Positivo il bilancio CO2 del distretto pistoiese: lo dice uno studio nei Vivai Mati
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Dallo studio del Cesaf di Pistoia su un campione di 30 ettari dei Vivai Mati 1909, rappresentativi della produzione aziendale e del Distretto pistoiese (70% pieno campo, 30% vasetteria), risultano in quei 30 ettari ogni anno 250 tonnellate di anidride carbonica (CO2) sequestrate contro le 202 t di CO2eq emesse nei processi produttivi. Stimati i benefici ambientali dell’intero distretto, fra cui pure gli inquinanti atmosferici rimossi in un anno. Incomparabilmente minori le emissioni di CO2 del vivaismo rispetto ad altri settori industriali. Il sequestro di CO2 ad ettaro del verde urbano risulta 1/4 di quello di vivai e foreste, mentre nell’assorbimento di altri inquinanti gassosi e PM10 il vivaio supera anche il bosco. Federico Di Cara: la «resa di fotosintesi» cala con la senescenza delle piante e il nostro verde urbano è vecchio. Francesco Mati: si possono usare le schede varietali di Qualiviva per la scelta delle piante e andrebbe fissato al momento della messa a dimora l’anno della sostituzione come in Francia. L’assessore regionale Fratoni: il verde nelle città, ad esempio a Firenze, è un obiettivo strategico delle amministrazioni in risposta ai cambiamenti del clima e questa è un’opportunità per i produttori del verde.
La presentazione di uno studio sulla sostenibilità dei Vivai Mati 1909 è stato venerdì 20 settembre scorso, durante il convegno “Sosteniamo il cambiamento e riprendiamoci il futuro”, l’occasione per toccare alcuni temi cruciali delle politiche per il verde in Italia, politiche salite in alto nell’agenda delle pubbliche amministrazioni come risposta a un cambiamento climatico sempre più evidente.
Il Cesaf – Centro servizi agro-ambientali e forestali di Pistoia ha studiato la sostenibilità dei Vivai Mati 1909 attraverso un campione di 30 ettari di vivaio rappresentativi dell’intera azienda Mati 1909 e di un po’ tutto il Distretto pistoiese: per le proporzioni di parte in pieno campo (70%) e parte a vasetteria (30%), ma anche per la varietà di piante in esso comprese. In particolare sono stati misurati lo stoccaggio di anidride carbonica (CO2), la produzione di ossigeno (O2 = diossido di ossigeno) e la riduzione dell’inquinamento dell’aria, con tanto di compensazioni fra le varie funzioni e comparazioni con altri settori. Dati e stime che sono stati illustrati al termine del convegno dall’agronomo Federico Di Cara e da Francesco Mati e che sono basati anche su strumenti e formule elaborati dal Prof. Francesco Paolo Nicese, che era intervenuto con una relazione sul tema “La sostenibilità nel vivaismo: gli esempi delle buone pratiche”.
In sintesi, risulta che il sequestro di CO2 tramite fotosintesi delle piante del campione di vivaio, cioè la quantità di anidride carbonica che riescono a stoccare in modo definitivo trasformandola in biomassa, è ogni anno di 250 tonnellate (t) di CO2. Mentre l’ossigeno liberato è pari a 182 t annuali di O2 (sufficienti per 624 persone). Grazie a questa capacità il cosiddetto “Bilancio CO2” dell’intero processo produttivo vivaistico è positivo per 48 t CO2 sequestrate ogni anno. Infatti alle 250 tonnellate di anidride carbonica sequestrata vanno sottratte le 202 tonnellate di emissioni CO2eq (cioè CO2 equivalenti, una misura dell’impatto dei gas serra prendendo a riferimento quello dell’anidride carbonica) generate attraverso tutte le fasi produttive (dalla produzione e trasporto di plastica e substrati, di produzione e distribuzione dei fertilizzanti, consumo di energia elettrica, di gasolio, ecc.). Questo bilancio positivo, impensabile nella maggior parte delle attività produttive, è dovuto al bilancio positivo del 70% di vivai con coltivazioni in pieno campo (+74 t di CO2 sequestrata), che compensa il 30% di terreni a vasetteria (bilancio negativo di -26 t di CO2, cioè 26 tonnellate di anidride carbonica emessa in atmosfera).
