Bellanova ai vivaisti: la vostra qualità non si discute, più controlli alle frontiere
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All’inaugurazione di Flormart, dopo la conclusione del convegno su “Verde e salute”, il videomessaggio del ministro delle politiche agricole Bellanova ha sottolineato il «ruolo strategico» del florovivaismo per i numeri e per i benefici all’ambiente. Boschetto (Promex): l’export italiano è cresciuto quest’anno, soprattutto di piante da esterno. Il calcolo del prof. Ferrini sui benefici degli alberi contro il particolato fine: 1 miliardo di euro di spese sanitarie in meno già solo col verde esistente in Italia. Fra gli intervenuti alla tavola rotonda, Capitanio (Anve) e Stanghini (Associazione Vivaisti Italiani). Sentito a margine Mati, presidente del Distretto ornamentale di Pistoia. Approfondimenti con il presidente del comitato scientifico Renato Ferretti («nelle tecnologie c’è tanto da innovare» e pure nella selezione degli «alberi che riducono di più gli inquinanti») e con il responsabile del tavolo di filiera Alberto Manzo, per il quale «il settore ornamentale è esposto ai patogeni, quindi bene ha fatto il ministro a ricordare l’importanza dei controlli» ed è positivo il nuovo ddl sul florovivaismo (la cui discussione alla Camera dovrebbe iniziare entro fine anno) nel quale è previsto un articolo specifico sulla creazione di OP florovivaistiche, a suo avviso aggregazioni utili anche per intercettare finanziamenti comunitari.
La filiera florovivaistica, l’«economia che ruota intorno al verde», è «un mondo ancora troppo poco conosciuto che qui si ritrova e che nel nostro Paese conta numeri importanti: oltre 100 mila addetti, 27 mila aziende, oltre 2,5 miliardi di euro, circa 29 mila ettari di superficie agricola occupata, la ricchezza di biodiversità di cui anche voi siete custodi. Numeri, ma soprattutto un fare che si traduce in ricerca, innovazione, cura e tutela del territorio, rigenerazione del paesaggio, rete importante di competenze e di saperi per città a misura di vita per le bambine e i bambini, ma anche per le persone anziane».
Questo l’inizio del videomessaggio del ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova proiettato durante l’incontro inaugurale di Flormart il 26 settembre mattina, subito dopo la conclusione del convegno di apertura sul tema “Verde e salute. Le piante per il benessere delle città. La natura è la soluzione”. Un convegno e un incontro che sono stati l’occasione per fare il punto sulla situazione del settore florovivaistico, che, come ha ricordato il presidente di Promex Roberto Boschetto, ha registrato nell’ultimo anno un incremento dell’export di quasi il 4%, passando da 577 a 599 milioni di euro, grazie soprattutto al +15,6% di alberi e piante da esterno.
Il ministro Bellanova, dopo aver ricordato l’importanza del bonus verde per stimolare la risistemazione di giardini privati ma anche balconi e terrazze, ha sottolineato che «il ministero attribuisce un ruolo strategico» al florovivaismo e che «ci sono delle politiche avviate negli anni scorsi che noi intendiamo proseguire e rafforzare: salvaguardia del reddito, tutela sui mercati internazionali, ricerca». «Per me – ha dichiarato - difendere la nostra agricoltura deve significare tutelare i nostri prodotti e le nostre eccellenze anche da competitor scorretti, e deve poter significare rafforzare i controlli alle frontiere, perché l’ingresso di merci contraffatte o scarsamente controllate non si traduca in danni a volte incalcolabili». «Non consentiremo – ha aggiunto - speculazioni di nessun tipo sulla qualità del nostro vivaismo da parte di competitor esteri. La qualità del vostro lavoro non si discute. Così come sono consapevole che serve aumentare la sicurezza e i controlli per proteggere le nostre attività dall’ingresso dall’estero di patogeni. Il mio obiettivo è lavorare insieme a tutti voi più e meglio per sostenere e rafforzare questo settore, perché a questo segmento possano guardare con fiducia le generazioni più giovani, in considerazione delle grandi potenzialità, alcune ancora in parte inespresse, e per l’importante ruolo che può rivestire per la riduzione dell’impatto ambientale».
