Da Flormart un messaggio al Governo: non fermate il bonus verde!

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Dalle associazioni di categoria presenti alla tavola rotonda inaugurale di Flormart sulle prospettive del florovivaismo italiano la richiesta al Governo di rifinanziare l’agevolazione fiscale sulle aree verdi private e di considerare le piante come parte centrale della pianificazione territoriale. Proposta provocatoria di Scanavino (Cia): facciamo le mitigazioni ambientali prima delle costruzioni edili. Odorizzi (Coldiretti): il florovivaismo per competere deve capire meglio il mercato scegliendo le varietà giuste da lanciare, magari partendo da quelle locali. Mattioli (Confartigianato Imprese del Verde): in Italia le vere ditte di manutenzione del verde o giardinieri sono 19 mila, assai meno di chi opera nel comparto, il bonus verde ha dato spazio ai regolari. 

 
Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Confartigianato Imprese del Verde sono unite nel rivendicare l’importanza socio-economica del florovivaismo e di tutta la filiera green e chiedono al Governo di insistere sul cosiddetto bonus verde: la detrazione fiscale introdotta quest’anno delle spese per la sistemazione di aree verdi private (dai giardini ai balconi) effettuate nel 2018 da professionisti in regola, analogamente a quanto succede da tempo per altri tipi di lavori nelle case.
E’ quanto emerso con evidenza al convegno-tavola rotonda “Le nuove prospettive nazionali e internazionali del florovivaismo italiano oggi - Il contributo dell'Italia all'Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile” con cui è stato inaugurato il 19 settembre il 69° Flormart, il salone professionale del florovivaismo dell’architettura del paesaggio e delle infrastrutture verdi di Padova. Un messaggio rivolto al Mipaaft (Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo) e più in generale a tutto il Governo.
Prima della tavola rotonda vera e propria c’erano stati il saluto del presidente di Fiera di Padova / Geo spa Andrea Olivi, l’intervento introduttivo del direttore Ricerca e gestioni agroforestali di Veneto Agricoltura Giustino Mezzalira e due relazioni del responsabile del tavolo tecnico del settore florovivaismo del Mipaaft Alberto Manzo e del docente di arboricoltura nonché presidente della Scuola agraria dell’Università di Firenze Francesco Ferrini. Mezzalira ha fra l’altro sottolineato che oggi non esiste più la distinzione netta fra città e campagna e che la progettazione del verde deve essere olistica e non di contorno, cioè progettare vere e proprie infrastrutture verdi. Inoltre ha ricordato che circa il 30% della superficie agricola a vivaio europea è in Italia e che la filiera florovivaistica italiana genera un giro d’affari intorno a 2,6 miliardi.
Anche Alberto Manzo ha fornito alcuni dati del settore, ad esempio che la sua plv (produzione lorda vendibile) sta crescendo dall’ultima stima del 5% al 7% di quella agricola totale. Poi ha segnalato che il tavolo tecnico, creato con decreto ministeriale 18353 del 14 dicembre 2012, sta per essere aggiornato secondo le direttive del nuovo Governo e che il piano di settore triennale è scaduto nel 2016 e deve essere riproposto. Manzo ha illustrato alcuni dei progetti portati avanti sinora, fra cui il “Progetto Qualiviva” sulla qualità «attraverso l’utilizzo e la divulgazione delle schede varietali e di un capitolato unico di appalto per le opere a verde», e ha messo in evidenza che gran parte delle linee di azione del precedente piano di settore sono ancora attuali, sebbene siano già pronti i ritocchi ad alcuni degli obiettivi, ad esempio a proposito di progettazione del verde.    
In una relazione intitolata “Al di là del cancello del vivaio: il contributo del vivaismo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” il prof. Francesco Ferrini ha prima sostenuto che il vivaio è ancora troppo separato dal resto della filiera del verde, con cui invece deve imparare a comunicare, diventando di fatto «il primo momento della progettazione di verde pubblico e privato». Inoltre ha sostenuto che il settore florovivaistico può dare un contributo notevole in ben 8 degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile: 3 buona salute e benessere, 4 educazione alla qualità, 5 acque pulite, 9 innovazione e infrastrutture, 10 riduzione delle disuguaglianze, 11 città e comunità sostenibili, 13 clima, 16 pace, giustizia e solide istituzioni. Ferrini li ha illustrati uno per uno mostrando con dati alla mano i tipi di benefici che possono derivare da aree verdi ben progettate con le piante adatte ai contesti e agli scopi prefissati. Tra i molti dati presentati, un grafico che mostra chiaramente quanto diminuiscano le morti per problemi cardiaci all’aumentare della percentuale di aree verdi delle città.
