Vis-à-vis


Oreste Giurlani

Il sindaco di Pescia, intervistato da Floraviva oggi all'Istituto agrario Anzilotti, ha detto che entro una decina di giorni il gruppo di lavoro sul Mercato dei fiori della Toscana, costituito ieri fra tecnici della Regione e del Comune, vertici del Mefit e associazioni agricole, deciderà sul piano A da tre milioni di euro caldeggiato dagli operatori della filiera floricola (con l’opposizione della cooperativa Flora Toscana).

«È positivo il fatto che dopo questi mesi di confronto si sia arrivati per la prima volta a stabilire un percorso e una data certa con la Regione. E io sono ottimista perché mi è sembrato di capire che la Regione Toscana non voglia lasciare sola la floricoltura e non voglia lasciare solo il Comune di Pescia. Ieri c'erano le associazioni di categoria, sia di livello regionale che locale, e sono state d'accordo: hanno condiviso questo percorso».
Si è conclusa così, con queste parole positive, la breve intervista al sindaco Oreste Giurlani, sentito da Floraviva a margine del convegno sull’“Agricoltura in Toscana” di stamani all’Istituto tecnico agrario Dionisio Anzilotti di Pescia, dopo che ieri si era svolto un incontro presso la Regione Toscana sulla questione Mercato dei fiori della Toscana – città di Pescia (Mefit), a cui avevano partecipato il sindaco Giurlani, i vertici del Mefit e diversi esponenti delle associazioni di categoria agricole di livello regionale e locale, a confronto con alcuni dirigenti regionali. Eppure, a quanto risulta a Floraviva, l’incontro non si era aperto nel migliore dei modi, con i dirigenti della Regione arroccati su posizioni assai distanti dalle richieste degli esponenti della floricoltura e del Mefit coordinati dal sindaco Giurlani, che puntavano sul cosiddetto piano A, che comporta l’esborso da parte della Regione di 3 milioni di euro in tre anni per rimettere a posto la struttura. Ma nel corso dell’incontro le parti si sono avvicinate.
«È stato un incontro in parte interlocutorio – ci ha spiegato stamani Giurlani - e in parte è servito finalmente per tracciare una strada. Il Comune di Pescia aveva presentato due opzioni, in particolare una, che è quella di chiedere alla Regione un intervento con risorse nei prossimi tre anni per poterlo rendere sicuro e metterlo completamente a norma per la parte mercatale di servizio pubblico. Poi aveva presentato anche un'ipotesi B, che era quella nel caso si verificasse una situazione di emergenza, per poter comunque continuare il mercato, perché il Comune ha la responsabilità di continuare il servizio pubblico».
«Devo dire che ieri per la prima volta – ha continuato Giurlani - è stato deciso di fare un gruppo di lavoro, composto dai tecnici della Regione e i tecnici del Comune di Pescia, che dovranno nel giro di pochi giorni, massimo dieci, stabilire un percorso che veda l'assegnazione in concessione al Comune dell'immobile in maniera pluriennale, che veda l'intervento della Regione, l'intervento del Comune e la eventuale compartecipazione di coloro che lo usano, proprio per vedere di arrivare, da qui a tre anni, ad avere questa struttura messa a norma su un progetto. Perché è importante rilanciare la floricoltura, è importante che questo mercato venga valorizzato e sviluppato, e non ci possiamo permettere di avere dei contraccolpi su una economia che per Pescia è fondamentale, ma anche per il distretto. È una piccola Piombino, è una fabbrica che va mantenuta, va sviluppata e su questo stiamo lavorando».
Quando si parla di concessione dell'immobile a cosa ci si riferisce esattamente, visto che il Comune ha fatto sapere di rinunciare alla proprietà dell’immobile ex Comicent?
«Io ho scritto una lettera (alla Regione, ndr) ai primi di gennaio – ha risposto Giurlani - in cui dicevo che il Comune di Pescia non è in grado di prendere nel proprio patrimonio, come prevedeva una legge, il mercato dei fiori. Non lo possiamo prendere perché non abbiamo i soldi per rimetterlo a posto. Non lo possiamo prendere perché, anche alla luce delle osservazioni della Corte dei conti, vista la situazione di Pescia di un bilancio che si sta risanando piano piano e visto che abbiamo fatto un piano di alienazione di 5 milioni per vendere le cose che non servono, non possiamo certamente accollarci una struttura di quel genere, non a norma, in quella situazione lì. Quindi ho chiesto alla Regione che venga reinserita nel patrimonio regionale e noi siamo disposti a prenderla in concessione (fra virgolette "in affitto") pluriennale e quindi a poterla usare per farci il mercato. A questo punto il Comune di Pescia potrebbe intervenire anch’esso con proprie risorse...»
Cosa hanno risposto i dirigenti regionali?
«Hanno risposto di sì, hanno detto che questo gruppo di lavoro dovrà verificare le scelte fatte e se ci sono i soldi a disposizione. Diciamo che la novità di ieri è che per la prima volta è stato deciso di fare un gruppo tecnico fra Comune di Pescia e Regione che abbia i giorni contati. Entro dieci giorni sapremo se si farà il piano A o il piano B. E dobbiamo saperlo perché poi a fine giugno terminerà la disponibilità della struttura al Comune e non si può certo permettere che il sistema floricolo pesciatino continui a vivere nella precarietà, senza sapere se il mercato c'è o non c'è. Il Comune di Pescia deve comunque garantire il servizio di mercato. E poi devo aggiungere, come ulteriore elemento di novità, la presenza del Mefit con l'amministratore Grassotti e il direttore Salvadorini, che ci daranno un supporto all’interno del gruppo tecnico».
 
