Vivaisti Italiani e Ania sul caro assicurazioni nel florovivaismo

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A Firenze presso i Georgofili, nella giornata di studio sulla “gestione del rischio in agricoltura”, tavola rotonda con l’assessore Remaschi («il numero di polizze è basso anche per gli eccessi burocratici»), Mauro Serra Bellini del Mipaaf, Antonio Dosi di Agrinsieme («neanche 80 mila aziende assicurate su 280 mila aziende vere e 1 milioni di fascicoli per i contributi Ue»). Massaini (Ass. Vivaisti Italiani): «poche polizze nel vivaismo anche per premi assicurativi troppo alti». Girotti (Ania) «con produzioni così varie e senza dati è difficile calcolare il rischio e la valutazione può essere un po’ penalizzante».

 
Sicurezza, responsabilità e trasparenza. Sono i tre concetti chiave del documento di conclusioni sulla gestione del rischio in agricoltura che l’Accademia dei Georgofili presenterà nei prossimi giorni, dopo la giornata di studi di oggi su questa tematica. Perché la globalizzazione ha fatto sì che il territorio fosse sostituito non da territori ma da uno spazio astratto, senza confini e senza regole, in cui la responsabilità di governo si è frammentata su una pluralità di soggetti pubblici e privati, e «la domanda che abbiamo noi oggi è individuare il nuovo soggetto delle responsabilità». 
Ad anticiparlo è stato l’accademico emerito dei Georgofili Ferdinando Albisinni nel tirare le conclusioni della tavola rotonda di questo pomeriggio, moderata dal giornalista del Sole 24 Ore Radiocor Plus Massimo Agostini, sull’impatto delle politiche europee in materia di assicurazioni e gestione del rischio, sia nel breve termine con riferimento in particolare al recente decreto Omnibus del Parlamento europeo sia più a lungo termine in relazione alla nuova Pac (Politica agricola comunitaria). Una tavola rotonda che è stata aperta da Agostini con due dati di riferimento: il valore assicurato nel 2017, pari a circa 7,19 miliardi di euro, cioè sostanzialmente in linea con l’anno precedente (7,14 miliardi); e la concentrazione del 70% circa dei valori assicurati in 4 regioni del Nord. Dati che sono stati poi integrati nel corso del dibattito da Antonio Dosi (Agrinsieme) che ha fornito un altro elemento significativo: «sono meno di 80 mila le aziende agricole assicurate a fronte di 1 milione di fascicoli aziendali per le richieste di contributi comunitari», anche se «le aziende vere, con un reale rischio d’impresa – ha detto Dosi – sono poche, 280 mila se non addirittura 230 mila secondo certe stime». Tale fenomeno, nella seduta della mattina, era stato fotografato da un altro punto di vista da Camillo Zaccarini Bonelli di Ismea con le seguenti due percentuali: in Italia si assicura il 19% della plv (produzione lorda vendibile) e il 9% della sau (superficie agricola utilizzata).
La tavola rotonda è stata aperta dalla relazione di Mauro Serra Bellini (Ministero delle politiche agricole), che ha fatto il punto su tutte le novità a livello normativo, riguardanti il Paan (Piano assicurativo agricolo nazionale), il Reg. Ue 2393/2017 (Omnibus), il Psrn (Programma di sviluppo rurale nazionale) 2014-2020, le modifiche del Decreto legislativo n. 102 del 2004 e l’Ocm vino. Fra gli intervenuti anche l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi, che ha tra l’altro affermato che «gli eccessi burocratici in questo ambito non aiutano di certo ad ottenere una migliore risposta da parte degli agricoltori», cioè un numero maggiore di polizze, e che «il decreto 102 ha bisogno di una riscrittura, altrimenti non si rimborsa nemmeno l’1%: così come è formulato ha ormai poco senso». Senza dimenticare che «i consorzi devono ancora incassare nel 2018 le quote del 2015, così è chiaro che non si può andare avanti. E siccome è un aspetto fondamentale per il settore agricolo, ci vogliono misure più rapide, con parametri più facili da interpretare. Questo è un tema centrale per la competitività agricola».
