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Lo auspica Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, che fa il punto della situazione sulle risorse idriche per l’agricoltura nel territorio toscano e in particolare pistoiese, dove hanno un gran peso i distretti vivaistico-ornamentale e floricolo. L’estate 2012, osserva, ha dimostrato che la modernizzazione degli impianti di irrigazione c’è stata.

La siccità di quest'estate ha portato al centro dell'attenzione la questione della buona gestione delle risorse idriche in agricoltura. Come siamo messi da questo punto di vista in Toscana e in particolare nel territorio provinciale pistoiese in cui esistono due importanti distretti quali il vivaistico-ornamentale e il floricolo (che in parte si estende nel territorio della Provincia di Lucca)?
Lo abbiamo chiesto a Sandro Orlandini, presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Pistoia e vicepresidente di Cia Toscana, alla luce degli sviluppi delle ultime settimane in questo ambito, che possono essere così ricapitolati.
A livello regionale, fra fine agosto e i primi di settembre, si è parlato di danni all’agricoltura causati dalla siccità pari all’incirca a 260 milioni di euro e Cia regionale ha fra l’altro affermato che nel settore del florovivaismo ci sono state «perdite di prodotto e qualità scadente, nonché aumenti dei costi di produzione per l’irrigazione» (vedi articolo “Per la siccità «600 milioni per opere sulla rete irrigua»”).
Nel frattempo alla Settimana mondiale dell’acqua la Fao ha lanciato un piano d’azione per la gestione delle risorse idriche in agricoltura a livello internazionale incentrato su tre aree prioritarie di intervento: a) modernizzazione dei sistemi irrigui (sempre più tubature e pluralità di fonti), b) migliore stoccaggio dell'acqua piovana (in piccoli stagni o direttamente sul terreno), c) riciclo in particolare delle acque reflue trattate provenienti dai centri urbani (vedi articolo “Settimana mondiale dell’acqua: piano Fao contro gli sprechi”). A cui è seguito, a livello nazionale, l’intervento con cui il ministro Catania ha proposto per il medio-lungo termine: coperture assicurative garantite da contributo pubblico, adeguamento degli orientamenti colturali e 600 milioni di euro in infrastrutture e opere irrigue (vedi ancora “Per la siccità «600 milioni per opere sulla rete irrigua»”).
Dopo di che il 17 settembre è stata approvata una delibera in cui la Giunta regionale toscana ha dichiarato lo stato di crisi e chiesto soldi al governo e una serie di misure di alleggerimento per gli agricoltori colpiti. Infine il 22 settembre, durante l’Expo Rurale di Firenze, c’è stata la sigla del Patto per la sicurezza del territorio fra Urbat (Unione regionale dei consorzi di bonifica) e le organizzazioni agricole, in cui l'acqua ha un ruolo primario.
Cosa si aspetta, presidente Orlandini, dalla dichiarazione dello stato di calamità da parte della Regione? Cosa ne conseguirà di concreto per gli agricoltori?
«Sappiamo con esattezza come i fondi ministeriali siano sempre più ridotti. Infatti è ancora recente la gelata del dicembre 2009, dove, anche se riconosciuto lo stato di calamità, la percentuale di indennizzo è stata comunque bassa, nonostante lo sforzo messo in campo dalla Provincia e dalla Regione. In ogni caso, se riconosciuta la calamità, ci potremo attivare per far avere qualche aiuto alle aziende più colpite. Infatti si potranno attivare solo le aziende dove il danno potrà essere comprovato con un calo del fatturato molto consistente rispetto alla media degli anni precedenti. Resterà comunque l'interrogativo sui fondi a disposizione, soprattutto ora che gli eventi straordinari nel nostro paese sono sempre più frequenti e le risorse più scarse».
In cosa consiste il Patto per la sicurezza del territorio siglato con Urbat: quali sono le principali misure adottate?
«Si tratta di principi importanti, dove facendo riferimento alla normativa nazionale e regionale vigente potranno essere assegnati lavori in affidamento diretto per le aziende agricole, fino ad un importo massimo annuale. C'è da dire che nel territorio pistoiese, entrambi i consorzi di bonifica mettono in pratica questa normativa e la favoriscono ormai da anni. I risultati sono a detta di tutti positivi; si tratta infatti di un'opportunità per le aziende agricole, le quali, vista la conoscenza e l'attaccamento al proprio territorio, garantiscono un'ottima riuscita dei lavori stessi, e anche la parte pubblica in genere riesce a contenere i costi».
Cosa pensa dell'annuncio da parte del ministro Catania di uno stanziamento di 600 milioni per opere irrigue? Che cosa si potrebbe fare in Toscana e in particolare nei distretti vivaistico-ornamentale e floricolo in tale ambito?
«E' molto importante e secondo noi dovrebbero essere utilizzati innanzi tutto per i bacini irrigui in collina e in montagna e avrebbero quindi doppio scopo: di contenimento durante i periodi di abbondanza di piogge e appunto di distribuzione per i periodi siccitosi. Altre priorità sarebbero il ripristino delle briglie e degli altri sistemi di rallentamento del deflusso all'interno degli alvei, magari attraverso l'utilizzo della cosiddetta "ingegneria naturalistica". Sempre in questo ambito sarebbe opportuno intervenire con urgenza sulla vegetazione; infatti, a detta degli esperti, l'eccesso di vegetazione di grandi dimensioni è stata una delle maggiori cause degli ultimi eventi alluvionali in Liguria e Lunigiana».
Questa è implicitamente una risposta anche a un’altra domanda che le volevo fare prendendo spunto dalla seconda priorità del piano Fao (come vanno le cose da noi riguardo allo stoccaggio di acqua piovana?). Ecco, passando alla prima priorità, come siamo messi a sistemi irrigui nei due distretti vivaistici: siamo sufficientemente modernizzati?
«L'estate 2012 ha sancito proprio questo: che le opere di modernizzazione nelle aziende ci sono state (sistemi a circuito chiuso, goccia a goccia, ecc.). Infatti il settore ha tenuto in maniera molto importante, con risultati superiori rispetto a quelli che ci aspettavamo. I fondi del Psr (Piano di sviluppo rurale) finalizzati al risparmio delle risorse sono stati utilizzati in larga parte sia per i sistemi di irrigazione che per l'utilizzo delle fonti di energia alternative. Comunque il margine per migliorare ci sarà sempre».
Infine, come vanno le cose sul fronte del riciclo delle acque e in particolare di quelle provenienti dai centri urbani?
«Nel sistema pistoiese esiste già un acquedotto naturale, o meglio le aziende da sempre utilizzano acque per lo più reflue captandole anche dai vari corsi d'acqua alimentati a loro volta anche dai depuratori. Si tratta di un vero e proprio acquedotto naturale dove l'acqua non utilizzata viene reimmessa ed utilizzata a sua volta dall'azienda vicina, un vero e proprio sistema virtuoso. Sono state fatte delle sperimentazioni sulle acque reflue provenienti da distretti industriali (in particolare provenienti dal distretto pratese), ma in quel caso si è visto che dato l'eccesso di salinità e di particolari elementi minerali, si sono dimostrate per lo più inadatte per la maggior parte delle specie. Per questo insistiamo che si intervenga sui bacini di contenimento che alimentano la rete naturale che dicevamo; altre ipotesi di acquedotti per fini irrigui presentano infatti le criticità appena esposte».

