Il sindaco di Pescia: «farò un tavolo permanente per l’agricoltura e il verde»
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L’annuncio del sindaco Giurlani all’incontro di ieri su “Verde pubblico e privato” al Crea-Viv di Pescia. Per la ricercatrice Cacini si investe ancora poco e male nel verde in Italia. E il presidente del distretto vivaistico Mati dice che ci vogliono piante giuste, ma anche manutenzione qualificata e turnover degli alberi. L’assessore della Felice ha sottolineato che il Comune ha previsto nel documento unico di programmazione 240 mila euro per il verde nel prossimo triennio.
«Il Comune un tempo aveva l’ufficio Agricoltura, ecco io voglio fare un tavolo permanente per l’agricoltura e il verde, che dovrà elaborare, coordinare e promuovere iniziative in tali settori, dialogando con le associazioni di categoria».
E’ quanto annunciato ieri dal sindaco di Pescia Oreste Giurlani nel suo intervento all’incontro “Verde pubblico e privato: benefici e problemi di gestione”, organizzato nella propria sede dal Crea-Viv di Pescia: l’Unità di ricerca per il Vivaismo e la gestione del verde ambientale ed ornamentale del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Un incontro che è stato introdotto dal saluto del direttore Gianluca Burchi, che ha messo in evidenza due concetti chiave: primo, nonostante l’impressionante distacco fra uomo e natura avvenuto negli ultimi 200 anni, il richiamo del verde e della natura è sempre forte nella gente; secondo, le piante in città non sono natura sic et simpliciter ma ambienti artificiali con costi ed esigenze precise da gestire.
«Pescia – ha affermato il sindaco Giurlani – è da sempre città del verde e del florovivaismo, ma anche della montagna, dei boschi e della vivibilità. Fin dall’inizio del mandato abbiamo avviato un censimento sul verde pubblico, che dopo il 5 marzo abbiamo intensificato verificando la pericolosità delle aree verdi e anche il loro aspetto estetico. L’assessore Marco della Felice ha fatto un lavoro di monitoraggio certosino in tal senso». «Il verde va coltivato e mantenuto – ha continuato Giurlani – e uno degli obiettivi del nuovo piano operativo (l’ex regolamento urbanistico) è rendere Pescia sempre di più città del verde, città green, per questo il piano dovrà contenere indicazioni su come riqualificare tutto il verde urbano ma anche le aree boscate fuori dal centro. Inviteremo le associazioni di categoria a cooperare con l’amministrazione comunale nella elaborazione del piano operativo». Il quale non riguarderà ovviamente solo le aree verdi ma, come ha sottolineato il sindaco, tutto il territorio comunale, compresi i terreni dove si fa agricoltura e floricoltura. Oreste Giurlani ha ricordato anche che nel Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana «a Pescia viene creato uno degli osservatori del paesaggio presso la Fondazione Carlo Collodi, quindi avremo uno di quei cinque o sei osservatori previsti a livello regionale, ciascuno dei quali dovrà presidiare una determinata varietà di paesaggio. Questo è il frutto di una nostra battaglia in Regione». «Non dimentichiamo infine – ha concluso Giurlani – che Pescia e Collodi sono state inserite nel programma di Pistoia capitale della cultura 2017 dall’amico Samuele Bertinelli (il sindaco di Pistoia, ndr) e cercheremo di cogliere anche questa opportunità».
