Giordano Pascucci sul lavoro agricolo in Toscana fra buoni dati, addio ai voucher e caporalato
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Il direttore di Cia Toscana, in occasione dell’incontro del 27 marzo a Firenze sul tema “Agricoltura è lavoro”, illustra la situazione della nostra regione. Per Pascucci l’occupazione tiene e i casi caporalato sono pochi, ma chiede attenzione alle infiltrazioni malavitose mirate a fare acquisizioni per riciclare denaro sporco. L’abolizione dei voucher? Un errore che lascia scoperte alcune aree del lavoro agricolo.
Oltre 100 mila lavoratori considerando anche stagionali, autonomi e familiari. A tanto ammonta l’occupazione generata dall’agricoltura toscana. Ma dietro a questo dato generale si cela una casistica molto variegata, in cui è facile confondersi, causata soprattutto dalle differenti classificazioni di imprese e lavoratori agricoli a seconda delle differenti fonti normative a cui si fa riferimento.
E’ quanto emerso ieri all’incontro “Agricoltura è lavoro” organizzato da Cia Toscana a Firenze nella sala Pegaso della Giunta regionale. Nel 2015 erano 22.912 i lavoratori autonomi iscritti all’Inps, con 8.380 datori di lavoro. Fra questi, ha spiegato Cia Toscana, sono 5.002 le imprese agricole in economia, mentre risultano 3.173 coltivatori diretti che sono iscritti come autonomi ma hanno anche dipendenti. I datori di lavoro con dipendenti sono 6.425 che occupano circa 55.432 lavoratori. Il dato ancora più significativo è relativo al numero degli occupati: 2.276 imprese hanno un solo dipendente fisso, 1.269 due dipendenti, 1.541 da tre a cinque e 665 imprese da 6 a 9. E ancora: 5.751 imprese agricole hanno meno di 10 dipendenti, solo 432 da 10 a 19, 193 da 20 a 49, 38 da 50 a 99, 13 da 100 a 199 e 7 da 200 a 500 dipendenti. Inoltre ci sono i dipendenti a tempo determinato, gli stagionali e qui i numeri sono diversificati per ogni anno a seconda dell’andamento stagionale, dei cicli colturali, dei “picchi” di alcune produzioni, tutti aspetti che modificano anche in maniera significativa le giornate che vengono dichiarate.
A Giordano Pascucci, direttore di Cia Toscana, Floraviva ha chiesto un aiuto a orientarsi fra i dati, cogliendone gli aspetti più significativi, e di dire la sua sui temi di attualità: dalla cancellazione dei voucher ai casi di caporalato che hanno toccato anche l’agricoltura regionale.
«L’agricoltura – ha esordito Pascucci - è un settore che dà lavoro, dà occupazione sia a lavoratori autonomi che lavoratori dipendenti. E’ un settore che occupa quasi 100 mila complessivamente solo nella parte primaria, e poi c’è tutto l’agroalimentare. Quindi è un motore di sviluppo, è un settore produttivo che crea occupazione, crea coesione sociale, oltre che contribuire al mantenimento del territorio e dell’ambiente».
Come tipo di occupazione, se non ho letto male i dati, c’è un po’ più sbilanciamento sui lavoratori autonomi rispetto ad altri settori.
«Sì il lavoratore autonomo è un elemento importante, perché sono oltre 22 mila le imprese agricole di lavoratori autonomi e circa 30 mila i soggetti iscritti all’Inps. Chiaramente è una bella forza lavoro se consideriamo che gli occupati dipendenti sono circa 55/60 mila all’anno. Quindi è una quota importante, ma che denota la caratteristica dell’agricoltura toscana, fatta di piccole imprese diffuse nel territorio. La stragrande maggioranza delle 8 mila 300 imprese che hanno dipendenti, vale a dire oltre 6 mila, ha meno di 3 dipendenti, quindi si tratta di realtà medio-piccole dove si utilizza prevalentemente la manodopera familiare e poi ci si aiuta anche con i lavoratori dipendenti. Quelle che invece occupano prevalentemente o esclusivamente manodopera dipendente sono qualche migliaio e importanti, ma comunque anche queste medio-piccole, se paragonate agli altri settori produttivi».