Lorenzo Sandiford

FloraHolland a Flormart 2012 Inger van IJzeren

Intervista a Inger van IJzeren, team manager degli eventi di marketing del colosso dei fiori olandese. «Le cose sono andate bene, abbiamo visto molta gente», ha detto, precisando però «non abbiamo finalizzato accordi». Giudizio ottimo sull’organizzazione del salone di Padova. La manager si attende un leggero miglioramento dell’export di prodotti olandesi in Italia nei prossimi mesi.

Fra le imprese che commerciano fiori presenti alla 63esima edizione di Flormart non poteva mancare il colosso olandese FloraHolland, al cui stand si trovava la team manager degli eventi di marketing, Inger van IJzeren. Floraviva le ha posto le stesse domande rivolte ai florovivaisti di Pescia (vedi nostro articolo "Il bilancio di Flormart 2012 per la floricoltura pesciatina").
Quali novità presentate in questa edizione di Flormart?
«In questa edizione esponiamo tre nuovi prodotti. Queste rose di colore viola (le rose Lamy Parade® Poulpar 058, ndr). Abbiamo poi una nuova pianta, la Astelia Silver Shadow (originaria delle isole Chatham vicino alla Nuova Zelanda, che è molto resistente al vento e al sole, mentre non ama l’eccesso di acqua e di freddo, ndr) e abbiamo infine un grande rododendro da giardino, una pianta extralarge».
Che impressione si è fatta di Flormart 2012: sta andando bene? Ci sono meno compratori che in passato?
«Le cose sono andate bene. Abbiamo visto molta gente, abbiamo parlato con molte persone interessate. Non abbiamo fatto dei veri e propri affari: non abbiamo scritto ordini o finalizzato accordi. Ma ci siamo fatti vedere e conoscere e questa è la ragione più importante per cui noi siamo qui».
E che cosa ne pensate dell’organizzazione?
«L’organizzazione di questa edizione della fiera è davvero ottima. Tutto sta andando per il meglio».
Quali sono le vostre aspettative sul mercato nei prossimi mesi?
«In generale io penso che con il clima che diventerà un po’ meno caldo le cose miglioreranno. Per i prodotti olandesi sarà una stagione migliore nei prossimi mesi, l’export dei prodotti olandesi in Italia sta migliorando».  
Non state sentendo la crisi economica generale in Olanda?
«Anche noi in Olanda sentiamo la crisi economica, ma vediamo che gli acquisti sono un po’ migliori adesso, ad esempio negli ultimi mesi di quest’anno rispetto all’anno scorso, così spero che continui questa fase di miglioramento».