L.S.

alberto manzo

Intervista dal Flormart ad Alberto Manzo, funzionario del Mipaaf, circa i fattori specifici per migliorare la competitività del florovivaismo italiano. Sulle chance di presentare Vivaifiori a Expo, ci spera ancora, e se lo augura pure il presidente di Piante e Fiori d’Italia Genovali, deluso dalla presenza inferiore alle aspettative del settore a Milano. Manzo ricorda il risultato sui codici doganali per ranuncoli e altre nostre produzioni, e sottolinea che l’Italia ha «le serre più obsolete a livello europeo».

«Lo dico sommessamente: siamo arrivati adesso a settembre a chiudere disciplinare e proposte. Adesso stiamo vedendo la forma giuridica. Ricordo che è un marchio privato, non pubblico, però il Ministero ci conta molto e c’è una concreta possibilità che venga presentato prima della chiusura di Expo, a ottobre».
Questa frase si riferisce al marchio nazionale Vivaifiori ed è l’ultima parte dell’intervista che Floraviva ha fatto ad Alberto Manzo, funzionario del Dipartimento politiche competitive e della qualità agroalimentare del Ministero delle politiche agricole, il 9 settembre, primo giorno di Flormart 2015 a Padova, dopo che in mattinata aveva concluso il convegno “Florovivaismo e fattori meteorologici” allargando il discorso a tutti i fattori specifici di competitività del settore che si affiancano alla buona gestione della variabile meteorologica. Partiamo da qui non solo perché sulla presentazione a Expo di questo marchio nazionale (ma privato) di garanzia della qualità e tracciabilità dei fiori italiani Manzo si era già speso alcuni mesi fa, pur non dandola per certa (vedi “Il marchio nazionale Vivaifiori sarà lanciato ad Expo 2015 e quasi certamente sarà gestito da Piante e Fiori d’Italia”), ma anche perché sull’argomento, il giorno dopo, sempre a Flormart, abbiamo sentito en passant Cristiano Genovali, il presidente dell’associazione nazionale Piante e Fiori d’Italia, soggetto papabile alla gestione del marchio.
«Vivaifiori – ha detto Genovali - ha avuto un percorso un po’ farraginoso negli ultimi mesi in quanto dobbiamo capire quale sarà la casa in cui alloggerà per la gestione. Piante e Fiori è stata indicata dal Ministero come possibile casa madre di questo marchio di promozione e i nostri soci anche stamattina si sono espressi in maniera positiva su questo. Qualora Vivaifiori vada nella direzione che Piante e Fiori ha indicato, ovvero quella di sostenere una italianità delle produzioni, io penso che l’associazione sia pronta a gestirlo. E’ una cosa di cui si parlerà a fine mese al Ministero, dove si dovrà definire la chiusura dell’iter burocratico di Vivaifiori, in modo che da lì possa incominciare la vita vera e propria di Vivaifiori come marchio di promozione del settore florovivaistico». E sulla possibilità di presentarlo a Expo? «I margini per presentare Vivaifiori in extremis a Expo ci sono se i tassellini vanno tutti al loro giusto posto. Non so se il percorso è così maturo ancora per poterlo fare. Me lo auguro anch’io, come se lo augura Alberto. Sarebbe opportuno perché almeno diamo una presenza del settore florovivaistico ad Expo che non è stata invece così massiva come invece ci potevamo aspettare».
Ma torniamo al colloquio con Alberto Manzo sui vari fattori decisivi per la competitività del settore florovivaistico italiano. «I fattori meteorologici che sono stati enunciati oggi nelle varie relazioni che si sono tenute al convegno sono assolutamente importanti – ci ha risposto Manzo -. Ovviamente nel settore florovivaistico ci sono altri aspetti che devono dare la certezza o la capacità a tutti gli operatori di essere competitivi sul mercato. Proprio in questo periodo in cui veniamo da anni di crisi bisogna soprattutto innovare e quindi instaurare un’ampia sinergia con la ricerca, ma una ricerca che sia non di base, bensì operativa. E questo è un aspetto imprescindibile, tenendo conto che il settore florovivaistico è suddiviso in comparti ben precisi: fiori recisi, piante in vaso, piante superiori, e ognuno di questi comparti ha delle dinamiche diverse e delle competizioni sul breve, medio e lungo periodo. Però per fare questo bisogna appunto creare delle importanti sinergie con gli enti di ricerca, che molto spesso sono invece slegati da quelle che sono le necessità del settore. Molti aspetti sono ripresi dal piano di settore. Ovviamente le azioni previste dal piano devono essere applicate dalle regioni nell’ambito dei piani di sviluppo rurale».