Ma uno dei momenti clou e più stimolanti del dibattito, dal punto di vista di Floraviva, è stato il botta e risposta, in toni assolutamente sereni, fra Andrea Massaini, in rappresentanza dell’Associazione Vivaisti Italiani in sostituzione del presidente Vannino Vannucci, e Francesco Girotti per Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici). Al primo giro, Massaini ha ammesso che nel settore vivaistico è bassa la percentuale di aziende che si assicurano. Il settore, ha detto, «è molto maturato dal punto di vista della specializzazione e innovazione, aspetto poco conosciuto dal mondo assicurativo». «Ci sembra che il mondo assicurativo – ha aggiunto – sia un po’ seduto nel nostro settore, nel senso che i premi sono troppo alti. Il nostro auspicio è che riusciamo a raccontare meglio le nostre zone produttive per cercare, con l’ausilio delle statistiche, formule assicurative più adeguate». Massaini ha poi aggiunto che nel vivaismo «è molto importante la prevenzione, perché dopo quando la pianta ha subito troppi stress è troppo tardi; ma noi facciamo prevenzione in modi sempre più avanzati, grazie alla costante collaborazione con l’università». Gli ha replicato Francesco Girotti dicendo che in effetti «per il vivaismo ci sono diversi fattori specifici»: la concentrazione del rischio, il valore a ettaro assai superiore rispetto ad altri comparti agricoli, per cui in caso di catastrofe il rischio è molto alto. Girotti ha inoltre ricordato che, poiché le tipologie delle produzioni sono molto varie (dalle piccole piante in vaso agli alberi secolari), è «difficile calcolare il rischio e questo incide sulla sua valutazione». Inoltre, ha continuato il rappresentante di Ania, ci sono piante che hanno problemi che emergono però in ritardo, a distanza di tempo. Tuttavia, ha osservato, «c’è la fortuna di avere un rimborso pubblico di una parte consistente dei premi assicurativi». Comunque, ha concluso ammettendo che «la valutazione del rischio è un po’ penalizzante rispetto ad altri settori».
Al secondo turno di parola concesso dal moderatore Agostini, che si è rivolto a lui domandando: «che cosa chiedete al rappresentante dell’Ania per aumentare il numero di polizze dei vivaisti?», Massaini ha risposto dicendo di aver apprezzato la prima replica di Girotti, «anche se non sarà facile migliorare le cose». Inoltre, a titolo di suggerimento, ha detto: «non condividiamo le suddivisioni territoriali, per così dire, a CAP, ma vorremmo piuttosto una tutela per produzioni. Se abbiamo serre, non ci serve l’assicurazione contro il gelo, e dato che abbiamo quasi 6 mila ettari a vivaio forse si possono trovare dei parametri capaci di calmierare i premi assicurativi. Si rimane un po’ troppo legati alle fonti burocratiche anche di derivazione europea. Fatto sta che i prezzi sono troppo alti per le aziende vivaistiche, che finiscono per associarsi in modo discontinuo e sporadico, per cui alla fine mancano anche i dati statistici». Massaini ha terminato il suo intervento così: «gli assicuratori sono a volte geniali» nel concepire parametri intelligenti in tanti settori, come ad esempio l’auto; «nel nostro settore, molto specifico, probabilmente non c’è stata altrettanta concentrazione, ma non voglio colpevolizzare nessuno: forse non ci sono i grandi numeri, siamo pur sempre una produzione di nicchia». A sua volta Girotti ha replicato così: «lei ha fatto un paragone con un settore dove c’è anche un obbligo di legge e nell’auto ci sono tanti dati, mentre nel vivaismo ci basiamo sulle esperienze dei periti, ma mancano i dati. E poi c’è un problema di concentrazione del rischio in un distretto come quello di Pistoia». Le aziende vivaistiche hanno valori alti, anche di decine di milioni di euro. «Nella mia assicurazione – ha proseguito Girotti – assicuriamo vivai, e anche di piante ornamentali, che sono più complessi dei vivai di piante fruttifere. Ma vediamo che non è un mercato facile. Manca anche un po’ di cultura assicurativa nel vivaista, che preferisce spesso assumersi in proprio certi rischi».
 
Lorenzo Sandiford