L.S.

Intervista a Vannino Vannucci, presidente del Distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, sulle “ricette” con cui il settore intende conservare la propria leadership sui mercati. Fra i punti indicati: rappresentante a Bruxelles, fare sistema tenendo conto delle specializzazioni produttive, ricerca e innovazione tecnologica, nuove strategie di marketing e promozione.

“Il vivaismo a Pistoia nell’epoca della globalizzazione dei mercati”: è stato il tema di un incontro organizzato il 30 giugno scorso presso la Camera di commercio di Pistoia dall’Associazione internazionale produttori del verde Moreno Vannucci, di concerto con il Distretto rurale vivaistico ornamentale e la Camera di commercio di Pistoia. Appuntamento coordinato da Renzo Benesperi, segretario generale dei “Produttori del verde”, nel corso del quale si è fatto il punto della situazione del settore vivaistico in una fase delicata dell’intera economia come quella attuale e sono state avanzate alcune proposte.
Per un parere autorevole su quanto emerso dall’incontro e più in generale sulle questioni calde del vivaismo ornamentale pistoiese, Floraviva ha intervistato il presidente del distretto Vannino Vannucci, che ha esordito con una premessa: «non c’è bisogno di ridare slancio e competitività al distretto, poiché non li aveva mai persi dalla sua recente fondazione».
Vannucci ha poi ribadito quanto richiesto durante il forum del 30 giugno: la necessità di un rappresentante del distretto pistoiese al tavolo sul vivaismo di Bruxelles, spiegando che «per la Pac, tutte le Regioni italiane hanno i loro rappresentanti ai vari tavoli delle filiere più importanti dei loro territori» e non vi è dubbio che il vivaismo del distretto sia una di queste, dal momento che «a Pistoia si producono piante ornamentali da esterno e di eccellenti qualità nelle misure del 77% della Toscana, del 35% dell’Italia e del 6% dell’Europa».
Altro aspetto sottolineato da Vannucci è la necessità di indirizzare meglio le produzioni vivaistiche. Più precisamente, ha spiegato il presidente del distretto, «la globalizzazione dei mercati impone di migliorare sempre di più le cure nei dettagli in ogni fase logistica nelle presentazioni e spedizioni ed occorre promuovere con maggior professionalità possibile (anche attraverso sinergie con enti pubblici; architetti paesaggisti, etc.) le piante tipiche mediterranee». Senza trascurare la questione della riduzione dei costi di produzione, visto che «logicamente ogni economia nelle tecniche produttive d’avanguardia, su vasta scala, consentirebbe valide chance nella difficile competitività sui mercati internazionali».
E cosa dice Vannucci su una delle esigenze messe in evidenza con più chiarezza nell’incontro, cioè quella di fare sinergie intensificando il lavoro in rete tra piccole, medie e grandi aziende? «Il lavoro in rete per fare sistema in agricoltura tra le aziende piccole, medie e grandi – risponde - diventa fondamentale per le specializzazioni settoriali e per consentire di stare con le aziende strutturate, e stabilmente competitivi sulle fasce dei mercati di alta qualità in condizioni abbastanza soddisfacenti, rispetto agli investimenti pluriennali ed ai rischi dei naturali lenti processi biologici durante l’accrescimento delle piante».
Altro punto che era stato messo a fuoco è l’opportunità di intensificare la ricerca per produrre piante di qualità migliore, sul quale il presidente del distretto conferma: «la ricerca, la sperimentazione e l’innovazione tecnologica sono importantissime per la “griglia” di oltre 2.000 varietà vegetali che siamo già in grado di offrire sui mercati internazionali». Mentre sul problema fitopatologie dice che «gli organi tecnici del Mipaaf e della Regione Toscana stanno predisponendo efficaci controlli delle fitopatologie dovute ovviamente alla globalizzazione dei mercati, certamente non ci sono da registrare negligenze da parte dei vivaisti pistoiesi».
Vannino Vannucci conclude l’intervista con un cenno sul capitolo presidio dei mercati internazionali: «la presenza sui mercati esteri è già efficace, ma si può ulteriormente migliorare se gli enti delegati alla promozione del Made in Italy riformano le loro strategie alla luce dei cambiamenti epocali nei processi di marketing e promozione collettiva».

