opere a verde dei privati.  

A fare gli onori di casa al ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, in visita oggi a Montecatini per la nona edizione del “Festival della salute”, c’era con il sindaco Giuseppe Bellandi anche Edoardo Fanucci, vice presidente della commissione Bilancio della Camera dei deputati, espressione del territorio provinciale pistoiese e quindi sempre attento anche alle questioni del florovivaismo, dal vivaismo alla floricoltura. Floraviva lo ha intervistato, prima che arrivasse il ministro Martina, su alcune questioni di interesse del settore, all’indomani dell’annuncio dello stesso Martina del taglio dell’Irpef agricola, che darà una notevole boccata d’ossigeno alle aziende florovivaistiche
Dopo l’aiuto ai bilanci delle imprese del florovivaismo con il taglio dell’Irpef agricola, si può fare qualcosa anche per stimolare un po’ il consumo delle piante e dare una spinta alla produzione, magari coinvolgendo anche altri ministeri?
«Sicuramente bisogna riconoscere alle piante il valore che hanno nell’ambiente e dare anche un senso a quelle che sono le nostre città, ai nostri ambienti urbani e suburbani. Per questo il coinvolgimento di più ministeri nella ricerca di una soluzione che possa far riprendere i consumi interni e gli acquisti delle nostre piante può essere diretto a favorire il verde privato, e noi abbiamo portato avanti una proposta di legge in Parlamento a sostegno del verde privato per poter fruire di vantaggi fiscali al momento in cui uno realizza ad esempio un intervento nel proprio giardino, chiaramente con dei requisiti professionali (vedi nostro articolo, ndr). Ci vuole un coinvolgimento di tutto il governo, di tutto il parlamento, di tutti i ministeri, in un grande progetto collettivo che guardi all’Italia non soltanto pensando al domani o alle prossime elezioni ma pensando davvero alle future generazioni. Per far questo, ci vuole orgoglio, volontà e anche risorse».
Ecco, a che punto siamo con quel disegno di legge sul bonus fiscale per gli interventi a verde dei privati?
«Noi abbiamo portato avanti una proposta di legge, di cui io sono secondo firmatario, primo firmatario è il presidente della Commissione Finanze Bernardo, una proposta trasversale, ci tengo a sottolinearlo, da più parti politiche, proprio per esplicitare un forte senso di responsabilità di tutto il parlamento. Noi la riproporremo in legge di bilancio. Le risorse sono limitate, sappiamo i vincoli dell’Europa, sappiamo i vincoli della finanza pubblica. Però sicuramente noi abbiamo trovato riscontri in termini di attenzioni da parte del Governo e speriamo che si possano tradurre in stanziamenti di risorse almeno pari a una parte delle nostre attese».
Di recente il sindaco di Pescia Giurlani ha avanzato al Ministero delle politiche agricole la richiesta di creare un tavolo permanente, un coordinamento (aperto anche ad altri soggetti attivi nella commercializzazione) dei mercati di fiori italiani, che forse negli ultimi anni hanno avuto un po’ meno peso nel settore. Ciò in vista anche dei lavori al nuovo piano florovivaistico 2017-19, perché potrebbe esser utile un fronte unitario per far capire bene al Governo le istanze dei mercati di fiori. Cosa pensa di questa idea?
«In un momento di crisi occorre fare squadra, quindi penso tutto il meglio possibile di questa proposta di Giurlani, che sosterrò nei limiti delle mie possibilità, coinvolgendo i colleghi delle commissioni competenti e tutta la filiera che il Pd riesce ad esprimere: dai consiglieri regionali, penso a Massimo Baldi e Marco Niccolai, all’assessore regionale Federica Fratoni, all’altra parlamentare del territorio Caterina Bini. Dobbiamo fare un gioco di squadra perché il territorio è più importante di qualsiasi altra cosa».
 
Lorenzo Sandiford

 

Intervistata a Flora trade a margine di un seminario tecnico, Claudia Pavoni, presidente dell’Associazione italiana giardinieri professionisti, ha detto che l’art. 12 della legge 154/16 su chi può esercitare l'attività di costruzione o manutenzione del verde non basta. Dell’albo si discuterà in una tavola rotonda a Flormart il 23 settembre.