Come sono stati i dati dell’occupazione agricola nel 2016 rispetto al 2015?
«Complessivamente l’agricoltura tiene dal punto di vista produttivo e anche dal punto di vista degli occupati, e in alcuni casi c’è anche una leggera crescita. Dal punto di vista economico il valore dell’agricoltura resta abbastanza stabile, al netto delle crisi congiunturali di alcuni settori tipo i cereali…»
Quanto vale ora il settore agricolo in Toscana?
«2,8 miliardi, più del 2,5% del Pil toscano. A livello nazionale siamo sotto il 2% e a livello toscano siamo tra il 2,5 e il 3%».
Passando ai temi caldi di questi giorni, qual è la posizione di Cia Toscana sulla cancellazione dei voucher?
«E’ stato fatto un errore e un danno per l’agricoltura, che viene penalizzata, una mancata opportunità per alcune categorie. Chi pensa che togliendo i voucher si crea occupazione probabilmente si sbaglia. Chi utilizzava i voucher, che in agricoltura era una percentuale modesta rispetto ad altri settori produttivi e con un uso corretto, rischia di finire nel precariato piuttosto che nella stabilizzazione del rapporto di lavoro».
Cosa vorreste, un ripristino o avete in mente un’alternativa a questo punto?
«Il ripristino mi sembra difficile nel momento in cui c’è una legge che è stata fatta qualche giorno fa. Rimane un’area scoperta. Che alcune attività diciamo stagionali, fatte da studenti, da pensionati, da soggetti che le svolgono solo saltuariamente, vengano inquadrate come lavori dipendenti può darsi che sia possibile, allora però c’è da fare un’altra cosa: semplificare le norme, renderle più snelle e agevoli, perché così come sono oggi scoraggiano un’impresa ad assumere manodopera sia fissa che a tempo determinato stagionale».
Riguardo a fenomeni come il caporalato e altre irregolarità del lavoro, lei ha già sostenuto che per fortuna in Toscana sono minime e inferiori che in altre settori…
«Ci sono dei fenomeni che sono classificati come caporalato, che sono a latere dell’attività agricola perché non sono opera di imprese agricole ma di agenzie d’intermediazione e prestazioni di servizi, che possono essere utili anche per il mondo agricolo, che vanno monitorate evitando che ci sia ogni tipo di sfruttamento dei lavoratori. Però parlare di un fenomeno diffuso di caporalato nella nostra regione mi sembra un po’ eccessivo, perché pochi casi non implicano una situazione del genere. Bisogna piuttosto stare attenti a un altro fenomeno altrettanto preoccupante che è quello delle infiltrazioni malavitose nel settore agricolo, che magari per ripulire denaro sporco preferiscono acquisire imprese e attività anche di prestigio. Quest’area va attenzionata, per cui va bene il protocollo della Regione Toscana, a cui abbiamo aderito e siamo nella cabina di regia, perché crediamo che il monitoraggio sia utile, soprattutto per fare un po’ di concorrenza leale, invece che sleale, per far competere alla pari le aziende rispettose delle regole».
Che cosa proponete alla Regione e al presidente Rossi, con cui avete organizzato l’incontro, in questo ambito?
«Naturalmente la materia del lavoro è normativa di livello nazionale e la Regione può fare poco da questo punto di vista se non con i centri per l’impiego e il protocollo sul caporalato prima citato, però è chiaro che anche nella attività di vigilanza e simili bisogna fare in modo che la Regione faccia sentire la sua voce a livello nazionale e magari ci dia una mano a correggere le norme sbagliate e sproporzionate che non favoriscono l’assunzione di manodopera».
Lorenzo Sandiford