Lorenzo Sandiford

Lo auspica Roberto Battaglini, consulente nel settore dell’efficientamento energetico degli edifici, sentito da Floraviva mentre si attende l’emanazione del decreto con nuove tariffe ed incentivi sugli impianti fotovoltaici. Oggi i prezzi dei moduli sono più bassi e un impianto costa circa la metà di 5 anni fa, ma non ci sono grandi margini per ulteriori riduzioni.

«Siamo a cavallo tra il quarto e il quinto conto energia, che dovrebbe cambiare sostanzialmente le regole del settore fotovoltaico. La bozza del decreto interministeriale prevede una Conferenza Stato-Regioni e ci sono pressioni da parte di operatori del fotovoltaico per modificarne alcuni punti. Alla luce di questo non ci sono certezze».
Così Roberto Battaglini, consulente di Montecatini Terme nel settore dell’efficientamento energetico degli edifici che, come dice lui stesso, «nel piatto del fotovoltaico ci mangia» ma non è fazioso perché si occupa anche degli altri tipi di energie rinnovabili, ci ha riassunto due giorni fa la situazione in cui si trova la filiera fotovoltaica disciplinata appunto dal cosiddetto “conto energia”. Tuttavia non si è sottratto alle domande di Floraviva e ci ha spiegato cosa si attende a grandi linee dalla nuova normativa, al di là dell’accettazione o meno di alcune delle modifiche richieste dagli operatori del fotovoltaico, e soprattutto cosa si auspica.
«La bozza del decreto – premette Battaglini precisando il quadro della situazione – prevede come entrata in vigore del quinto conto energia la data più lontana fra il 1° luglio 2012 e il momento in cui sarà raggiunto il tetto di spesa per gli incentivi di 6 miliardi. Adesso credo che siamo intorno ai 5 miliardi e mezzo di spesa, per cui verosimilmente al 1° luglio non avremo ancora raggiunto il tetto previsto. In ogni caso, raggiunto il tetto, ci sarà un altro mese da aspettare prima dell’entrata in vigore».
Però, a prescindere dai dettagli procedurali e da eventuali aggiustamenti in sede di Conferenza unificata, sostiene Battaglini, «il quinto conto energia porterà cambiamenti drastici». Si andrà verso «una sorta di tariffa incentivante onnicomprensiva corrisposta in base ai chilowatt prodotti» e l’incentivo sarà abbassato. Questo, spiega, «anche perché il costo degli impianti è diminuito: limitandoci a quelli domestici, nel 2007 ci volevano 7 mila euro per 1 chilowatt di potenza, adesso circa 3500 euro». Ma soprattutto sarà rivoluzionata la filosofia, l’approccio al fotovoltaico, che non sarà più visto come occasione speculativa grazie a «un sistema di incentivazione troppo ricco rispetto agli altri Paesi europei e insostenibile» e avrà invece come obiettivo, in particolare a livello domestico o di piccola impresa, «l’efficienza e il risparmio energetico» nel contesto di «un’ottimizzazione tecnologica complessiva degli impianti degli edifici».
In altre parole, in un quadro che vede ormai per le nuove abitazioni «l’obbligo di 1 kw di potenza per l’energia elettrica da fonte rinnovabile», sarà incoraggiata la produzione di energia elettrica che mira all’autosufficienza energetica o quasi degli edifici, e comunque alla loro efficienza complessiva. Ad esempio saranno sempre più diffuse le pompe di calore elettriche alimentate dal fotovoltaico in sostituzione delle caldaie. Ma sono tantissime le soluzioni tecnologiche e applicazioni pratiche legate a questo approccio del quinto conto energia che tende a “incentivare un uso diretto dell’energia” piuttosto che la vendita.
Verosimilmente, spiega Battaglini, con la nuova normativa «fino a 12 kw l’impianto fotovoltaico sarà realizzabile senza problemi, mentre da quel tetto (o una sua modifica) in su, per avere gli incentivi, si dovrà essere registrati dal Gestore dei servizi energetici (Gse), che stilerà una sorta di graduatoria secondo criteri diversi dal passato e più legati alla virtuosità energetica degli interventi che i vari soggetti intendono fare con gli impianti fotovoltaici».
E non c’è il timore che nella bozza definitiva gli incentivi siano eccessivamente abbassati fino al punto da compromettere una filiera in crescita e che dà lavoro a tante persone?
«Certo – risponde Battaglini – bisogna che la fase di transizione sia gestita in modo da dare alla filiera del fotovoltaico il tempo di adeguarsi alle nuove tariffe. Ci vuole una gradualità». Va considerato poi che «i costi degli impianti non potranno diminuire all’infinito, visto che l’incidenza dei moduli è sempre minore e il prezzo finale è determinato anche da tante altre voci non comprimibili fra cui la manodopera».

Lorenzo Sandiford