Intesa con Certiquality per l’avvio delle certificazioni Vivaifiori
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Firmato a Myplant l’accordo quadro fra l’ente terzo Certiquality e l’Associazione Nazionale di Tutela del Marchio Vivaifiori, a cui hanno aderito Anve Difloal e Florveneto con 45 aziende, per l’avvio delle certificazioni. Il costo è di circa 300 euro l’anno. Roberto Magni «le più strutturate sono già pronte e alle piccole sarà dato il tempo di adeguarsi». Per Alberto Manzo «quando usciranno prodotti col marchio Vivaifiori ci sarà interesse da parte dei consumatori» ed eventuali marchi territoriali più circoscritti, magari legati a specifici prodotti florovivaistici, che si affianchino alla certificazione nazionale Vivaifiori, possono andare, «purché dietro ci siano persone che fanno le cose come si deve».
Un ulteriore, cruciale tassello per iniziare concretamente le certificazioni delle aziende che vorranno e potranno fregiarsi sul mercato del marchio Vivaifiori. Con i potenziali vantaggi competitivi associati alla garanzia del rispetto di un disciplinare per la qualità e sostenibilità del processo produttivo.
Mercoledì 20 febbraio alla Fiera di Milano, durante la prima giornata di Myplant & Garden – International Green Expo, il presidente dell’Associazione nazionale di tutela del marchio Vivaifiori Roberto Magni e Massimo Cacciotti, responsabile Lombardia di Certiquality, ente terzo specializzato nella certificazione dei sistemi di gestione aziendale per la qualità, l’ambiente e la sicurezza, hanno firmato l’accordo quadro di riferimento per la certificazione volontaria Vivaifiori, che è diventata operativa attraverso un percorso iniziato nel 2011 in seno al Piano di settore e all'attività del Tavolo di Filiera Florovivaistico del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (Mipaaft), con il contributo progettuale anche di Ismea. L’intesa è stata siglata anche dalle tre organizzazioni di settore: Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve), Distretto florovivaistico alto lombardo (Difloal) e Florveneto, che hanno già raccolto la richiesta di certificazione di 45 fra le aziende ad esse associate. Erano presenti alla firma anche Isabella D’Adda, manager di Certiquality, e Alberto Manzo, responsabile del tavolo tecnico di filiera presso il Mipaaft.
A breve inizieranno quindi le verifiche (gli audit) di Certiquality su un campione delle aziende aderenti. La certificazione Vivaifiori è «composta da un disciplinare di qualità di processo produttivo e da un marchio registrato che viene rilasciato alle organizzazioni florovivaistiche di produttori del settore e alle aziende aderenti, dichiarate conformi» dall’ente terzo di certificazione. «Per gli aderenti – si legge - esistono vantaggi di tipo pratico ed economico. Il disciplinare è stato elaborato per renderlo paragonabile alle performance di altri sistemi di certificazione di processo già noti a livello europeo, mantenendo però la prerogativa di possedere requisiti di accessibilità adatti alla gran parte delle aziende italiane; quanto detto vale anche per i costi». E, come ci ha spiegato il presidente Magni, il costo di adesione per ciascuna azienda, al netto di qualche differenziazione in base a siti produttivi e gruppi omogenei di prodotti, si aggirerà attorno a 300 euro.