L’articolo 12 della legge 154/16 sulla semplificazione e competitività dell’agroalimentare è stato visto da molti come un passo avanti nella direzione di una gestione del verde in mano a soggetti competenti. Esso stabilisce che «l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico o privato affidata a terzi» può essere esercitata dai florovivaisti iscritti al Registro ufficiale dei produttori oppure da «imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze»; e che saranno le regioni a disciplinare i corsi di formazione per ottenere l’idoneità e quindi in ultima istanza a decidere chi potrà occuparsi del verde
Per la presidente dell’Associazione italiana giardinieri professionisti (Aigp), l’agronoma Claudia Pavoni, sentita ieri a Rimini a Flora trade, in margine al seminario tecnico su “Qualità ed innovazione nel lavoro del giardiniere”, questo è però solo un primo passo, ma non sufficiente a garantire che alla costruzione e manutenzione del verde saranno ammessi solo individui davvero competenti. «Dovremmo approfittare di questa leggeci ha confermato oggi Claudia Pavoni – per valorizzare la figura professionale del giardiniere, ma questo accadrà solo quando avremo un vero e proprio albo basato su requisiti e una certificazione di livello europeo». Del resto, osserva Claudia Pavoni, all’estero, ad esempio in Germania, la professione del giardiniere è riconosciuta e rispettata. In ogni caso, come spiegato stamani da Rodolfo Bonora, segretario di Aigp, «ci muoveremo con le regioni per aiutarle a definire corsi di formazione adeguati e ad evitare difformità fra una regione e l’altra».   
Aigp ha la sede legale a Padova, con due basi operative: una a PadovaFiere e l’altra a Pordenone, dove si svolgono rispettivamente Flormart e Ortogiardino. L’associazione conta al momento solo alcune decine di iscritti, perché ha scelto di adottare una selezione rigorosa in base alle reali competenze, e non è composta solo da liberi professionisti, ma anche florovivaisti iscritti al Rup e giardinieri dipendenti
Come ci ha spiegato ieri Claudia Pavoni, l’Aigp è nata «attraverso piccole domande botta e risposta da Facebook. Eravamo agronomi, giardinieri, titolari di imprese di manutenzione e ci siamo resi conto di avere un ruolo di Cenerentola, perché il giardiniere non esiste. E in effetti in Italia non esiste un albo dei giardinieri ed è proprio quello l’obiettivo principale per il quale abbiamo creato l’associazione». «Quello che ci ha portati a costituirci due anni fa, il 29 agosto 2014, giorno di San Fiacre, il protettore dei giardinieri – ha proseguito Claudia Pavoni - è stato l’intento di creare un ambito di formazione, una valorizzazione della figura del giardiniere e di divulgarne le competenze. Questo perché parecchie volte il florovivaista che fornisce le piante si trova ad avere anche un ruolo di giardiniere. Ma il giardiniere ha una competenza molto più ampia, a 360 gradi, perché ha a che fare con gli impianti di illuminazione, i passi carrai, quelli che sono i manufatti del giardino. Poi c’è il giardino storico, il giardino moderno, il tetto. Cioè moltissime variabili e competenze».
«Però – ha continuato - se una persona si trova senza lavoro, con un titolo di studio di perito agrario o di agronomo, e ha idea di fare il giardiniere, da dove comincia? Non c’è un curriculum, non esiste una pianificazione, non c’è un anno di stage. E questo è un problema italiano, perché a livello europeo, per esempio in Germania, l’albo dei giardinieri è molto potente: sono quelli che costruiscono il verde. Qui da noi, invece, è il costruttore di cemento che si mette a fare il giardiniere, mentre chi progetta non ha neanche la competenza della realizzazione».
Quali sono i primi passi che intendete fare per raggiungere l’obiettivo dell’albo professionale?
«Il nostro desiderio è fare anzitutto un decalogo del giardiniere e quindi, attraverso una specie di comitato all’interno dell’associazione, dimostrare quelli che sono i punti da portare al tavolo verde, perché il ministero ha dato molto spazio al florovivaismo, però la figura del giardiniere non è stata mai neanche citata. E infatti la nostra associazione, che vabbè è ancora piccola, non è ancora mai stata invitata. Quello che mi sembra giusto è che oggi ci sia un’attenzione a questa figura, che non è il florovivaista e non è neanche il progettista, ma esattamente colui che realizza il giardino e fa la manutenzione».
Ma non c’è stato nessun riconoscimento ancora?
«Abbiamo chiesto di stare al tavolo [del florovivaismo, ndr] e nessuno ci ha detto di no. Ma insomma per noi giardinieri è un bene che il verde non sia un bene superfluo, ma sia un bene importantissimo. Perché l’urbanizzazione deve essere accompagnata al verde. E poi la manutenzione deve partire dalla sostenibilità, che è una parola che nessuno capisce cosa vuol dire: non è sostenibile nel senso economico, ma nel senso di (non) inquinamento. Cioè il tipo di gestione deve essere oculata attraverso la lotta biologica e attraverso anche piccoli interventi ma fatti cum grano salis, cioè è la preparazione che deve essere valorizzata».
E’ soddisfatta, a metà giornata, dell’incontro di oggi a Flora trade?
«Mi è piaciuto molto perché non è stato un workshop, quindi le aziende che ci hanno offerto la loro tecnologia sono state esaustive su questo argomento, come l’utilizzo dei substrati, il prato fiorito, l’utilizzo della lotta per la difesa. E nel pomeriggio parleremo della qualità del materiale florovivaistico per avere la qualità di un giardiniere, perché se il giardiniere non riesce ad avere un materiale di buona qualità, allora farà male il nostro lavoro. Il nostro obiettivo è portare avanti questi momenti di incontro durante le fiere, per avere degli stimoli e momenti di formazione. E a Flormart, venerdì 23 settembre, faremo una tavola rotonda dove vogliamo descrivere proprio quali devono essere gli input per un albo del giardiniere».
 