Il presidente del Distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia Francesco Mati è intervenuto dopo la relazione tecnica di inquadramento a 360 gradi delle questioni del verde pubblico e privato da parte della curatrice dell’incontro Sonia Cacini, ricercatrice del Crea-Viv di Pescia, che ha tra l’altro messo in evidenza come in questo ambito si investa troppo poco e spesso in malo modo: il Comune di Pescia, in media nazionale, ha ad esempio finora «investito circa 20/30 mila euro all’anno, cioè più o meno 1 euro a cittadino»; e ovunque in Italia, quando si fanno opere pubbliche, si scelgono piante sbagliate, mal collocate e senza i necessari investimenti in manutenzione. Dal presidente del distretto vivaistico sono arrivate alcune idee e indicazioni con precise ricadute politico-economiche di settore a integrazione delle osservazioni della ricercatrice del Crea-Viv di Pescia. Ad esempio, nonostante che la sua relazione fosse intitolata “Importanza della qualità delle piante da impiegare nel verde urbano: la pianta giusta al posto giusto”, Mati ha sì confermato che è sbagliato scegliere le piante solo in base all’aspetto estetico senza considerarne le proprietà botaniche, ma si è soffermato con più calore sulla questione dell’investimento in manutenzione: «quando introduciamo una pianta in un ambiente, finché questa non è autosufficiente, dobbiamo investire in un impianto di irrigazione a goccia. Come deve essere un albero di qualità è difficile da spiegare ai non addetti ai lavori, facendogli capire perché le produzioni dei nostri vivai pistoiesi sono superiori (a quelle di altre aree geografiche magari a costi minori, ndr), ma la necessità di fare una buona manutenzione del verde dovrebbe essere comprensibile a tutti». «Vent’anni fa – ha aggiunto Mati – venivano dalla Turchia a prendere da noi le piante di scarto, perché non potevano permettersi quelle più care. Ma in realtà non esistono piante di scarto: tutte le piante, se ben accudite, possono essere recuperate. I turchi hanno comprato piante da poco prezzo e hanno invece investito in giardinieri. Così, quando poco più di tre anni fa sono stato a Istanbul, ho visto una cura delle aree verdi che noi ci sogniamo, con tutte le aiuole fiorite ecc. ecc. E’ un problema culturale. Del resto da noi si pensa che chiunque sia nipote di un contadino possa mettere in discussione il lavoro di chi ha studiato per diventare giardiniere. Il problema sta nelle leggi». Il presidente del distretto vivaistico ha concluso ricordando l’importanza del turnover degli alberi nei parchi urbani, perché oltre una certa età degli alberi – età che varia a seconda della specie di pianta - «costa meno sostituirli che curarli».
Dopo la relazione a carattere più tecnico sul tema “Gli alberi: organismi che crescono e invecchiano. Criticità legate alla valutazione di stabilità degli alberi e possibili interventi” dell’agronomo Giulio Lotti, specializzato in indagini di stabilità degli alberi, ha chiuso i lavori l’assessore Marco della Felice che ha esordito dicendo: «scontiamo dei ritardi enormi in questo campo non dal punto di vista della ricerca, ma da quello del ricambio degli alberi che non è stato mai fatto». E ora, per di più, il clima sta cambiando e rendendo più urgente affrontare il problema. Per quanto riguarda la voce “arredo pubblico e verde urbano”, ha proseguito della Felice, il Comune è partito l’anno scorso «con qualche migliaio di euro, che quest’anno sono diventati un po’ di più. Ma nel documento unico di programmazione abbiamo previsto non solo mantenimento di aree verdi, ma anche reimpianto di alberi e piante con risorse importanti: 80 mila euro all’anno nei prossimi 3 anni». L’assessore ha poi parlato, come esempio di buona gestione del verde, anche se non urbano, del Pif sulla filiera del bosco progettato dal Comune di Pescia che dovrebbe valere 2 milioni e 300 mila euro di investimenti nel territorio comunale, soprattutto montano, e nei dintorni.
Nel corso delle relazioni tecniche sono venuti fuori spunti interessanti sulle funzioni del verde e sulle disfunzioni delle nostre aree verdi. Ad esempio, Sonia Cacini ha affrontato i seguenti possibili benefici del verde: produzione di ossigeno, miglioramento del microclima, riduzione del rumore, purificazione dell’aria, miglioramento del bilancio idrico (si pensi a bio garden, rain garden o bioswales), controllo dell’erosione, funzione frangivento, ombreggiamento con abbattimento delle temperature medie di diversi gradi, funzioni paesaggistica e architettonica, e culturale con orti botanici e arboreti, aumento di circa il 20% dei valori immobiliari, impulso al commercio grazie alla riduzione delle isole di calore di molti centri commerciali, piante terapeutiche e giardini ludici, orti sociali. Ma, affinché questi benefici si manifestino, come ha concluso la ricercatrice del Crea-Viv di Pescia, «la gestione deve essere dinamica, programmata ed eseguita da persone competenti, e richiede cure agronomiche perché le aree verdi sono coltivazioni, non manufatti». Basti mettere a confronto le differenti conseguenze di una potatura corretta e di una rozza capitozzatura. Mentre Giulio Lotti ha fra l’altro illustrato le difficoltà e i metodi che si usano per discriminare quando una pianta inizia la fase senescente, le problematiche di pini e tigli negli ambienti urbani, quando il tomogramma di un albero è preoccupante per la stabilità di un albero (se, ad esempio, il 30% del raggio del tronco a partire dall’esterno ha legno sano, sovente non importa che, come in molti ulivi secolari, l’interno sia cavo) e alcuni indizi relativi al suolo intorno alla base dell’albero al cui verificarsi è bene chiedere il controllo degli esperti.
Lorenzo Sandiford