LUCIANO GIUBBILEI: QUANDO LA TOSCANA PLASMA UN MAESTRO DEI GIARDINI

Il pluripremiato paesaggista senese unisce estetica e natura, trasformando gli spazi verdi in luoghi di armonia e contemplazione. Dalla Toscana a Maiorca, la sua ricerca è in continua evoluzione.
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Luciano Giubbilei non è un semplice progettista del verde, ma un autentico artista che plasma i giardini con la stessa sensibilità con cui un pittore stende i colori sulla tela. Nato a Siena, la sua vocazione affonda le radici nei paesaggi toscani e nella cultura dell’ospitalità, che da sempre anima la sua concezione del giardino come luogo di incontro e condivisione. Fin da giovane, il suo interesse per la natura si è manifestato attraverso la coltivazione di un piccolo orto e l’allestimento di eleganti tavole all’aperto, esperienza che ha rafforzato la sua visione di uno spazio verde capace di evocare emozioni e creare connessioni tra le persone.
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Nel 1994, Giubbilei si trasferisce a Londra per studiare progettazione del paesaggio all’Inchbald School of Design. Ben presto apre il suo studio, ma il vero nutrimento per la sua creatività arriva dalla campagna inglese, in particolare dal giardino di Great Dixter, nell’East Sussex. Qui, sotto la guida del capo giardiniere Fergus Garrett, il paesaggista scopre il valore della spontaneità nel giardino, abbandonando la rigidità compositiva per abbracciare un approccio più fluido e naturale.
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È proprio a Great Dixter che apprende la tecnica dell’auto-semina, un principio secondo cui le piante sono libere di diffondersi e svilupparsi in modo spontaneo, creando paesaggi dinamici e sempre diversi. Questo metodo diventa un elemento chiave nel suo stile progettuale, influenzando profondamente il suo modo di lavorare. La permanenza in questo luogo magico, durata quasi un decennio, segna una svolta nel suo percorso: Giubbilei inizia a privilegiare la pazienza e il rispetto per il tempo della natura, anziché l’imposizione di un’estetica predefinita.
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L’approccio sensibile e raffinato di Luciano Giubbilei lo porta a lavorare per una clientela internazionale, progettando giardini privati, spazi pubblici e installazioni per prestigiose istituzioni. Le sue creazioni si estendono dalla campagna toscana a New York, dal deserto marocchino alle residenze londinesi, con uno stile che unisce minimalismo e calore mediterraneo.
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Le sue realizzazioni gli valgono importanti riconoscimenti, tra cui le medaglie d’oro al Chelsea Flower Show e il premio per il miglior giardino residenziale assegnato dalla British Association of Landscape Industries. Il suo talento nel creare ambienti che ispirano calma e contemplazione è apprezzato dai colleghi paesaggisti di tutto il mondo, tanto da diventare una figura di riferimento nel settore.
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Oltre al talento nel design del paesaggio, Giubbilei ha sviluppato una forte presenza sui social media, dove condivide immagini e riflessioni sui suoi progetti. Il suo account Instagram, seguito da appassionati e professionisti del verde, è una finestra aperta sul suo mondo fatto di luce, texture e accostamenti cromatici delicati.
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Dopo aver viaggiato e lavorato in tutto il mondo, Giubbilei ha trovato un nuovo rifugio creativo a Maiorca, dove ha acquistato la Casa del Vasaio, l’antica dimora della ceramista Maria Antònia Carrió. Qui ha deciso di dare vita a una residenza d’artista, un luogo in cui arte e natura si intrecciano.
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Ma la sua visione non si ferma alla bellezza estetica: il paesaggista ha avviato un progetto chiamato The Field, un vasto spazio aperto a tutti, in cui la coltivazione delle piante diventa un’esperienza di condivisione. L’obiettivo è dimostrare che la terra non è solo produzione agricola, ma anche nutrimento per l’anima e la creatività.
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“La cosa più importante in un giardino non è solo la sua bellezza”, afferma Giubbilei, ma l’emozione che trasmette. Mi dicono spesso che i miei spazi verdi infondono calma, ma il segreto è che lascio parlare la natura, senza forzarla. Il giardino è un maestro di umiltà, ci insegna a rallentare e a vivere in sintonia con il tempo.”

Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin