Il Paesaggista
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- Scritto da Andrea Vitali
Beatrix Farrand, nata a New York City il 19 giugno 1872, è una delle figure più influenti nella storia del paesaggismo americano. In un'epoca dominata dagli uomini, Farrand si è distinta per il suo talento e la sua visione, preferendo il titolo di "giardiniera paesaggista" a quello di architetto. La sua carriera, caratterizzata da oltre duecento commissioni, riflette il suo straordinario talento e la sua dedizione alla creazione di paesaggi che uniscono bellezza e funzionalità. Un momento cruciale nella formazione di Farrand fu il suo viaggio attraverso i giardini stranieri in Nord Africa e in Europa. Questo tour le permise di trarre ispirazione dalle diverse tipologie di giardini che incontrò lungo il percorso. Al suo ritorno negli Stati Uniti, era pronta a diventare una delle più influenti designer di giardini e paesaggi del suo tempo. Uno dei progetti più significativi di Farrand è stato il lavoro sui percorsi carrabili del Parco Nazionale di Acadia, in collaborazione con John D. Rockefeller Jr. Qui, Farrand ha dimostrato la sua abilità nel combinare piante autoctone in gruppi naturalistici, creando un paesaggio che sembra esistere da sempre. Questo approccio ha contribuito a preservare e abbellire il parco, rendendolo uno dei suoi lasciti più importanti.
Dal 1921, Farrand ha trasformato i terreni intorno alla villa in stile Georgian Revival di Dumbarton Oaks in giardini terrazzati che combinano elementi americani ed europei. Lavorando a stretto contatto con la proprietaria, Mildred Bliss, Farrand ha creato un paesaggio che evolve in armonia con i cambiamenti naturali, rappresentando uno degli esempi più noti del suo stile distintivo. Un altro progetto di rilievo è stato il giardino della First Lady per l'Ala Est della Casa Bianca, realizzato per Ellen e Edith Wilson. Questo spazio, successivamente reimmaginato da Jacqueline Kennedy nel 1962, è oggi conosciuto come il Giardino delle Rose. Farrand ha portato la sua visione estetica anche in questo contesto prestigioso, contribuendo a creare un'area di rappresentanza che fonde eleganza e natura. L'influenza di Farrand si estende anche a Rock Creek Park, dove il suo lavoro ha contribuito a preservare e valorizzare uno degli spazi verdi più amati di Washington, D.C. Qui, come altrove, il suo approccio alla progettazione ha enfatizzato l'uso di piante native e la creazione di paesaggi che rispettano e migliorano l'ambiente naturale.
Essere una donna in un campo dominato dagli uomini non è stato facile per Farrand. Come ha osservato l'architetto paesaggista Diane K. Maguire, Farrand non aveva le stesse opportunità dei suoi colleghi maschi, spesso relegata al lavoro su giardini privati piuttosto che su parchi pubblici. Tuttavia, la sua determinazione e il suo talento le hanno permesso di ottenere commissioni prestigiose e di lasciare un segno duraturo nel mondo del paesaggismo. Durante la sua carriera di cinquant'anni, Beatrix Farrand ha ricevuto riconoscimenti per la sua capacità di combinare estetica e funzionalità nei suoi progetti. La sua eredità include non solo i giardini privati per le élite della Costa Est, ma anche il suo lavoro come consulente paesaggistico per università e parchi pubblici. La sua dedizione alla manutenzione e alla cura dei suoi progetti ha assicurato che molti di essi sopravvivessero nel tempo, offrendo ancora oggi spazi di bellezza e riflessione. Beatrix Farrand ha trasformato l'arte del giardinaggio paesaggistico, portando una sensibilità unica e un'attenzione ai dettagli che continuano a ispirare. I suoi progetti, da Acadia a Dumbarton Oaks, dalla Casa Bianca a Rock Creek Park, testimoniano la sua straordinaria visione e il suo impegno per creare paesaggi che celebrano la natura e migliorano la vita di chi li vive. Oggi, il lavoro di Farrand continua a essere una fonte di ispirazione per paesaggisti e amanti del verde in tutto il mondo.
Il paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin
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Il giardinaggio richiede soprattutto una comprensione del clima e del paesaggio, oltre che delle limitazioni che questi impongono su ciò che può essere tentato. Beth Chatto, scomparsa a 94 anni, ha affrontato la sfida di creare un giardino in un luogo arido e ventoso, ostile agli elementi classici di un giardino inglese. Con pazienza e determinazione, ha trasformato il suo terreno in un esempio spettacolare di giardinaggio, tanto da diventare un'icona nazionale e far del suo giardino a Elmstead Market, Essex, una meta di pellegrinaggio per migliaia di appassionati.