Ecco, come stanno andando le cose dal punto di vista dei Psr?
«Dunque, capita spesso che i responsabili regionali facciano dei bandi che non sono proprio centrati sulle esigenze del settore. Credo che quest’anno nei Psr ci sia la possibilità di applicare alcuni aspetti. Si è parlato moltissimo del verde urbano, che permetterebbe una ripartenza del comparto delle piante superiori. Ma non solo di quello, maggiore competitività la possono avere anche i fiori recisi».
A Manzo preme sottolineare poi «quanto ha fatto il Ministero delle politiche agricole in collaborazione con l’Agenzia delle dogane, l’Istat e Ismea, in quasi quattro anni di lavoro e grazie anche al contributo dei rappresentanti del tavolo di filiera», e cioè che «finalmente si è messo mano alla riforma dei codici doganali. Il capitolo 6 (“Piante vive e prodotti della floricoltura”, ndr) a livello mondiale è stato modificato con delle proposte italiane che sono state approvate a maggioranza assoluta dall’apposito comitato dei codici doganali. Questo significa, per fare un esempio, che dal 1° gennaio del 2016 in tutto il mondo ci sarà un codice specifico per il ranuncolo, inoltre le piante non saranno conteggiate solo in peso, ma anche in pezzi. Tutto questo permetterà un approfondimento…»
Quanto è importante il ranuncolo per l’Italia?
«Il ranuncolo è fondamentale perché è il fiore reciso emergente ma soprattutto perché siamo leader a livello europeo e mondiale…»
Dove lo produciamo esattamente? In Liguria…
«non solo in Liguria ma anche in Campania, in Toscana. Ma la cosa importante è che sta aumentando la vendita a livello internazionale e questo va a sostituire dei vecchi fiori recisi ormai non più utilizzati. Ma non c’è solo questo, perché ci saranno i codici doganali per le piante ornamentali in vaso, tra cui gli agrumi ornamentali ad esempio. E ci saranno profonde distinzioni per le piante non solo in vaso ma anche con zolla, con un’evidenziazione dei contenitori. Quindi è veramente un’innovazione quasi epocale: erano vent’anni che non si modificavano questi benedetti codici. E questo contiene un elemento di positività importante per gli operatori, perché essi potranno operare sul mercato e con dei codici aggiornati avere delle statistiche che siano più realistiche per poter orientare la propria produzione».
Questi dunque sono i principali fattori competitivi?
«Ma ci sono anche altri aspetti, ritornando sulla tutela ambientale, è importante la sinergia tra il settore florovivaistico e tutta la ricerca energetica. C’è un passaggio nel piano di settore sui pannelli solari innovativi, quelli che si muovono in funzione del sole…»
Sono ombrari?
«Sì, non solo, ma si tratta di un nuovo brevetto, anche italiano finalmente, che è in sperimentazione, grazie a un progetto del Ministero con il Cersaa di Savona (Centro di sperimentazione e assistenza agricola). E’ un progetto finanziato dal Ministero che può sicuramente dare una ulteriore spinta di innovazione alle serre. Lo stanno sperimentando sulle colture per verificare di quanto riducono i costi, perché il pannello solare abbassa ovviamente i costi energetici e nello stesso tempo permette l’ombreggiamento. Però a differenza di quelli fissi, quando c’è molto sole si arrotola, per così dire… E poi ci sono, oltre a quelli a rotoli, quelli che si muovono a seconda delle esigenze della serra, per cui a seconda dell’inclinazione del sole si ha un’inclinazione diversa del pannello e queste sono tutte innovazioni tecnologiche. Brevetto italiano, quindi ulteriori possibilità».
Come mai sono così decisivi questi pannelli per la competitività del settore?
«E’ evidente, e questo non lo dice il sottoscritto, che c’è una criticità generale anche in funzione delle serre. Noi abbiamo le serre più obsolete a livello europeo nel settore orto-florovivaistico e sarebbe opportuno e quasi necessario che si facesse una sorta di rottamazione (con una promozione del governo ad hoc), tipo agevolazioni fiscali al 50% per la sostituzione o innovazione delle serre. Questa è una cosa che è stata proposta, speriamo che possa andare avanti».
E cosa pensa del ddl di Susta per le agevolazioni agli interventi nel verde privato?
«Magari si facesse. Ciò permetterebbe, se ci gettiamo la crisi alle spalle, di realizzare alcune di queste e altre proposte che sono state avanzate in seno al tavolo di filiera».