L.S.

Appello alle imprese del distretto floricolo del sindaco di Pescia Oreste Giurlani, che definisce “un’opportunità unica” i bandi della sottomisura 4.2 del Psr e dei Pif. Giurlani plaude all’apertura della 4.2 alla filiera floricola ma è deluso per la mancata “premialità aggiuntiva” alle imprese del territorio distrettuale. Entro settembre partirà il tavolo tecnico “Pescia agricola e verde-floreale”.

Settembre cruciale per le imprese del distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia, che ha come centri propulsori i mercati dei fiori di Pescia e Viareggio. Soprattutto per quelle iscritte al mercato di Pescia, dove potrebbe essere finalmente avviata la svolta attesa da tanti anni con la definizione del passaggio del mercato da Regione Toscana a Comune pesciatino e di un contestuale accordo di programma, non appena il Consiglio regionale avrà approvato la variazione di bilancio con lo stanziamento di risorse destinate all’operazione
Il sindaco di Pescia Oreste Giurlani, sentito da Floraviva, non vuole anticipare niente su tale accordo con la Regione e le associazioni di categoria interessate, ma accetta volentieri di dire la sua sulla questione dei fondi del Programma di sviluppo rurale (Psr) a cui la filiera floricola potrebbe attingere per sostenere gli investimenti necessari ad aumentare la competitività e rilanciarsi. E una notizia: il tavolo tecnico “Pescia agricola e verde floreale” (Pav), costituito fra la fine di marzo e i primi di aprile, inizierà la propria attività di stimolo e coordinamento in ambito agricolo e florovivaistico entro settembre, una volta che saranno completate e ufficializzate le nomine dei componenti, in modo da essere «attrezzati ad affrontare la nuova fase che si aprirà dopo aver chiuso l’accordo con la Regione per il trasferimento dell’immobile del mercato dei fiori». 
«Mi rivolgo agli operatori del distretto floricolodichiara Giurlani - per invitarli a prendere sul serio l’appuntamento con i prossimi bandi del Psr. Si tratta infatti di un’opportunità unica: sia la sottomisura 4.2 (Sostegno a investimenti nella trasformazione, commercializzazione e/o sviluppo di prodotti agricoli), che finalmente mette a disposizione contributi anche per le imprese che investono nelle strutture e attrezzature per la commercializzazione dei prodotti floricoli (vedi articolo), sia il secondo bando dei Pif (Progetti integrati di filiera), che dovrebbe essere pubblicato entro settembre. Dobbiamo intercettare queste risorse, non possiamo perdere il treno. A questo scopo, organizzerò entro la prima metà di settembre un incontro con le associazioni di categoria». 
Giurlani coglie l’occasione anche per togliersi un sassolino dalla scarpa: «ho molto apprezzato, da parte della Regione, la variazione al Psr, approvata dalla Commissione europea, che ha inserito le imprese della floricoltura fra i beneficiari della sottomisura 4.2, ma mi è dispiaciuto che non sia stata riconosciuta al nostro distretto interprovinciale Lucca Pistoia quella premialità aggiuntiva che è stata attribuita ad altri territori della regione. Come zona in situazione economica critica, tale premialità era giusto assegnarla anche a noi».   
 