Nata nel 1923 e cresciuta in Essex, Beth Chatto ha sviluppato presto una passione per il giardinaggio. Dopo il matrimonio con Andrew Chatto, esperto di associazioni vegetali, ha iniziato a coltivare questa passione, ispirata da figure come Sir Cedric Morris. La svolta avvenne nel 1960, quando Chatto iniziò a trasformare una zona selvaggia della sua proprietà in un giardino variegato, sfruttando al massimo le risorse idriche naturali del luogo. La filosofia di Chatto si basa sull'uso delle piante adatte alle condizioni specifiche del giardino, un principio che si riflette nei suoi famosi giardini secchi e umidi. Nei pressi di un ruscello, creò stagni e piantò specie che amano l'umidità, come arum lilies e gunnera. Lontano dall'acqua, sviluppò un giardino mediterraneo per le specie resistenti alla siccità, utilizzando cisti e buddleia. La sua capacità di creare armonia tra le diverse piante è evidente nelle transizioni fluide tra le varie aree del giardino.
Chatto ha condiviso la sua vasta conoscenza attraverso una serie di libri, a partire da "The Dry Garden" nel 1978, seguiti da altre opere che hanno consolidato la sua reputazione. Era anche una prolifica conferenziera, riconosciuta per il suo approccio didattico e la capacità di ispirare sia professionisti che amatori del giardinaggio. Il vivaio di Beth Chatto, fondato nel 1967, è diventato un modello di successo commerciale e un centro di apprendimento per molti giardinieri. La sua decisione di creare un giardino di ghiaia, senza irrigazione artificiale, ha rappresentato un contributo significativo alla pratica del giardinaggio sostenibile, dimostrando l'importanza di lavorare con, piuttosto che contro, le condizioni naturali. Beth Chatto ha ispirato numerosi giardinieri internazionali.
Bernard Trainor, noto per i suoi progetti lungo la costa occidentale della California, ha lodato la sua influenza sulla scelta delle piante adatte al contesto locale. Peter Janke, che ha trascorso molto tempo con Chatto, ha appreso da lei l'equilibrio tra giardinaggio attraente e eco-consapevolezza. Yuko Tanabe Nagamura, capo progettista del Piet Oudolf Garden di Tokyo, è stata così ispirata da una visita ai giardini di Chatto che ha deciso di trasferirsi nel Regno Unito per studiare con lei. Anche Doug Hoerr, di Hoerr Schaudt Landscape Architects di Chicago, attribuisce a Chatto l'insegnamento del rispetto per i microclimi e la selezione delle piante. Dan Pearson, affascinato dalle sue mostre al Chelsea Flower Show, continua a fare riferimento ai suoi cataloghi e libri per la saggezza orticola. Infine, Matthew Wilson, designer e curatore del RHS Garden Hyde Hall, riconosce l'influenza duratura di Chatto sulla sua carriera. Beth Chatto ha lasciato un'impronta indelebile nel mondo del giardinaggio, con un'eredità che continua a vivere attraverso i suoi scritti, i suoi giardini e le generazioni di giardinieri che ha ispirato. La sua vita e il suo lavoro restano un esempio di come il rispetto per la natura e l'innovazione possono andare di pari passo, offrendo una lezione preziosa per tutti coloro che cercano di creare spazi verdi sostenibili e armoniosi.
Il paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin
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Mary Miss, artista newyorkese, ha rivoluzionato il mondo della land art con opere interdisciplinari che combinano scultura, architettura e progettazione del paesaggio. Fondatrice del City as Living Laboratory, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali per il suo contributo all'arte e alla sostenibilità.
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Charles Jencks, figura iconica del paesaggismo, ha unito scienza e arte per esplorare le profonde connessioni tra natura e cosmologia. I suoi giardini sono metafore viventi dell'universo
Nato a Baltimora nel 1939, Charles Jencks ha lasciato un'impronta indelebile nel campo dell'architettura paesaggistica, fondendo le sue ampie competenze in letteratura, architettura e storia in un approccio unico che ha trasformato il modo di concepire i giardini e gli spazi verdi.
Dopo aver completato la sua formazione in letteratura inglese ad Harvard e architettura alla Harvard Graduate School of Design, Jencks si è trasferito nel Regno Unito, dove ha conseguito un dottorato in storia dell'architettura. La sua carriera accademica e professionale si è intrecciata con un interesse profondo per le dinamiche tra natura e struttura, tra il microscopico e il macroscopico, un tema che ha trovato piena espressione nei suoi progetti di paesaggismo.
