Da Flormart al Mipaaf le istanze di alcuni esponenti toscani di punta del florovivaismo
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Genovali (Piante e fiori d’Italia): tavolo di filiera entro metà ottobre per far partecipare i floricoltori, ridurre a 3 i punti di varco per le derrate agroalimentari, un’associazione di filiera aperta anche ai non produttori. Cappellini (Anve): utile anche un primo piccolo ecobonus per i giardini privati, regolamenti del verde obbligatori e bandi separati da quelli dell’edilizia, il vivaismo forestale. Chiti (Cia florovivaismo): la richiesta d’incontro dal Mipaaf prova che c’è più «cultura del verde», ora incentiviamo le reti d’impresa contro la frammentazione. Grassotti (Mefit): più risorse per la sperimentazione e più peso ai mercati di fiori.
Pochi obiettivi con tempi e finanziamenti certi, incentivi al consumo interno di piante anche coinvolgendo altri ministeri. Sono le esigenze generali della filiera del florovivaismo e del verde emerse all’incontro del 21 settembre al Flormart di Padova sul tema “Il nuovo piano florovivaistico 2017-2019 – Proposte di lavoro in cantiere secondo gli attuali scenari nazionali ed internazionali”, in cui diversi rappresentanti di spicco della filiera si sono potuti confrontare con il responsabile florovivaismo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) Alberto Manzo. Incontro durante il quale Manzo ha annunciato, per conto del vice ministro del Mipaaf Andrea Olivero, che sarà convocato un tavolo di filiera in ottobre per portare avanti i lavori in vista del nuovo piano nazionale del florovivaismo (vedi nostro servizio “A ottobre incontro al Mipaaf sul Piano florovivaistico 2017-19”, 22 settembre).
Ma Floraviva non si è accontentata e nelle successive giornate del 67° salone professionale di Padova (21-23 settembre scorso) ha cercato di capire meglio quali siano le questioni più scottanti del florovivaismo con alcuni degli esponenti toscani di punta del florovivaismo nazionale che avevano partecipato all’incontro del 21. Ecco una sintesi dei colloqui, rispettosa dell’ordine in cui sono avvenuti, separatamente, in margine ai vari appuntamenti di Flormart. A cominciare da quello con Antonio Grassotti, amministratore unico del Mercato dei fiori della Toscana – città di Pescia (Mefit).
«Questo è un settore che ha attraversato grandissime difficoltà – ha esordito Grassotti -, ma che sta lavorando per riemergere e per ritornare ad essere un settore trainante, in particolare per quanto riguarda il vivaismo, con una serie di problematiche, viceversa, nel comparto fiori, ché è quello che più direttamente seguo». «Ho trovato molto interessante l’incontro – ha continuato - perché intanto è il primo passo verso l’aggiornamento del piano florovivaistico nazionale e sono emerse già delle criticità. E mi è parso che una di queste sia anche la necessità di aggiornarlo rispetto ai piani precedenti su alcuni aspetti. E’ stato evidenziato che forse il periodo più buio del settore è terminato, cioè toccato il fondo sembra che si cominci a risalire, sia pure con percentuale quasi insignificante. Certo, il fatto che abbiano chiuso tantissime aziende deve far riflettere, perché è dipeso da un mancato rinnovamento e ricambio delle aziende e quindi invecchiamento e, progressivamente, abbandono. Ma hanno chiuso anche perché non più competitive sul mercato. E allora dal confronto e dal tavolo devono venire le idee per far sì che le criticità di tipo tecnico-amministrativo scompaiano».
«Ho sentito molti richiami alla ricerca e sperimentazione – ha aggiunto Grassotti - la verità è che poi devono essere investite anche in questo settore delle risorse importanti e quindi è da considerare assolutamente positiva la posizione del rappresentante ministeriale che ha dato per certa la convocazione nel mese di ottobre al Ministero per un incontro, da una parte, con il viceministro delle politiche agricole, dall’altra, con il presidente della commissione agricoltura e con tutti gli attori dell’incontro del 21, probabilmente ampliato anche ad altri. Io personalmente ho chiesto al funzionario del Ministero che includa anche i rappresentanti dei mercati floricoli come quello che io rappresento, proprio perché da lì, da quell’incontro, incominci la redazione di questo piano che deve essere il piano del rilancio e della rinascita, se vogliamo usare questo termine, di un settore che è fondamentale per l’economia del Paese e in particolare di certe zone…». Grassotti ha infine ricordato la lettera a nome del sindaco di Pescia Giurlani da lui consegnata a Manzo perché la dia ad Olivero, in cui si chiede la costituzione di un tavolo permanente dei mercati floricoli italiani (vedi nostro articolo “Pescia chiede a Olivero un tavolo permanente dei mercati di fiori” 22 settembre).