Lorenzo Sandiford

sandro orlandini

Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, ha visitato ieri il salone del florovivaismo di Padova soffermandosi negli stand delle aziende associate: da Bonini Piante, Chiti e Juri Vivai, il Consorzio Ortovivaisti Pistoiesi. Apprezzati i contenuti innovativi, dal premio nòva_green e Master Flower al concorso Flormart Garden Show.

Tra i visitatori professionali di ieri mattina alla 66esima edizione di Flormart, il salone del florovivaismo e giardinaggio in corso fino ad oggi a PadovaFiere, c’era anche Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia. Orlandini si è detto molto ben impressionato, oltre che dalla «qualità dell’offerta di prodotti delle aziende pistoiesi nostre associate presenti in fiera», da alcuni aspetti innovativi e dalla qualità estetica di certi spazi di questa edizione della manifestazione.
«Il nucleo delle aziende pistoiesi – ha dichiarato al volo Orlandini - tutto sommato è consistente: c’è l’azienda Chiti Giampiero, l’azienda Bonini di Pescia, sempre di Pescia ho visto Juri Vivai (un ragazzo giovane, tra l’altro, che produce agrumi) e poi il Consorzio Ortovivaisti Pistoiesi, anche questo associato a Cia, e anche loro stanno facendo un’attività molto interessante, anche a livello di promozione generale, non soltanto su questo evento, ma a trecento sessanta gradi».
«Senza entrare in una valutazione complessiva della manifestazione – ha aggiunto Orlandini – ho visto molti aspetti interessanti e innovativi, sia dal punto di vista dei contenuti che del metodo, che meriterebbero di essere portati avanti e valorizzati ulteriormente. Ad esempio questo sguardo complessivo a tutta la filiera del florovivaismo e del verde: dalla floricoltura e il vivaismo all’architettura del paesaggio e progettazione dell’arredo urbano, fino alla valorizzazione sia commerciale che artistica dell’attività dei fioristi e all’attenzione rivolta alla figura del giardiniere. Inoltre mi pare di grande qualità la direzione artistica di diADE, agenzia di comunicazione che collabora anche con noi di Cia Pistoia, che ha fatto un ottimo lavoro con i premi nòva_green e Master Flower, anche sotto il profilo estetico dell’allestimento. Senza dimenticare il lavoro sui social media di Flormart e il nuovo concorso Flormart Garden Show lanciato da PadovaFiere, così come tante altre interessanti iniziative».
A Orlandini è piaciuto anche un aspetto di metodo di Flormart 2015: «questa idea di voler andare incontro alle aziende sul territorio, senza aspettarle in fiera, con il lancio dal prossimo anno di “Flormart in tour”, che dovrebbe partire proprio dalla Toscana». «Cerchiamo adesso – ha concluso Orlandini pensando al proprio territorio di riferimento - di non perdere quest’opportunità già annunciata dell’edizione invernale toscana in provincia di Pistoia, che secondo me sarebbe fondamentale, specialmente per i nostri piccoli produttori».

