Vivaismo pistoiese: cresce l’export, ma diversi piccoli in crisi
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Alla “Serata del vivaismo” dell’Associazione vivaisti italiani gli ultimi dati sull’export del distretto pistoiese (+2,1% nel 1° semestre del 2018, dopo un 2017 col picco di 235 milioni di euro) e sul suo ruolo nazionale. Pareri discordanti sull’aggregazione delle imprese vivaistiche; si confida nella continuazione del bonus verde. Illustrati alcuni trend del florovivaismo a livello internazionale. Ma il giorno dopo l’incontro, Cia Toscana Centro segnala le difficoltà di molti piccoli vivaisti del distretto, anche a seguito del caso Bruschi-Tesi che ha messo in crisi un centinaio di fornitori che vantano crediti per un totale di quasi 10 milioni di euro, e chiede il sostegno della Regione Toscana.
Dopo un 2017 in crescita con il raggiungimento del valore massimo di 235 milioni di euro, l’export del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia sta continuando a crescere anche quest’anno: +2,1% nel primo semestre del 2018 rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. Con una stima per l’intero anno corrente di 240 milioni di euro.
E’ quanto rivelato dal presidente della Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia Francesco Ciampi, economista dell’Università di Firenze, durante un convegno sulla situazione e le prospettive del vivaismo pistoiese tenutosi il 27 settembre a Pistoia, nel contesto della “Serata del vivaismo” organizzata dall’Associazione vivaisti italiani presieduta da Vannino Vannucci, in collaborazione con la Cassa di risparmio (vedi). Evento che si è chiuso con la premiazione di 6 florovivaisti eccellenti, fra i quali la presidente di Assofloro Lombardia Nada Forbici e il titolare di Rose Barni, Piero (vedi).
Come ha riportato Francesco Ciampi, il florovivaismo della provincia pistoiese è di gran lunga il primo d’Italia per estensione, con il 10,8% della superficie florovivaistica nazionale, seguito da quello di Pordenone, che si attesta a metà superficie di Pistoia. Mentre per quanto riguarda il numero di aziende, con il 6,9% sul totale nazionale il florovivaismo della provincia pistoiese è al secondo posto, superato da quello di Imperia (che raggiunge l’11% delle aziende florovivaistiche italiane). Un ruolo preminente dunque a livello nazionale. Del resto, come ha mostrato Ciampi con un diagramma a torta, è di assoluto rispetto anche il ruolo del nostro Paese a livello di Unione europea a 28: la nostra produzione florovivaistica nel 2017 è stata pari al 14% del totale europeo, collocandoci al 2° posto di poco davanti alla Francia (13%), ma superati dai Paesi Bassi, di gran lunga i leader con il 33% della produzione. L’indagine della Cassa di Risparmio di Pistoia è autorevole anche per il fatto che conta tra i propri clienti nel 2018 ben 659 aziende florovivaistiche (da 619 che erano nel 2011), cioè «all’incirca una su due ormai lavora con noi», come ha chiosato Ciampi. Il fatturato delle aziende clienti è salito da 380 milioni di euro del 2011 a 404 milioni del 2018, pari a circa l’80% del fatturato distrettuale. Infine, altro dato interessante, le dimensioni delle aziende vivaistiche clienti si attestano per il 68% al di sotto di mezzo milione di euro di fatturato, con solo il 2% delle imprese clienti contraddistinte da fatturati superiori ai 5 milioni di euro. Ciampi ha poi così riassunto le sfide del distretto vivaistico pistoiese: è necessario un salto di qualità nel rapporto banca-impresa, perché saranno indispensabili alle aziende investimenti rilevanti per attuare l’innovazione e restare competitive; molto importante anche l’evoluzione della cultura finanziaria, dalla capacità di elaborare piani credibili al controllo di gestione, così come l’apertura all’ingresso di nuovi soci e la trasparenza. Parola d’ordine decisiva, a suo avviso, l’aggregazione e la crescita dimensionale per raggiungere una massa critica tale da consentire alti livelli di investimento.
Di parere un po’ diverso su quest’ultimo punto il senatore Patrizio Giacomo La Pietra, membro della Commissione Agricoltura, che oltre a dare le notizie che la sua commissione ha preso in mano il piano di settore florovivaistico e sta per avviare le consultazioni allo scopo di elaborare un disegno di legge per il florovivaismo e che nella nuova Pac molto probabilmente all’Italia arriveranno finanziamenti ridotti del 22% (vedi), ha ribattuto in tono critico alla ricetta dell’aggregazione. «Le nostre aziende – ha detto – non hanno certe dimensioni e le regole devono essere tarate per la nostra realtà».