La convocazione di un tavolo di filiera è stata molto apprezzata anche da Roberto Chiti, responsabile nazionale florovivaismo della Confederazione italiana agricoltori (Cia): «è stato annunciato che il vice ministro Olivero ha richiesto di avere un confronto con la filiera e questa è già una notizia importante, perché solitamente siamo noi a chiedere gli incontri e, invece, che la richiesta venga dalla politica, secondo me, è sintomo del fatto che la cultura del verde in Italia sta crescendo e che quindi, anche nell’ambito della cittadinanza, viene fuori un qualcosa in più e di diverso rispetto al passato, che ci può consentire di fare delle proposte che abbiano la speranza di venire concretizzate, perché le proposte in realtà le avevamo fatte anche in passato. I tavoli di filiera che si sono susseguiti negli anni passati hanno individuato quelle che sono le criticità e le esigenze. Il problema è che le richieste sono rimaste in gran parte lettera morta, perché evidentemente sono stati enunciati dei buoni principi, ma le risorse non sono mai state messe in campo, non c’è stata la volontà politica di risolvere davvero la situazione, cosa che ci dobbiamo porre come obiettivo invece per il prossimo piano di settore».
Come perseguire tale fine? «Le richieste che sorgeranno da questo confronto – ha risposto Chiti - dobbiamo chiedere che vengano portate all’attenzione del parlamento e del governo perché possano trovare soluzione. Parliamo di internazionalizzazione, parliamo di filiera, parliamo di tutela dal punto di vista fitosanitario. Tante questioni sono state già individuate, si tratta di mettere a punto delle soluzioni. A partire da quello che stiamo chiedendo da molto tempo: gli incentivi per le opere a verde» (vedi nostro articolo “Quali speranze per un bonus fiscale sugli interventi a verde dei privati entro il 2017?” del 14 luglio). Quindi il primo punto è proprio questo del bonus fiscale per gli interventi a verde dei privati? «E’ uno dei punti – ha replicato Chiti - poi ce ne sono sicuramente altri». E un’altra idea sentita all’incontro del 21 settembre a Flormart che lo convince? «L’idea che credo sia da riprendere – ha detto - è la collaborazione fra aziende, le reti di impresa. Questo settore è formato per la stragrande maggioranza da piccole e piccolissime aziende. Si tratta di creare delle sinergie tra di loro e credo che il ministero possa fare molto da questo punto di vista, incentivando, sostenendo e promuovendo».
Per Marco Cappellini, presidente dell’Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve), uno degli aspetti più interessanti venuti fuori anche all’incontro del 21 settembre, e in ogni caso fondamentale di per sé, è «la ricerca continua di unità che c’è a livello di associazionismo». Quando ha iniziato l’avventura come presidente di Anve ha trovato «un frazionamento di tutte quelle che sono le realtà di rappresentanza a livello distrettuale, provinciale, regionale ecc.», ma a suo avviso «c’era bisogno e c’è bisogno (perché l’opera non è finita e magari qualcuno rimarrà un po’ a bocca storta) di portare unità». Poiché l’unità consente di avere più peso nell’avanzare certe richieste normative sia sul governo italiano che a livello europeo. «Come ha detto qualcuno all’incontro, bisogna incominciare a parlare di vivaismo europeo e non più italiano, o tanto meno toscano o ligure». Cappellini pare più ottimista del presidente dell’Associazione nazionale Piante e Fiori d’Italia Cristiano Genovali rispetto alla facilità di raggiungere quell’unità d’intenti ritenuta necessaria da entrambi, visto che non ritiene significative le differenze richiamate da Genovali fra comparti del fiore reciso, delle piante fiorite in vaso e delle piante da esterno (vedi nostro servizio “A ottobre incontro al Mipaaf sul Piano florovivaistico 2017-19”, 22 settembre). Per lui al massimo si deve distinguere fra i comparti del fiore reciso da un lato e delle piante ornamentali da interno o da esterno dall’altro. E, «casomai se c’è un problema di partenza è la mancanza di un’associazione nazionale floricola», che riunisca tutte le realtà che si occupano di fiore reciso. «Però – ha detto - io non sono d’accordo sul fatto che i problemi del fiore reciso siano poi molto diversi da quelli del vivaismo. Tanto più ora, dopo la crisi». Quindi avanti con l’unità e «su pochi ma chiari obiettivi. Una volta che si hanno gli obiettivi, si può andare al tavolo di filiera, poi passare alla Conferenza Stato-Regioni e poi al Governo».