Ma in concreto quali saranno le conseguenze dell’adesione al marchio Vivaifiori per un’azienda? «Il cosiddetto audit in azienda – ci ha risposto Roberto Magni - comporta intanto una verifica documentale iniziale per verificare se l’azienda ha propriamente i requisiti di base per poter accedere alla certificazione. In secondo luogo, in base al disciplinare, ci sarà l’analisi abbastanza precisa sulla gestione dei processi di produzione e in particolare su determinati aspetti, come possono essere quelli legati alla sostenibilità ambientale, e soprattutto alla salvaguardia della normativa negli ambiti del rispetto della sicurezza e sul lavoro». Ma, pensando a come lavorano oggi le aziende florovivaistiche italiane, pur consapevoli del fatto che si tratta di generalizzazioni che nascondono profonde differenze fra azienda e azienda, saranno necessari cambiamenti produttivi? «E’ chiaro che oggi le aziende più strutturate, quindi molto più attente a determinati aspetti, rispondono quasi in maniera immediata e con estrema facilità all’accessibilità al marchio, non dovranno fare adattamenti. Le aziende meno strutturate potranno avere la necessità di adeguarsi su certi aspetti, ma avranno il tempo per farlo senza per questo essere escluse dalla certificazione, ovviamente andando a correggere gli elementi che non dovessero risultare conformi al disciplinare».
Ad Alberto Manzo, sentito al termine della conferenza stampa, abbiamo chiesto innanzi tutto che impatto potrebbe avere Vivaifiori sul settore florovivaistico. «Io sono sempre ottimista per natura – ha risposto - e dico che l’impatto sarà sicuramente positivo e da quello che mi hanno detto, oltre alle 45 aziende che hanno già sottoscritto, ce ne sono altre molto interessate. Diciamo che ci deve essere un effetto operativo sul mercato. Nel senso che quando si incominceranno a vedere dei prodotti col marchio Vivaifiori che caratterizzano la produzione italiana, che vanno nella grande distribuzione organizzata e nei circuiti commerciali e con questo marchio il consumatore riconosce un prodotto italiano, credo che l’interesse ci sarà. Ed è stato creato proprio a tal fine il marchio: per attrarre il consumatore e dirgli “guarda che questo è un prodotto nazionale”».
E per le aziende più piccole potrebbero esserci problemi nell’adeguamento al disciplinare?
«No, io non credo ci siano particolari problemi. Si devono adattare a delle regole che ha il disciplinare, che però le porteranno, ovviamente dopo un primo momento di abitudine e di acquisizione di diversi meccanismi nella produzione, ad alzare il livello, quindi si alzerà l’asticella in tutte le aziende. Questo non può che far bene al mercato e ai consumatori. Ricordando poi che Vivaifiori si allineerà ai vari marchi internazionali di qualità. Meglio di così credo che non si possa..»
...e poi le aziende saranno aiutate in questo percorso dalle associazioni di riferimento, Anve, Distretto florovivaistico Alto-lombardo, Florveneto ecc., vero?
«Assolutamente, perché le associazioni faranno un po’ da ombrello alle aziende. Però io credo che ci sarà uno spirito emulativo anche da parte di altre. Se veramente, come spero, e c’è un’attenzione da parte del Ministero, in particolare del sottosegretario Manzato, che vuole alzare il livello di questo settore. In aggiunta a un settore già affermato come quello agroalimentare».
Ultima domanda. Sulla base di questo avvio dopo tanti anni di Vivaifiori e del fatto che è stato accantonato il marchio Piante e fiori d’Italia in seguito alla chiusura dell’omonima associazione nazionale, e tenendo conto che in alcuni territori italiani si stanno muovendo, per esempio in Piemonte, con dei marchi di aree produttive florovivaistiche più circoscritte geograficamente, si può dire che si va verso uno scenario in cui Vivaifiori diventa il marchio nazionale di riferimento, a cui però magari alcuni territori potranno decidere di affiancare qualcosa di più specifico? E se è così, lo ritiene positivo?
«Secondo me sì. Certo un marchio nazionale è ovviamente un marchio distintivo. Però anche quelli di area, che possono andare anche all’estero, sono distintivi e caratterizzano, che so, dei distretti florovivaistici particolari, con delle produzioni specifiche. Va bene tutto. L’importante è che il consumatore sia informato. E che dietro ci sia un percorso virtuoso: delle persone che ci lavorano e che fanno le cose come si deve».
Per ulteriori informazioni: www.vivaifiori.com.
Lorenzo Sandiford