Su quest’ultimo punto verteva il convegno, nel quale è intervenuto Francesco Ferrini, rinomato docente di Arboricoltura dell’Università di Firenze. Uno dei principali benefici della piante su cui si è soffermato è la purificazione dell’aria dal particolato e dai metalli pesanti. Il particolato fine, il PM2,5, è un vero killer globale: si calcola che dal 2010 al 2050 raddoppieranno nel mondo i morti causati da queste particelle inquinanti. Ma una barriera di alberi larga da 20 a 180 metri può ridurre le emissioni di particolato dal 50 al 75%. Nel Regno Unito è stato stimato che il beneficio della cattura delle particelle inquinanti da parte del “sistema verde” è compreso tra 7 e 20 sterline per abitante. «Se assumiamo per l’Italia un beneficio di 20 euro per abitante – ha affermato Ferrini – il totale è pari a oltre 1 miliardo di euro di spese sanitarie risparmiate già oggi grazie al verde esistente».
Fra gli intervenuti alla tavola rotonda finale del convegno, intitolata “Il sistema degli operatori pubblici e privati: protagonisti a confronto”, c’erano Leonardo Capitanio, presidente di Anve – Associazione nazionale vivaisti esportatori, e Gilberto Stanghini, vicepresidente dell’Associazione vivaisti italiani. Capitanio ha fra l’altro messo in evidenza che l’Italia è la numero uno in Europa per la produzione di piante e che è caratterizzata da importanti poli vivaistici che andrebbero valorizzati. Mentre tra i punti toccati da Stanghini vi è stata l’osservazione che le aziende più importanti di Pistoia sono concentrate sull’export, anche perché fino ad oggi le città non hanno avuto molta voglia di investire nel verde.
Il presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia Francesco Mati, sentito da Floraviva dopo l’incontro, ha detto che bisogna «portare il dialogo sul verde e sulla qualità del verde sulle piazze, perché possa essere recepito dal basso» e che si deve «cominciare a fare una progettazione politica sul medio e lungo termine». «Diventa indispensabile per tutte le realtà vivaistiche nazionali – ha aggiunto - riuscire a fare attuare una legge sulla programmazione della produzione», perché le piante hanno spesso un ciclo produttivo non inferiore a 5 anni, spesso superiore, per cui «occorre programmare di più».
A Renato Ferretti, presidente del comitato tecnico-scientifico di Flormart 2019, abbiamo chiesto innanzi tutto quali sono gli elementi di maggiore novità del 70° Flormart dal punto di vista tecnico. «Sicuramente – ha risposto - sono legati a una maggiore propensione alla tematica dell’utilizzazione del verde, sia in termini di espositori che in termini di proposta convegnistica e workshop. Poi senz’altro lo sforzo di proiezione internazionale sia con la visita del gruppo di giornalisti della stampa specializzata internazionale sia con i buyer provenienti da diversi Paesi. Ma anche un’apertura su altri filoni, come quello delle piante officinali con l’Erbale Forum e dell’innovazione con il Flormart Future Village». Su quest’ultimo fronte che cosa attenderci in termini di vera innovazione, cioè «due passi avanti», per usare le parole del direttore Luca Veronesi (vedi nostra intervista)? «Io credo che lo sforzo maggiore sul piano dell’innovazione – ci ha risposto - debba esser fatto anche dalle aziende che tradizionalmente sono al Flormart, aziende che producono le piante, che producono le attrezzature e le tecnologie. Qualcosa si vede, perché per esempio già quest’anno c’è un’azienda, la Peruzzo, che ha presentato due trinciaerba semoventi, uno a propulsione con motore idrico, l’altro completamente elettrico, radiocomandati. Per cui questa è una bella innovazione, non solo dal punto di vista motoristico ma anche per il fatto che si possono comandare a distanza e quindi non c’è l’operatore a bordo e si può andare su pendenze impegnative senza correre rischi. Queste, secondo me, sono le cose da fare. E nelle tecnologie sicuramente c’è tanto da innovare. Ma anche nel settore delle piante, perché il convegno di stamattina dimostra che non basta piantare un albero. Ora è di moda dire si pianta un albero, tutti per qualsiasi cosa piantano un albero. E’ importante, tutto è importante. Però è più importante piantare gli alberi giusti. Quindi se vogliamo ridurre gli inquinanti bisogna sapere quali sono gli alberi che riducono di più gli inquinanti. Vanno selezionati, vanno coltivati, devono essere pronti per essere messi a dimora nei grandi parchi. Quindi anche da questo punto di vista secondo me c’è bisogno di un’innovazione, che ha necessità di una ricerca universitaria ma anche di una sperimentazione in campo da parte delle aziende ed è questa l’innovazione maggiore che dovranno affrontare».