Quali sono le istanze prioritarie per Cappellini? Innanzi tutto l’ecobonus, cioè la detraibilità fiscale, sulle opere a verde dei privati. «Il progetto è giusto e lineare – ha osservato – il problema sono i fondi necessari, perché richiede un discreto stanziamento da parte del governo». Cappellini ha spiegato che sono state fatte alcune stime: il valore dei lavori potrebbe aggirarsi fra 800 milioni e 1 miliardo e 200 milioni e, in relazione a quella cifra e alla percentuale detraibile stabilita nonché alle franchigie previste, si arriverebbe a stanziamenti statali molto diversi, che potrebbero variare da 50 a 200 milioni. «Poi – ha aggiunto - noi siamo interessati anche al collegato agricolo, che è un documento enorme. I passaggi sul florovivaismo si leggono con la lente di ingrandimento, sono tre o quattro righe. Però sono interessanti. Per esempio il discorso relativo al vivaismo forestale: il ministero pare molto interessato al ripristino e alla riorganizzazione del vivaismo forestale». Cioè il vivaismo legato agli impianti boschivi, a riprodurre piante per i boschi.
«L’altra cosa per me importante – ha detto Cappellini - è quella di distinguere nettamente i bandi dell’edilizia da quelli del verde: il mattone lo segue chi fa il mattone, e il verde lo segue chi fornisce piante, manutiene e progetta». Idealmente le aziende florovivaistiche iscritte al Registro ufficiale dei produttori e i giardinieri. Ma non è tutto. Cappellini chiede anche l’imposizione di veri e propri regolamenti del verde. «Io devo sapere – ha argomentato – per la qualità dell’aria di una certa città quale dotazione di verde è necessaria… Una cosa è certa: se si fa il regolamento del verde separato da quello urbanistico, allora è chiaro che la separazione dei bandi viene da sé».
Il presidente dell’Associazione Nazionale Piante e Fiori d’Italia Cristiano Genovali ha ricordato che «metà dell’universo floricolo, cioè il reciso, avendo una scadenza che è quella dei defunti, dalla metà del mese di ottobre in poi non potrà essere presente», ed ha pertanto chiesto innanzi tutto che il tavolo della filiera florovivaistica venga anticipato alla «prima decade del mese». «Se questo avverrà – ha continuato - sicuramente parteciperemo tutti compatti. Perché ci sono parecchie questioni da riscrivere e inserire nel nuovo piano florovivaistico».
Quali questioni sono più urgenti? «La più importante dal mio punto di vista – ha affermato Genovali - è l’uso minore dei fitofarmaci: è imprescindibile una presa di posizione del ministero sulla carenza di molecole per la lotta contro le avversità in floricoltura: qui bisognerà capire come interagire con le ditte che producono e che devono spendere denari per la registrazione presso il Ministero della salute perché le aziende florovivaistiche si trovano con una carenza di molecole per poter combattere e… ». Cioè i prodotti che vengono dati non sono sufficienti? «Non sono sufficienti perché c’è stata una scrematura da parte del Ministero della salute di moltissime molecole che non vengono riregistrate per i cosiddetti usi minori. Sono molecole che sono molto valide per curare o colpire un’avversità che magari è su produzioni che posso andare dal frutticolo al cerealicolo e così via, però, non essendo registrate sul floricolo, non possono essere somministrate. Quello degli agrofarmaci è il tema dei temi in questo momento».