Lorenzo Sandiford

Novella Cappelletti, presidente di Paysage, ha annunciato l’istituzione nell’edizione del 2017 di due nuove categorie. Per Vannucci il premio è un utile interscambio fra chi progetta il paesaggio e i vivaisti, e l’edizione per Pistoia capitale della cultura «una grande opportunità». Renato Ferretti: il paesaggio non è solo natura e boschi, ma anche qualcosa da costruire con il lavoro e producendo reddito.

 
«Quest’anno invece di assegnare il premio abbiamo preferito fare questa riflessione insieme agli architetti e ai vivaisti proprio per cercare di prepararci al meglio per l’edizione 2017 quando, nel contenitore molto più prestigioso di Pistoia capitale della cultura, ci sarà una grande opportunità. Quindi di nuovo una bellissima occasione di interscambio fra coloro che progettano e noi che produciamo, perché, come ripeto spesso, per noi è necessario capire quello che si andrà a progettare nel futuro, proprio per progettare noi stessi le nostre produzioni».
Questo il commento di Vannino Vannucci, presidente dell’Associazione vivaisti italiani, a Floraviva ieri alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, al termine della quarta edizione del premio “Great Trees Awards – I grandi alberi del paesaggio italiano”, promosso da Paysage e Vannucci Piante con l’obiettivo di porre all’attenzione del pubblico professionisti di chiara fama che, come “grandi alberi”, rappresentano il senso, la struttura e la radice del progetto di paesaggio in Italia. Un’edizione interlocutoria, dunque, come sottolineato da Vannucci. Una sorta di anteprima preparatoria della prossima edizione nel 2017. 
Che premio ci possiamo aspettare il prossimo anno? «Un premio importante – ha risposto Novella Cappelletti, direttore di Topscape e presidente di Paysage - . Noi stiamo lavorando a questo. Siamo lavorando alla condivisione con le istituzioni. Stiamo lavorando affinché il premio traini Pistoia e Pistoia traini il premio verso un riconoscimento con una risonanza europea. Questa è la vera sfida per il 2017». E cambierà qualcosa nelle premiazioni? «, vorremmo istituire delle nuove categorie. Quindi non solo un premio alla carriera, ma un premio legato alle realizzazioni in ambito di verde pubblico e un premio legato ai giovani per poter dare loro un’occasione di visibilità. Questi sono le prime indicazioni fondamentali che sono emerse da questo dibattito». Ma rimane come prima il premio originario? «Certamente . Perché nasce e resta la vocazione di rappresentare un premio per una carriera importante a chi ha contribuito alla disciplina, ma si apre verso visioni più allargate».
A Renato Ferretti, direttore di Vestire il Paesaggio, abbiamo chiesto di spiegare la sua osservazione, nel suo intervento, che il premio potrebbe essere una buona volta l’occasione per riflettere su che cosa è davvero il paesaggio e quindi anche sulla figura dell’architetto o progettista del paesaggio: «, io sono fermamente convinto che “paesaggio”, come peraltro dice la convenzione europea del paesaggio, è tutto quello che ci circonda. Noi viviamo nel paesaggio. Non è che andiamo ad ammirare il paesaggio, quello lo si ammira in un quadro. Ma il paesaggio lo viviamo tutti i giorni. E’ un paesaggio che è diverso: è diverso per caratteristiche, è diverso per livelli qualitativi all’interno della stessa categoria, nel senso che ci sono paesaggi urbani gradevoli e paesaggi urbani sgradevoli, ci sono aree industriali gradevoli e aree industriali molto sgradevoli. Purtroppo la maggioranza sono quelle sgradevoli rispetto a quelle gradevoli, e per questo siamo pensati a portare che il paesaggio sia quello che si vede verde, boschi e comunque quello che nell’immaginario collettivo è collegabile alla naturalità, e viceversa tutto il resto non è paesaggio». 
«Invece è tutto paesaggio – ha continuato Ferretti -. Tutto è paesaggio che ha bisogno di essere ricostruito, e ricostruito pensando a una prevalenza del reddito rispetto alla rendita. Credo che questa sia la scommessa vera. Nel senso che, come è stato costruito il paesaggio bello della nostra Toscana nel secolo scorso e in quello precedente, pensando al fatto di dover soddisfare il bisogno alimentare di chi ci viveva, e quindi con un’attenzione forte al reddito che si poteva tirare fuori da questi territori e da questo paesaggio, ugualmente bisogna farlo oggi e credo che questa sia la scommessa vera: fare un salto culturale e passare da immaginare solo come parametro di riferimento la rendita finanziaria a un reddito del capitale, che in questo caso è costituito dal territorio con il paesaggio che ci costruiamo sopra con il lavoro che ognuno di noi ci mette».
 