Infine, abbiamo sentito il responsabile del tavolo tecnico della filiera florovivaistica presso il Mipaaf Alberto Manzo, che in primo luogo ha rimarcato che «il ministro ha affermato che questo settore è centrale nell’economia agricola del nostro paese». Manzo, in risposta a una nostra osservazione sulla volontà mostrata da Bellanova nel suo videomessaggio di difendere anche a livello comunicativo e d’immagine il florovivaismo italiano danneggiato dalle speculazioni a seguito della Xylella, si è così espresso: «la criticità del settore florovivaistico è che si occupa di piante ornamentali e, per ragioni di mercato, ha bisogno di novità continue ed è quindi esposto a importazioni da paesi terzi di nuove specie vegetali o specie che offrano un elemento di novità ai consumatori. Il problema è che troppo spesso quelle specie celano all’interno dei possibili patogeni. E questo è stato il caso della Xylella, batterio in cui, come è stato dimostrato dagli studiosi, la sottospecie che ha colpito la Puglia (Gallipoli primo focolaio del batterio) riguardava una pianta di oleandro, probabilmente importata nel 2010, proveniente dal Costa Rica, paese del Centro America che è un grande esportatore di piante ornamentali (come l'oleandro): 43 milioni nel solo 2012. Quindi il settore ornamentale può veicolare questi problemi. Ecco perché il ministro ha fatto bene a ricordare l’importanza dei controlli e di una gestione attiva di queste situazioni per limitare le problematiche. Poi è vero anche che su qualche organo di stampa è stato scritto che la Xylella è arrivata da noi tramite un Paese europeo che commercializza molte piante… questo non lo si può dimostrare, so solo che si fa fatica in questo mondo globalizzato a gestire tali emergenze e soprattutto a controllare e gestire la grande quantità di piante che entrano nel territorio nazionale. Quindi ha detto bene il ministro». «Bisogna investire in comunicazione e promozione – ha continuato Alberto Manzo - e far conoscere la nostra eccellenza. Inoltre, come ha ricordato il presidente di Anve Leonardo Capitanio nel convegno iniziale, noi esportiamo tantissime piante, il che può essere positivo ma anche negativo. Nel senso che contribuiamo meno nelle nostre città e queste possono costituire invece un incentivo, un volano ulteriore per il nostro settore, domandiamoci il motivo». Soprattutto è la domanda interna, sia pubblica che privata, a scarseggiare o no? «Sì». Ma Alberto Manzo ha voluto soffermarsi, prima ancora che glielo chiedesse il cronista di Floraviva, anche sul nuovo ddl sul florovivaismo. Quali sono i suoi aspetti principali? «La cosa importante è che si parla di contratti agrari. Si parla di OP [Organizzazioni di Produttori, vale a dire aggregazioni di aziende di un settore per certi scopi, ndr]. Non abbiamo infatti ancora una OP del settore florovivaistico come c’è invece nell’ortofrutta ed in altri comparti agricoli. Ciò è molto grave, perché le OP servono ad aggregare le aziende e a intraprendere percorsi virtuosi che permettano di ricevere dei fondi dall’Unione europea, che noi quindi non utilizziamo per questo settore». «Il problema di questo settore – ha chiosato - è che non è un settore coeso. Se venissero introdotte alcune delle misure previste dal ddl che spero inizi la discussione alla Commissione Agricoltura della Camera entro la fine dell’anno, allora mi auguro che con le indicazioni concrete della legge, magari appostando dei fondi nella legge stessa, possano fornire un pochino di spinta in più al settore». Ma il problema non è di livello europeo? «Nella DG Agri [Direzione generale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale della Commissione europea, ndr] – dice Manzo - si parla di ortofrutta e florovivaismo. Nel 2013 scrissi una lettera ufficiale alla DG Agri per creare un comitato di gestione esclusivo per il florovivaismo, ma mi hanno detto che costava troppo e non l’hanno voluto fare. Cioè la Commissione europea non l’ha voluto». Un freno? «Sicuramente, ma noi le OP le possiamo creare, c’è un regolamento che le prevede. Dipende da noi se vogliamo farle o meno. E sicuramente un’OP porterebbe incentivi economici. Il problema ribadisco è che le aziende del settore non si vogliono aggregare».
Lorenzo Sandiford