Ma i benefici per l’aria derivanti dal vivaio non si limitano all’anidride carbonica. Il vivaio campione di Mati è in grado, grazie alla capacità di alberi e arbusti di fare da filtro, di rimuovere dall’atmosfera inquinanti gassosi quali O3, NO2, SO2, CO (assorbiti attraverso gli stomi e lenticelle) e il particolato, PM10, che viene intercettato e trattenuto da foglie, rami e fusto. Quanto? 2284 kg in un anno, che hanno un valore economico valutato in 13 mila 341 euro. Un altro effetto positivo di questi 30 ettari di vivaio è quello di abbassare la temperatura, assorbendo con la traspirazione 435 milioni di kcal all’anno.
Come spiegato da Federico Di Cara, questi risultati sono stati proiettati dagli autori dello studio sull’intero Distretto vivaistico pistoiese. Da queste proiezioni risulta che con i suoi 5200 ettari (ha) di vivai (di cui 3700 ha in pieno campo e 1500 ha a vasetteria) il distretto vivaistico pistoiese sequestra ogni anno 63.150 t di CO2 (per un valore di 2.756.498 euro), libera 45.780 t di O2 e assorbe 563 t di inquinanti atmosferici (per un valore di 3.293.070 euro).
Interessante anche il confronto fra le emissioni di CO2eq a metro quadrato all’anno fra industria tessile e cartiera e settore vivaistico (considerando tutti i fattori impiegati e le emissioni ad essi collegate). Nell’industria tessile 550 kg al m2 all’anno, in quella cartiera 3327 kg al m2 all’anno, nel vivaismo 2,5 kg al m2 all’anno (con i Vivai Mati, si legge, a un valore ancora inferiore: 1,73 kg al m2 all’anno).
Altri due grafici degni di nota dello studio sono quelli che mettono accanto il sequestro di CO2 e l’assorbimento di inquinanti totali ad ettaro all’anno di aree verdi urbane, bosco e vivaio. Ebbene se nelle aree verdi delle città vengono sequestrate 3 tonnellate di CO2 ad ettaro all’anno, nel vivaio si sale a 12 t e nel bosco a 13 t. Invece per l’assorbimento di inquinanti atmosferici il vivaio con l’assorbimento di 108 kg ad ettaro all’anno supera addirittura il bosco che “si ferma” a 95 kg, mentre le aree verdi urbane assorbono solo 25 kg.
A motivare questi ultimi dati concorre il fatto che, come ha detto Di Cara, da noi «il patrimonio verde urbano è vecchio e in vivaio abbiamo una resa di fotosintesi più alta». «Ci sono delle tabelle di crescita delle piante, sostanzialmente – ha spiegato -. Quando la pianta arriva a un punto in cui non riesce più a crescere per ovvie ragioni di senescenza, succede che non c’è più uno stoccaggio efficiente di CO2, e non c’è più di conseguenza uno stoccaggio efficiente di inquinanti».
Come affrontare la questione di rendere più benefica la massa arborea del verde urbano? Francesco Mati ha tra l’altro suggerito due linee di condotta. Utilizzare più spesso e con più attenzione, quando si scelgono le piante da mettere a dimora in un determinato contesto, le schede varietali di Qualiviva, un progetto del Ministero delle politiche agricole che ha prodotto vari strumenti, fra cui appunto, oltre a un capitolato e a un disciplinare, le schede di circa 100 specie arboree: con le caratteristiche che le contraddistinguono (tassi di crescita, altezze e forme, capacità di stoccaggio, tolleranza agli stress, ecc.) e persino gli usi suggeriti (dove piantarle e con quali funzioni). Secondo, arrivare a una pianificazione delle sostituzioni di alberi come si fa in Francia, dove ad esempio se oggi si sostituiscono dei lecci di un’area parigina «giunti alla senescenza e quindi non più performanti con altri lecci giovani, si sa già che questi ultimi dovranno essere sostituiti fra 40 anni».
Al convegno è intervenuta anche Federica Fratoni, assessore all’ambiente della Regione Toscana, che ha innanzi tutto sottolineato che «la presenza del distretto vivaistico ha portato benefici ambientali a Pistoia, evitando cementificazioni e migliorando la qualità dell’aria». «Oggi il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici – ha aggiungo - può costituire una leva importante per il distretto pistoiese. La produzione del verde si trova in un contesto di opportunità. Il verde urbano, ad esempio in una città come Firenze, è diventato infatti una priorità strategica amministrativa» e sono in rampa di lancio significative riforestazioni urbane.
L.S.