Redazione Floraviva

orlandini

Per il presidente Sandro Orlandini i criteri di definizione dell’evento calamitoso su un territorio vanno rivisti «perché si tengono in considerazione solo le strutture, se distrutte per oltre il 30%, ma si ignorano i danni alle produzioni». «Peccato – dice Orlandini – la Regione ha attivato una misura per il rimborso delle spese di ripristino, ma vale solo quando viene riconosciuto formalmente lo stato di calamità». Eppure nel pistoiese ci sono stati agricoltori messi in ginocchio

«Fa un certo dispiacere leggere del sostegno alle aziende agricole danneggiate da calamità naturali, avversità atmosferiche ed eventi catastrofici che è stato meritoriamente attivato dalla Regione Toscana tramite una misura specifica del Psr (Piano di sviluppo rurale) e poi rendersi conto che quel sostegno non potrà andare alle aziende agricole pistoiesi colpite lo scorso marzo dalla bufera di vento, con enormi danni a strutture e produzioni, stimati fra gli associati di Cia Pistoia intorno a 70 milioni di euro. Anche perché nei giorni successivi all’evento era stato detto sia a livello centrale che regionale che si sarebbe tentato di derogare al limite imposto dalla definizione di stato di calamità naturale».
Inizia così lo sfogo di Sandro Orlandini, presidente della Confederazione italiana agricoltori di Pistoia, sentito da Floraviva dopo che oggi Cia Pistoia aveva diffuso fra gli associati una comunicazione in cui si metteva in evidenza tale problema, a seguito anche della lettura di un comunicato stampa della Regione Toscana del 3 settembre (“Danni post alluvioni: ecco le agevolazioni disponibili per imprese e cittadini”) in cui venivano elencate tutte le misure di sostegno rese disponibili dalla Regione Toscana per le aziende che hanno subito danni dalle alluvioni e da altri eventi calamitosi.
«La misura del Psr per le imprese agricole sarebbe davvero interessantespiega Sandro Orlandini -, perché si tratta di rimborsi a fondo perduto (non si sa ancora se parziali o totali) per le spese sostenute per gli interventi di ripristino dei terreni agricoli e del potenziale produttivo agricolo distrutti o danneggiati. Il problema è che tale sostegno è subordinato al riconoscimento formale, da parte dello Stato, del fatto che si sia verificata una calamità naturale e che questa abbia causato la distruzione di non meno del 30% del potenziale produttivo interessato dagli eventi avversi a livello territoriale». 
E in provincia di Pistoia, ricorda Orlandini richiamando la comunicazione diffusa oggi, gli ultimi eventi, in particolare la spaventosa bufera di vento del 5 marzo, «non hanno mai raggiunto un livello tale da configurarsi per la legge come evento calamitoso, benché i danni calcolati siano stati ingenti e diverse aziende siano finite letteralmente in ginocchio». Infatti, «nonostante l’impegno dedicato dalla Cia e da altri soggetti a raccogliere ed inviare le segnalazioni di danno, non si è superata la soglia complessiva del 30%» alle strutture e pertanto non sarà possibile fare richiesta di rimborso per le spese sostenute.
«Il fatto è – conclude Orlandiniche si dovrebbe ridefinire questa soglia, ma soprattutto si dovrebbe incominciare a tenere conto, nella valutazione di un evento come calamitoso, anche dei danni alle produzioni, quando superano certi livelli. E a Pistoia diverse aziende hanno visto compromessa l’intera produzione stagionale».
 
