Crisi climatica: Legambiente chiede il PNACC e promuove il riutilizzo delle acque reflue

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Legambiente sollecita il Governo Meloni ad adottare il PNACC per l’adattamento climatico e propone il riutilizzo delle acque reflue come soluzione circolare per l’agricoltura.

Il 2024 si conclude con dati allarmanti sul fronte climatico: 351 eventi estremi hanno colpito l’Italia, un incremento del 485% rispetto al 2015. Siccità, allagamenti ed esondazioni hanno avuto un impatto devastante su territori, infrastrutture e settori economici cruciali, tra cui l’agricoltura. In questo contesto, Legambiente, attraverso il bilancio annuale dell’Osservatorio Città Clima, ha delineato una situazione critica, sottolineando il ruolo centrale della gestione idrica nel mitigare i danni legati alla crisi climatica.

Tra le proposte avanzate, l’associazione ambientalista insiste sull’urgenza di varare il DPR per il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura, un’azione che potrebbe ridurre gli sprechi idrici e garantire la resilienza delle colture, in particolare nelle regioni del Sud, duramente colpite dalla siccità. Secondo Legambiente, una gestione circolare delle risorse idriche è fondamentale per sostenere il comparto agroalimentare e florovivaistico, settori strategici per l’economia italiana. Tuttavia, soluzioni di questo tipo, già studiate in alcune aree del Paese, hanno evidenziato criticità significative, sia in termini di sostenibilità eco-ambientale sia per quanto riguarda la qualità delle acque, che spesso risultano inadatte per colture sensibili o produzioni alimentari di alto standard.

Legambiente ha puntato il dito contro il Governo Meloni, accusandolo di non aver attuato strategie concrete come il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). L’associazione sottolinea come questa mancanza rappresenti un ostacolo significativo nella lotta alla crisi climatica e sollecita interventi strutturali e una maggiore assunzione di responsabilità politica. È importante chiarire che queste affermazioni riflettono esclusivamente la posizione di Legambiente.

Tuttavia, il riutilizzo delle acque reflue depurate, pur proponendosi come una soluzione innovativa, solleva alcune perplessità. Anche dopo trattamenti depurativi avanzati, queste acque possono contenere residui chimici o microinquinanti che le rendono inadatte per colture agroalimentari o per piante ornamentali che necessitano di acque leggere e prive di contaminanti. Inoltre, l’infrastruttura necessaria per garantire la sicurezza e la distribuzione di queste risorse comporta costi elevati e sfide tecniche che non possono essere ignorate.

Nel 2025 sarà essenziale che il dibattito intorno al riutilizzo delle acque reflue tenga conto sia delle potenzialità che delle limitazioni, promuovendo un approccio bilanciato e scientificamente fondato. Solo attraverso una collaborazione tra istituzioni, associazioni e operatori del settore si potranno individuare soluzioni sostenibili che proteggano l’ambiente senza compromettere la qualità e la sicurezza delle produzioni agricole. La sfida climatica richiede interventi concreti e mirati, che vadano oltre le polemiche e mettano al centro il futuro del settore primario.

Redazione