Al di là della condivisa richiesta di rifinanziare il bonus verde, i relatori della tavola rotonda hanno messo a fuoco alcune criticità del settore e suggerito alcuni cambiamenti nelle politiche riguardanti la filiera florovivaistica. Il presidente di Cia – Agricoltori italiani, Dino Scanavino, ha detto che il florovivaismo «è ai margini della comunicazione del settore agricolo» ed è sottostimato l’apporto che esso dà alla buona organizzazione del paesaggio e dei sistemi urbani. «Oggi anche nelle realtà rurali – ha detto Scanavino – la maggior parte della popolazione non è agricola e quindi ha necessità di parchi urbani più o meno come nelle grandi città. Quindi il tema dell’incrocio fra florovivaismo e programmazione urbanistica è un tema vero, non sufficientemente praticato». Scanavino ha avanzato una proposta provocatoria: bisogna che le opere di mitigazione ambientale connesse alle opere edilizie vengano fatte prima dell’avvio dei cantieri edili, per lanciare un messaggio sulla loro importanza. «Noi agricoltori – ha concluso – vogliamo essere protagonisti dei percorsi di riqualificazione del territorio e del paesaggio», per il bene anche del turismo.
Pier Andrea Odorizzi di Coldiretti, dopo aver osservato che «oggi il bosco entra in città e persino dentro le case», ha sostenuto che il florovivaismo per competere deve «dialogare meglio con la ricerca e capire meglio il mercato scegliendo le varietà giuste da lanciare, magari partendo da quelle locali». «Nel cibo – ha aggiunto – possiamo contare un po’ sul consumo interno, e anche per le piante orticole e da frutto, ma per le piante ornamentali, forse ci siamo fissati su uno schema» che non funziona più. «Dobbiamo ripartire – ha sostenuto Odorizzi - da un modello di città intelligente», con un verde non solo decorativo ma capace di interagire con il contesto urbano e con le caratteristiche botaniche idonee. Infine, tra i difetti delle attuali politiche florovivaistiche, Odorizzi ha indicato la presenza nel piano di settore di tante cose, troppe: «dobbiamo dare delle priorità». Ad esempio, certificazioni genetiche sulle piante che esportiamo, tali da garantire che non sono malate.
Ultimo a intervenire, dopo la relazione del responsabile “florovivaismo” di Confagricoltura Francesco Mati (su cui abbiamo già scritto qua), è stato Christian Mattioli, presidente nazionale di Confartigianato Imprese del Verde. Per Mattioli uno dei problemi in Italia è che «ci sono capitolati a verde fatti a prova di laureato, ma poi spesso l’applicazione non c’è perché mancano le verifiche». Così succede che spesso vediamo alberi e piante inadatti ai luoghi in cui sono collocati. «Negli ultimi 30 anni il sistema florovivaistico e della manutenzione e progettazione del verde – ha detto Mattioli – si è modificato molto ma è sempre stato disorganizzato. Oggi invece siamo tutti seduti insieme». Grazie a ciò e al contributo di Alberto Manzo siamo così riusciti a «ottenere il requisito delle ore minime di formazione in giardinaggio» per diventare manutentore del verde. Infine, sul bonus verde, Mattioli ha affermato: «sta funzionando, cerchiamo di rifinanziarlo per il prossimo triennio». Come ha argomentato, «non si tratta semplicemente della richiesta di una lobby di settore, ma è una questione di lavori fatti a norma e in sicurezza, con lavoratori tutelati: aziende con partita Iva ma pure competenze verificate». E, per dare concretezza all’argomentazione, ha ricordato che oggi in Italia sono 19 mila le ditte per la manutenzione del verde ufficiali (codice Ateco 81.30), di cui circa 6 mila rappresentate da Confartigianato. Numero troppo piccolo, 19 mila, ha detto, perché ad operare in questo comparto sono anche aziende di pulizie, edilizia e addirittura legno-mobili, senza dimenticare l’esercito dei sommersi.
 
Lorenzo Sandiford