Redazione Floraviva

andrea vitaliUna nuova favola in agricoltura necessita di competenze e meritocrazia.

Abbiamo deciso di realizzare per questa primavera anche una edizione cartacea perché, anche se abbiamo 3000 lettori al giorno sul web, il territorio ce la chiede spesso. Del resto si tratta di un ritorno all’inizio, perché quando Floraviva nacque, nel 2008, durante l’omonima manifestazione, fu pubblicato contestualmente anche un numero su carta della rivista. Oggi, questa edizione, vuole essere anche un mezzo in più a disposizione di chi visita la manifestazione Naturalitas, per consentirgli di gettare uno sguardo d’insieme, per quanto sintetico, sul territorio e la sua primavera (speriamo in tutti i sensi).
Che cosa è cambiato per noi di Floraviva in questi sette anni? La nostra linea editoriale si è arricchita di informazioni e i nostri lettori oggi hanno superato la soglia dei 3000 lettori e sono in costante crescita. Continuiamo questo duro lavoro di portare le notizie del mondo agricolo toscano e dei settori in dialogo con esso fuori dai confini regionali e nazionali, oltre a cercare notizie stimolanti nell’universo del web per veicolarle in Toscana. Inoltre abbiamo aperto un focus sul nostro territorio, la Valdinievole, che abbiamo chiamato Valdinievole+, per provare a fornire un servizio informativo con una visione più aperta, non limitata alla pur centrale e dominante dimensione rurale.
I nostri inserzionisti pubblicitari, unica fonte di guadagno di Floraviva, ci confermano la loro fiducia e comprendono il valore di avere un pubblico nazionale e non solo di lettori interessati all’agroambientale e noi, senza timore, abbiamo inserito il contatore delle visite per ogni notizia pubblicata. Vogliamo che il nostro lettore e il nostro inserzionista possano misurare il lavoro che facciamo e il suo riscontro fra i navigatori della rete.
Abbiamo inserito da gennaio i consigli utili del mese in agricoltura e pubblicato diversi servizi internazionali realizzati da noi in prima persona, raccontando anche le nostre eccellenze che esportano i prodotti locali e l’immagine del nostro territorio: a Essen, Angers, in Olanda (quattro volte tra fine 2014 e l’inizio del 2015), scrivendo di produttori e di commercianti che operano in tali aree geografiche.
Mi pare di poter affermare senza rischio di smentite che nel comune sentire degli operatori professionali una delle differenze principali (a nostro svantaggio) fra noi e i mercati esteri sia la meritocrazia, o meglio la sua assenza in questi lidi. Ed è una grave penalizzazione, perché nel mondo del business i tempi deve dettarli l’operatore professionale, l’esperto, o al massimo le politica di settore intesa come policy, non la politica politicante e partitocentrica. E più in generale sarebbe molto utile per la nostra comunità se ciascuno di noi tornasse a fare solo ed esclusivamente il proprio mestiere.
Così, per stare nel campo della comunicazione, c’è chi crede che esistano solo le iperboli televisive e che queste siano il toccasana per vendere di più e meglio in ogni ambito, anche nel settore florovivaistico e persino per quelle imprese che non si rivolgono all’utente finale. Ma le cose non stanno così, soprattutto sotto certi livelli di investimento, e c’è bisogno di ben altro, a maggior ragione (ma non solo) quando si promuovono i prodotti del nostro florovivaismo fra fioristi, garden center, grande distribuzione e altri canali.
Tocco l’argomento comunicazione  e pubblicità non solo perché è il mio mestiere, ma anche per far capire che il modo di comunicare si è rivoluzionato - sebbene alcuni facciano ancora finta di non vederlo - e ha stravolto tutto, anche il funzionamento stesso dei mercati. Soprattutto in quest’ultima fase di profondo cambiamento socio-economico e culturale in Italia. L’avvento di internet è stato una vera rivoluzione. Quella guerra rivoluzionaria che uno dei migliori libri di strategia di sempre definisce “perfetta”: quella guerra che per Sun Tzu, nell’Arte della Guerra appunto, è il fare la guerra senza farla. Il risultato è che oggi, grazie al web, la meritocrazia dei contenuti rende la comunicazione, anche pubblicitaria, misurabile. Ma soprattutto condanna senza appello coloro che non fanno comunicazione rilevante per il ricevente. La “fuffa” ormai non funziona più.