Nada Forbici, fra i principali artefici dell’agevolazione fiscale introdotta nel 2018 per i lavori nei giardini privati, sollecitata da Floraviva sulla questione del piano di settore e sulle speranze di non vedere interrotta l’esperienza del bonus verde, ha detto che molti degli obiettivi del piano di settore del florovivaismo 2014-2016 «non sono stati realizzati perché comunque il Parlamento purtroppo non lo conosceva. Perché se coloro che devono legiferare su quelle che sono le linee guida di un tavolo tecnico, purtroppo, non vengono a conoscenza di queste linee guida da dove possono iniziare, non conoscendo neanche il settore?». Colpa di una scarsa comunicazione tra Mipaaf e Parlamento? «Sì, purtroppo il gap pare sia stato questo…». E riguardo al bonus verde? «stiamo chiedendo l’interlocuzione [parlamentare, ndr] perché con la legge di bilancio vorremmo rivedere di nuovo ripresentato il bonus verde per il 2019. Uno strumento sostanziale, lo abbiamo visto all’opera nel 2° semestre 2018, troppo breve il periodo per misurarlo, ma sicuramente già un incremento di lavoro gli imprenditori lo hanno verificato. Io e gli altri colleghi del mio settore confidiamo che effettivamente ci sia una lungimiranza, una visione, una buona logica da parte anche di questo nuovo Governo nel vedere e nel capire quanto è importante questo strumento».
Mentre Silvia Scaramuzzi (Università di Firenze), nella sua relazione sul tema “Le tendenze evolutive del mercato florovivaistico: quali strategie?”, dopo aver illustrato una serie di dati mondiali relativi alla produzione e agli scambi commerciali nei vari comparti del settore florovivaistico (in continua espansione), ha messo in luce alcune tendenze internazionali che sono in atto. Ad esempio, nel 2017 una crescita dei prezzi e dei fatturati delle piante in vaso (soprattutto piante fiorite perenni e piante verdi). Nel 2017-2018 si è affermato invece il “good mood” del verde e del bio. Inoltre, la forte crescita delle vendite online, soprattutto per i fiori, con Internet (motori di ricerca e social) come prima fonte di informazione per i consumatori da 20 a 60 anni. Nei canali offline conta sempre di più l’esperienza d’acquisto ad alto impatto emotivo, che incide per l’80% dei consumatori che entrano nei garden center, mentre negli altri punti vendita è essenziale la grafica, la disposizione sugli scaffali e la varietà dell’assortimento. Dopo aver elencato alcune delle preferenze d’acquisto del 2017-2018 (alberi ed arbusti da frutto ed ornamentali di piccola dimensione, piantine fiorite in vaso profumate, prodotti inusuali con tonalità pastello e sfumature verdi e nere e forme tozze e rotonde, piante perenni ed erbe aromatiche), Silvia Scaramuzzi ha detto che le tre filiere dominanti della prossima decade saranno la “specialistic” (servizio da esperienza speciale), la “big box” (prodotti economici) e “l’e-commerce”. Elemento centrale della strategia per il futuro? Una differenziazione del prodotto basata su identità e brand territoriali costruiti in maniera partecipata dagli attori del territorio.
Infine Vannino Vannucci, sentito al termine dell’evento, ha così commentato la situazione economica e i suggerimenti di Ciampi: «dal punto di vista economico ci sono dei buoni segnali, anche la banca ce li ha confermati, anche se non sono eccezionali. Però sono segnali positivi che bisogna salutare con piacere». Infine, riguardo alle strategie consigliate dalla banca ai vivaisti, Vannucci ha osservato «la Cassa di risparmio continua a invitarci a crescere e a proporre bilanci migliori, e ciò è senz’altro anche nell’interesse della banca, perché l’aiuta a individuare la salute delle aziende. Però è giusto che le aziende piccole non siano lasciate sole. A Pistoia c’è un distretto e una filiera che ancora funziona e che ci invidiano in tutto il mondo. Anche se non bisogna dormire sugli allori».
Ma di parere assai più negativo sulla situazione del distretto pistoiese è Cia – Agricoltori italiani “Toscana Centro (Firenze-Prato-Pistoia)”, che in un comunicato del 29 settembre ha dichiarato che molte delle aziende vivaistiche di Cia, per lo più medio-piccole, segnalano una fase critica del distretto ornamentale di Pistoia che stride con i dati positivi sull’export distrettuale presentati alla “Serata del vivaismo”. Per Cia la crisi creditizia conseguente alla vicenda giudiziaria Bruschi-Tesi, riguardante un centinaio di piccole e medie aziende vivaistiche per un totale di quasi 10 milioni di euro di crediti, si sta rivelando molto pesante e si sta ripercuotendo anche sugli ordini dei grandi ai piccoli, non limitandosi più alla questione della sfiducia fra gli operatori del distretto. «Evidentemente nella catena della filiera distrettuale c’è qualcosa che non va – si legge nel comunicato -. E’ diventato necessario e urgente un tavolo di crisi con tutte le istituzioni a cui sia presente anche la Regione Toscana».
L. S.