Il Giardino della Speculazione Cosmica, creato nel 1988 nella contea di Dumfriesshire in Scozia, è forse il più celebre tra i suoi lavori. Questo giardino rappresenta un viaggio attraverso l'evoluzione cosmica e culturale, un luogo dove scienza e filosofia si fondono con la natura. Progettato con l'aiuto di scienziati e amici, il giardino utilizza concetti di frattali, buchi neri e teoria del caos per creare un paesaggio che è allo stesso tempo un'opera d'arte e un commento sulla natura stessa.
Jencks ha sempre visto nel paesaggio un potente medium per esplorare e riflettere le complessità del mondo naturale e umano. I suoi progetti sono spesso arricchiti da elementi simbolici che alludono a teorie scientifiche avanzate, dimostrando come il design del paesaggio possa diventare un ponte tra la conoscenza umana e l'esperienza quotidiana della natura.
Inoltre, la sua dedizione al miglioramento del benessere umano attraverso l'architettura si manifesta nei Maggie’s Cancer Caring Centers. Questi centri, progettati per offrire supporto e conforto ai pazienti oncologici, riflettono l'approccio di Jencks alla cura integrata, dove l'ambiente stesso contribuisce al processo di guarigione.
Charles Jencks è scomparso nel 2019, ma il suo lascito vive nei paesaggi che ha plasmato e nelle idee che ha seminato. I suoi giardini non sono solo spazi da ammirare ma luoghi di riflessione, che invitano i visitatori a considerare la profonda connessione tra la nostra esistenza e l'universo vasto e meraviglioso in cui viviamo.
Il Paesaggista è una rubrica curata da AnneClaire Budin
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Questa settimana AnneClaire Budin ci racconta, un incredibile viaggio tra innovazione e tradizione, attraverso la formazione fino alla celebrità di Daniel Urban Kiley, pioniere dell'architettura paesaggistica moderna, dalla sua formazione sotto Warren Manning alla collaborazione con icone come Louis Kahn e Eero Saarinen, fino alla creazione di capolavori paesaggistici che hanno ridefinito il concetto di spazio esterno.
Daniel Urban Kiley, nato a Boston nel 1912 e deceduto nel 2004, si è distinto come una delle figure più influenti nell'architettura paesaggistica del XX secolo. La sua formazione iniziò con un apprendistato presso Warren Manning, per poi approdare all'Università di Harvard, dove fu toccato dagli ideali del Modernismo. Nonostante non completasse il percorso accademico, l'impronta della sua educazione e delle sue esperienze lavorative preliminari si fece sentire nelle sue opere. L'incontro con figure chiave come Louis Kahn e la sua partecipazione a progetti significativi, come l'aula del tribunale per i processi di Norimberga, influenzarono profondamente la sua visione.
La carriera di Kiley decollò nel dopoguerra, con progetti notevoli come il Jefferson National Expansion Memorial e i giardini per la famiglia Miller a Columbus, esempi emblematici dell'architettura paesaggistica moderna. I suoi lavori si caratterizzano per la fusione tra chiarezza formale, derivata dai giardini barocchi francesi, e un'attitudine al modernismo spaziale e costruttivista, aprendo nuove strade nel campo del design paesaggistico. Kiley sperimentò con spazi di chiarezza infinita, utilizzando elementi naturali per creare paesaggi che esprimessero potere e integrità strutturale.
Tra gli anni '70 e '80, la collaborazione con colleghi portò alla realizzazione di progetti significativi a livello internazionale, come l'Esplanade du Général de Gaulle a Parigi. Nonostante la rarità delle sue pubblicazioni o della sua presenza accademica, Kiley ha lasciato un'eredità indiscutibile attraverso il suo lavoro pratico, educando generazioni di designer attraverso l'esempio. Molti dei suoi progetti sopravvivono, mantenuti da chi apprezza il valore e l'eredità del suo design.
La storia di Daniel Urban Kiley ricorda l'importanza dell'innovazione unita alla tradizione, mostrando come il rispetto per il passato possa convivere con la spinta verso nuove possibilità espressive. Il suo approccio, che intreccia arte, architettura e paesaggio, continua a ispirare paesaggisti e architetti, sottolineando il potere del design nel modellare non solo il nostro ambiente ma anche la nostra esperienza dello spazio.
Il Paesaggista è una rubrica curata da AnneClaire Budin