Lucas Vos, boss delle strategie di FloraHolland, in questi giorni ha comunicato al mercato l’apertura di una nuova piattaforma che mette al centro il cliente: www.floraholland.com. Questa piattaforma permetterà, almeno quattro volte all’anno, di recuperare dal cliente i suoi bisogni, in modo poi da direzionare l’offerta. Ebbene, il leader mondiale della floricoltura, FloraHolland, sente la necessità di scambiare informazioni con i clienti e con tutta la catena produttiva e distributiva praticamente in modo costante. Ovvio che, se riuscirà nell’impresa, il suo potere e controllo del mercato, che è già adesso egemonico, non potrà che rafforzarsi.
Ma l’altro aspetto, ancor più interessante, è che FloraHolland, la grande cooperativa olandese del fiore e delle piante, sta avviando quella operazione di scorciamento della filiera che aveva peraltro già annunciato a inizio anno. L’operazione serve a comprimere i costi e a redistribuirli al produttore, a scapito di tutti i commercianti. La cooperativa si porrebbe infatti come base distributivo-logistica unica, facendo in un colpo solo un bel “delete” (“cancella”) di una grande fetta di coloro che adesso distribuiscono il prodotto senza avere contatto con l’utente finale. L’idea è che il gestore dei punti retail abbia ancora una sua storia fatta di competenze, ma che colui che compra e rivende semplicemente non abbia più senso, o almeno sia destinato ad avere gradualmente sempre meno spazio nel mercato. Gli esempi più virtuosi di questa tendenza sono, senza parlare di fenomeni internazionali quali Macintosh e restando in Europa, la catena di gelati italiana Grom oppure la francese Aquarelle per i fiori, o Plantes et Jardins, con milioni di fatturato fatti solo sul web.
Insomma uno scenario futuribile, agli occhi di noi italiani, che siamo i secondi produttori europei di piante e fiori, ma non riusciamo a metterci d’accordo su una, due o tre fiere di settore e non sappiamo sfruttare appieno la Pac 2014/2020 e ad attivare dei Pif all’altezza né nella floricoltura in senso stretto né nell’intero ambito dell’orto-florovivaismo, anche perché condizionati dai tempi della politica. Come diADE a luglio del 2014 abbiamo presentato un Pif intitolato “La filiera orto-florovivaistica: come innovare e vendere meglio”. Si sono susseguiti diversi incontri a cui hanno preso parte molti attori della filiera, a cominciare dal Mefit e il Distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia, ma ad oggi non è venuto fuori niente di concreto.
Ciò accadeva quasi un anno fa, prima che FloraHolland annunciasse le sue nuove strategie e che venisse pubblicato il libro sulla floricoltura italiana di Arturo Croci e Giovanni Serra, i due decani del comparto, che avanza legittime critiche alla situazione attuale, anche se da un punto di vista poco innovativo. L’operosità delle genti di Pescia che Franco Scaramuzzi richiama nella sua presentazione del bel libro ‘Floricoltura e vivaismo a Pescia’ di Leonardo Magnani nel 2001 non trova riscontro, ahimè, nello scenario contemporaneo pesciatino, se non in rarissimi e isolati casi.
Riscrivere la favola dell’agricoltura, il settore primario, vuol dire anche non fossilizzarsi in vuote e fuorvianti celebrazioni simboliche e pensare piuttosto a riconvertire secondo nuovi parametri ambientali, fiscali e strategici, e quindi competitivi, il settore orto-florovivaistico. Il quale, come diADE ha spiegato nel suo progetto di Pif, deve urgentemente ripensarsi culturalmente. Marketing, innovazione, logistica, comunicazione e studio, questo ci vuole, non pulsioni e fiuto politico-elettorali. Nessuno è riuscito per ora a dare una risposta complessiva e convincente al fatto che in Toscana abbiamo una domanda di circa 900 milioni d’euro all’anno di ortaggi e frutta, il doppio di quanta ne produciamo. Potremmo incominciare a dare un contributo in tale direzione dalla Valdinievole e dalla Versilia, rilanciando nel contempo, i comparti sani o comunque ancora ricchi di prospettive del florovivaismo, non vi pare?

Andrea Vitali

primavera contemporanea