Altre questioni? «Poi sicuramente – ha risposto Genovali - anche quello che è stato detto il 21 all’incontro: la promozione, la necessità di fare sistema. La promozione di tutti i comparti del florovivaismo, ma in particolare del fiore reciso, in cui è avvenuta la moria principale di aziende negli ultimi anni. Il focus sulle aziende floricole è attuale in questo momento, perché a livello globale c’è un piccolo trend di crescita ed è vero che forse la congiuntura sta cambiando. Però ci vogliono degli aiuti, anche immateriali agevolando delle strutture capaci di fare massa critica dal punto di vista della promozione, perché il mercato italiano è quello più in crisi a livello internazionale. Ma se si vanno a vedere i dati dell’import export, noi importiamo la stragrande maggioranza di fiori recisi, che vengono purtroppo da Paesi terzi e sappiamo bene a chi mi riferisco, cioè al competitor mondiale che è l’Olanda».
Riguardo alla difficoltà oggettiva di partenza verso l’unità del settore, Genovali conferma che «le aziende che producono fiore reciso e le aziende che producono alberature primarie e le aziende che producono piante fiorite in vaso sono tre tipologie economiche completamente diverse, sia dal punto di vista strutturale, di dimensioni e impiego di personale, che di esigenze, quindi sono tre comparti… e addirittura, se pensiamo alla produzione di piante aromatiche, penso alla zona di Albenga ma anche a Latina o alla Sicilia, questo sarebbe un quarto comparto a sé. Quindi non è che io voglio stare a distinguere l’indistinguibile, è così nei giochi. Poi che si debba fare un lavoro di squadra lo auspichiamo tutti, e io per primo, e l’ho anche detto alla conferenza di ieri». L’obiettivo ultimo, per Genovali, è un’associazione nazionale che possa fare promozione a 360 gradi e che possa occuparsi di tutte le problematiche del settore: «di importazione, di esportazione, di collaborare con i ministeri dell’ambiente e della sanità per le avversità dei patogeni, perché non ci scordiamo che ora si parla molto di Xylella ma prima ce ne sono stati altri 8 di cosiddetti agenti alieni che sono intervenuti a danno di produzioni italiane: il punteruolo rosso, che ha distrutto tutti i palmeti di Phoenix canariensis in Italia, prima ancora il cinipide del castagno, ecc». «Quindi – ha insistito - questo è un punto di allarme da mettere a fuoco perché è impensabile che un Paese come l’Italia, che ha dei competitor internazionali dove per fare entrare delle derrate c’è un unico punto di varco, ne abbia 130 di punti di varco per i prodotti agroalimentari. Io dico al massimo tre: uno al nord, uno al centro e uno al sud. Inoltre si deve insistere con il sistema fitopatologico nazionale per far sì che sia più efficiente, perché la Francia – e il riferimento è al caso delle arance dal Sudafrica - in tre giorni riesce a bloccare e mettere in quarantena un’intera produzione di un Paese terzo, mentre all’Italia servono 6, 7 mesi». «Dobbiamo essere pronti – ha detto Genovali -, perché delle palme forse ne possiamo fare a meno, con gli olivi la cosa è già più problematica, ma se viene attaccata la vite, che cosa succede in Italia?».
L’ultima osservazione di Genovali riguardava le fiere ma anche l’unità della filiera florovivaistica e del verde. «Bisognerebbe sforzarsi – ha sottolineato - di fare quello che viene fatto anche all’estero, ovvero riuscire a portare dentro le fiere anche quel mondo che non è rappresentato dai produttori. Penso ad esempio ai negozi di fiori. Penso ai garden. Penso ai giardinieri. Perché altrimenti non si crea una visione puntuale e completa della filiera. La filiera non è solo chi produce fiori, chi produce piante e chi produce alberature primarie. Questa è la parte produttiva della filiera. Poi dentro la filiera c’è chi lavora il prodotto, chi disegna giardini…». Forse ci vorrebbe un’associazione rappresentativa dell’intera filiera? «Ma ci deve essere sicuramente un’associazione che abbracci tutta la filiera! – ha risposto - o per lo meno che arrivi a quei quasi 15 mila negozi di fiori in Italia che sono rappresentati da 2 sindacati e che ci si metta in contatto con essi. Ciò potrebbe fare del bene al settore».
Lorenzo Sandiford