Lorenzo Sandiford

Intervista al responsabile del Gie “Florovivaismo” di Cia, Roberto Chiti, a margine del terzo forum su “Istituzioni e paesaggio” di Ifla 2016 a Torino, a cui è intervenuto anche Dino Scanavino. Chiti: daremo ai paesaggisti indicazioni su «fin dove si può arrivare a immaginare il paesaggio del futuro» e le loro informazioni sui trend paesaggistici aiuteranno noi vivaisti, carenti di varietà in listino per la crisi, a orientare le produzioni.

Uno degli appuntamenti più interessanti per i florovivaisti durante il 53° Congresso mondiale degli architetti paesaggisti (Ifla 2016), in corso a Torino dal 20 aprile a oggi, è stato il forum “Istituzioni e paesaggio”. Nella terza tavola rotonda, in programma nel pomeriggio del 21 aprile e intitolata “Paesaggio e infrastrutture verdi: dal progetto alla realizzazione e gestione”, è intervenuto il presidente di Cia e coordinatore nazionale di Agrinsieme Dino Scanavino.
Per Cia, in rappresentanza dei produttori di piante e fiori associati, era presente anche il responsabile nazionale del Gruppo di interesse economico (Gie) “Florovivaismo”, Roberto Chiti. Floraviva lo ha sentito a margine della tavola rotonda. A partire da una prima domanda generale sul significato del tema in essa affrontato.
«E’ una contaminazione, una contaminazione tra mondi che fanno parte della stessa filiera, la filiera del verde – ha spiegato Roberto Chiti -. Abbiamo i produttori, abbiamo i progettisti e le amministrazioni, cioè coloro che vanno poi a fare l’arredo a verde del nostro paesaggio urbano, e ci sono modi e modi di fare l’arredo a verde. L’arredo a verde che pensiamo noi per il futuro è un arredo che tiene conto di tutte le esigenze: a partire da quelle dei cittadini per una vita più sana in un contesto paesaggistico che sia più consono alla città del futuro. Quindi il verde non inteso come un abbellimento della vita, ma inteso come verde in una città del futuro che non può prescindere dalla salute dei propri cittadini inseriti nel loro contesto naturale, il contesto a verde appunto».
Nella tavola rotonda di oggi definite solo gli obiettivi e i metodi o parlate già di iniziative concrete?
«Oggi abbiamo siglato un importante accordo fra Agrinsieme e Aiapp, due associazioni di categoria che rappresentano Agrinsieme, il mondo della produzione, e Aiapp, il mondo della progettazione. Abbiamo già in cantiere molte iniziative in comune. Come dicevo, vogliamo contaminarci nelle nostre esperienze: fornire al mondo della progettazione quegli elementi che mancano per capire fin dove si può arrivare a immaginare il paesaggio del futuro e, noi produttori, vogliamo capire quali sono le idee, i trend verso cui il mondo della progettazione tende. Su questo ed altro stiamo lavorando per cercare di fare pressioni in maniera comune sulle istituzioni: sulle amministrazioni e su chi legifera a livello nazionale».
Visto che lei è anche un produttore del distretto pistoiese, quanto può contribuire al benessere del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia affrontare questi temi insieme agli architetti del paesaggio?
«Può incidere in maniera assoluta. Quest’anno abbiamo avuto un rilancio della produzione, un rilancio delle vendite anche all’interno del nostro distretto. Purtroppo però si nota che c’è anche una carenza, dovuta a tanti anni di crisi, di quelle che sono le varietà, di quello che è il listino. Abbiamo subito una grande perdita dal punto di vista sia del listino che delle quantità prodotte e a volte quando arrivano gli ordini non riusciamo a evaderli, non abbiamo le piante idonee per poter servire i nostri clienti. Ecco io credo che questo tipo di percorso, cioè capire le tendenze, metterci in comunicazione con il mondo della progettazione, ci possa aiutare anche come distretto pistoiese a capire dove orientare le produzioni per volgere sempre di più verso una produzione on demand e sempre meno su una produzione massiva lasciata al caso».

L.S.