Barberis sull’innovativo approccio alla forestazione urbana di Prato
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Intervista all’assessore all’urbanistica di Prato Valerio Barberis, in occasione della presentazione del 14 luglio al Centro Pecci, sull’approccio al verde urbano implicito nel Piano operativo della città e in particolare nel progetto “Urban Jungle” a cura di Boeri e Mancuso. L’assessore illustra le 6 azioni previste nel Piano per aumentare la resilienza urbana al cambiamento climatico, il metodo adottato per la selezione delle piante (in collaborazione anche con Associazione vivaisti italiani) e le specificità del progetto delle Giungle urbane, «che porta a una fase più avanzata il principio della forestazione urbana». L’inizio dei cantieri e delle messe a dimora delle piante è previsto verso la primavera 2021.
«Il mio debito di riconoscenza principale è verso Valerio Barberis e il suo staff: l’ufficio Europa e l’ufficio Urbanistica. Quando parliamo di forestazione urbana intendiamo un cambio di paradigma, con città più verdi in cui si aggredisce il cambiamento climatico. E all’interno di tutto ciò si colloca "Prato Urban Jungle", che è un progetto straordinario che è stato finanziato con fondi europei perché può diventare un paradigma: all’avanguardia rispetto a tanti modelli in Europa. Siamo nel luogo del contemporaneo e Prato è all’avanguardia grazie all’intuito di Valerio e all'apporto di Stefano e Stefano».
Sono le parole con cui il sindaco di Prato Matteo Biffoni ha introdotto martedì 14 luglio presso l’anfiteatro del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci la presentazione del progetto Prato Urban Jungle (vedi) da parte dell’assessore comunale all’urbanistica Valerio Barberis, del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso e dell’architetto Stefano Boeri (in collegamento a distanza), moderati da Cristiana Perrella, direttrice del Pecci.
Abbiamo intervistato l’assessore Barberis al termine dell’incontro per cercare di capire meglio alcuni aspetti del modo di affrontare la progettazione del verde urbano e più precisamente la forestazione urbana adottato da lui e dalla sua équipe con il supporto degli illustri curatori Mancuso e Boeri, ormai due punti di riferimento di livello internazionale in questo campo. Tutto ciò con un occhio anche al punto di vista dei vivaisti.
Innanzi tutto, assessore, quello che mi pare emergere dalla presentazione appena fatta del progetto Prato Urban Jungle, che è inserito in un Piano operativo che si occupa del verde a 360 gradi, è una ricchezza del vostro approccio al verde, con grande varietà di tipologie di interventi e di piante che saranno utilizzate. Ecco, mi può spiegare questo approccio al verde?
«Diciamo che l’elaborazione del piano operativo, che è il piano regolatore della città, è stato un momento molto importante perché è venuto fuori, tra il 2015 e il 2019, tutto il tema della forestazione urbana. All’interno del piano operativo, una delle grandi scelte, per non dire la più importante, è stata quella di come affrontare i temi della resilienza urbana, cioè di come contrastare i cambiamenti climatici e tutto quello che ne consegue, attraverso la natura. Questo ci ha portati a coinvolgere personalità come Stefano Mancuso e Stefano Boeri per fare un piano di forestazione urbana e decidere come sviluppare in primis il patrimonio arboreo della città attraverso una serie di azioni. Sono 6 azioni pensate nella logica di aumentare la resilienza urbana e quindi di migliorare la qualità ambientale della città».
Queste 6 azioni coincidono con il Prato Urban Jungle?
«No, le 6 azioni sono delle azioni alla scala territoriale di tutta la città, che vanno dalla definizione di strategie sulle linee blu, vale a dire le linee d’acqua, il Bisenzio e le Gore (1. Parco fluviale e delle Gore, ndr), alle strategie di mitigazione ambientale sulle arterie di traffico più importanti (2. Verde di mitigazione delle infrastrutture), alla valorizzazione dei giardini piccoli all’interno della città (3. Verde capillare), alla creazione di grandi parchi urbani e agro-urbani che mettano insieme la parte agricola della città e la parte più densa (4. Golfi agricoli periurbani e grandi parchi), sino alla strategia di demineralizzazione (5. Demineralizzazione urbana) e poi chiaramente tutta la parte agricola a sud della città (6. Parco agricolo di cintura)».
Già a questo livello di piano operativo è dunque variegata la gamma di interventi di forestazione urbana?
«In questo piano è prevista la piantumazione di 190 mila nuovi alberi che verranno distribuiti rispetto a queste 6 azioni e rispetto alle quali si parla di forestazione, cioè messa a dimora di piante alla quota della città, quindi a terra…»
… e come saranno selezionate le piante? Secondo le linee guida di Mancuso e Boeri?
«Noi su questa parte abbiamo lavorato con Boeri e Mancuso e ora stiamo continuando a lavorare con il Dipartimento di agraria del Politecnico di Milano alla definizione esatta di quali essenze mettere da un punto di vista paesaggistico, di piante autoctone e anche in funzione dei temi ambientali come l’assorbimento di CO2 e quant’altro. Già in questo ambito di riflessioni sulla forestazione urbana stiamo già collaborando per esempio con l’Associazione vivaisti italiani (Avi) e con il mondo del vivaismo di Pistoia soprattutto, che è vicino a noi, per capire quali strategie si possono mettere in atto anche dal punto di vista della produzione, perché la quantità di alberi di cui stiamo parlando è ingente e quindi è importante capire da subito, anche prima che si inizino a sviluppare i progetti, quali sono le piante in produzione e anche capire quali piante è giusto mettere. Nell’ambito di questo grande piano abbiamo presentato un ulteriore progetto che è…»
…Prato Urban Jungle, che lei ha definito come una sorta di ciliegina sulla torta o punta di diamante…
«… esatto… perché sostanzialmente porta a una fase ancora più avanzata il principio della forestazione urbana. E quindi a “forestare” gli edifici, non solo la città a terra, ma gli edifici stessi. Dove? Fondamentalmente negli spazi antistanti agli edifici, nelle facciate e sui tetti, con l’utilizzazione delle cosiddette “nature-based solutions”. E anche in questo caso si sta collaborando con tanti vivaisti, in particolare di Avi, e lo stanno facendo proprio i progettisti Stefano Boeri Architetti e Pnat (lo spin off dell’Università di Firenze fondato da Mancuso, ndr), per la definizione delle essenze più giuste, delle caratteristiche anche tecniche per la messa a dimora in alcuni vasi, perché si tratta di piante che magari vanno a 6, 7 metri di altezza. Quindi diciamo per tutti quegli aspetti tecnici che potranno determinare anche nuovi modelli di business, nuove tecnologie e nuovi sbocchi anche per il settore del vivaismo, che oltre a offrire alberi e siepi e arbusti da mettere nei parchi, nei giardini e ai lati delle strade, a questo punto potranno offrire piante anche per le facciate…»
… e anche per gli interni, come ha detto Mancuso, vero?
«Anche, sì perché poi, soprattutto Pnat per la sperimentazione che sta facendo al Macrolotto 0, si sta sperimentando come migliorare la qualità dell’aria negli interni degli edifici attraverso l’utilizzo delle piante. Quindi diciamo che Prato Urban Jungle è una sperimentazione che prende gli edifici e cerca di trasformarli il più possibile in organismi vegetali, sia attraverso la messa a dimora di piante negli esterni, che anche negli interni ad esempio per depurare l’aria».
Da questo punto di vista siete all’avanguardia? Non ci sono modelli così avanzati, diceva pure Mancuso, a livello di politiche urbanistiche del verde, o sbaglio?
«Che noi sappiamo no. Poi ci sono città come Milano, Parigi, Barcellona e New York che stanno lavorando su temi di forestazione urbana. Oppure Singapore. Ci sono realtà che stanno lavorando in questa direzione. Ma a livello di città costruite, esistenti ed edificate, effettivamente Prato Urban Jungle rappresenta come progetto un po’ l’avanguardia di questi temi».
Ultima cosa: a che punto siete, in che fase, di questo progetto?
«Ora è in fase di approvazione il progetto preliminare. In questi mesi andranno avanti le progettazioni fino all’esecutivo. Le opere e i cantieri devono partire a marzo/aprile dell’anno prossimo, il 2021, per completarsi dopo un anno, nel 2022».
Quindi già dal 2021 incomincerete anche a mettere a dimora le piante selezionate?
«Esatto».
L.S.