Rossi a Renzi: "Rivediamo le misure in caso di calamità"
-
in Notizie
Valutare tutte le misure che le istituzioni mettono in campo in caso di calamità, per evitare incertezza e diversità di trattamento nei singoli casi: è questo in sintesi il contenuto della lettera che il presidente della Regione Enrico Rossi ha inviato oggi al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Nel suo messaggio Rossi auspica che il governo approvi la richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza nazionale avanzata dalla Toscana per l'evento meteorologico assolutamente eccezionale che ha colpito nei giorni scorsi Firenze e il suo territorio (la dichiarazione di emergenza regionale è stata già approvata il 22 settembre) ed avanza alcune proposte di carattere più generale.
"L'evento del 19 e 20 settembre - scrive Rossi - ripropone con urgenza la necessità di valutare le misure che le istituzioni sono in grado di attivare a seguito di un evento calamitoso, sia per ripristinare gli edifici o infrastrutture pubbliche, sia per dare una risposta alla collettività colpita dall'evento. Gli attuali strumenti normativi non consentono infatti se non interventi minimali e necessitano pertanto di un adeguamento reso ancora più urgente dall'attuale contesto economico-finanziario che grava su cittadini ed amministrazioni. Sulla base delle esperienze che come Toscana abbiamo già avuto modo di sperimentare in contesti emergenziali pregressi, sottopongo ad una tua valutazione alcune proposte che consentirebbero, ove inserite nel contesto normativo attuale, di migliorare la complessiva risposta del "sistema di protezione civile" così valido ed apprezzato durante la fase del soccorso, ma sicuramente non del tutto soddisfacente nelle successive fasi di ricostruzione e ripristino". "In primo luogo sottopongo alla tua attenzione la situazione creatasi a seguito delle modifiche da ultimo apportate alla legge di protezione civile (L. 225/1992). L'attuale quadro normativo assegna al commissario delegato, nominato a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, il compito di effettuare la ricognizione del fabbisogno per il patrimonio pubblico, privato e delle attività produttive (escluse quelle agricole): tale fabbisogno viene trasmesso al Dipartimento Protezione Civile; eventuali risorse per il ripristino del patrimonio pubblico e privato, - al di fuori di quelle assai limitate finalizzate a coprire le prime spese di soccorso e di somma urgenza, che vengono stanziate a seguito della deliberazione dello stato di emergenza - possono essere assegnate solo con specifica legge statale successiva alla ricognizione del commissario. Per queste attività quindi, il commissario può finanziare interventi solo in un secondo momento rispetto al verificarsi dell'emergenza, sulla base di apposita legge e con l'assegnazione di specifiche ulteriori risorse".
"Tale quadro normativo evidenzia alcune carenze importanti: 1) il ripristino delle strutture/infrastrutture pubbliche danneggiate; 2) il sostegno ai cittadini per i danni subiti a seguito dell'evento. Per quanto riguarda il primo aspetto, si tratterebbe di ampliare l'ambito di operatività del commissario delegato, accompagnandolo da un adeguato stanziamento finanziario per la realizzazione degli interventi di ripristino del patrimonio pubblico (edifici e infrastrutture). A tal fine sarebbe necessaria la creazione di un fondo dedicato nel bilancio statale, con una disponibilità che viene determinata di anno in anno. Per quanto riguarda invece i privati e le attività produttive, occorre fare una valutazione più ampia. Il sistema attuale di ricognizione del fabbisogno e di eventuale successiva assegnazione di risorse, ha una prima criticità evidente: la realizzazione estremamente dilatata nel tempo. Ciò ovviamente impedisce di concretizzare un intervento a sostegno del privato o dell'impresa che sia di effettiva utilità per il danneggiato, che si vede costretto ad attivarsi autonomamente per ripristinare il danno alla propria abitazione o impresa, senza avere certezze sui tempi e le modalità del contributo statale". "La seconda criticità è conseguenza diretta del meccanismo stesso della contribuzione di protezione civile: i contributi sono erogabili solo su rendicontazione delle spese sostenute e questo costringe il privato ad anticipare in proprio. Ciò finisce per scoraggiare i cittadini più danneggiati, che sono di solito anche i meno abbienti, impedendo loro di poter usufruire di un contributo soltanto per mancanza di capacità di spesa. La terza e non meno importante criticità è data proprio dalla già accennata ipoteticità del contributo: a fronte della ricognizione del fabbisogno come effettuata dal Commissario delegato, non ci sono certezze sulla successiva assegnazione di risorse per attivare le procedure di contributo". "Sulla base di questi elementi, oltre che del mutato quadro delle risorse pubbliche disponibili, sarebbe certamente più efficace per il cittadino un meccanismo predefinito e certo negli importi e nei tempi, quale quello che potrebbe essere realizzato mediante la sottoscrizione di polizze assicurative obbligatorie per coloro che hanno l'abitazione o l'impresa in una zona ad elevato rischio, idrogeologico o sismico. Argomento questo già dibattuto in passato e poi accantonato. Per agevolare il cittadino che deve affrontare la spesa della copertura assicurativa obbligatoria dovrebbe essere prevista la deducibilità/detraibilità a livello fiscale in percentuali diversificate a seconda del livello di rischio del territorio di residenza, in modo da coinvolgere anche coloro che non hanno l'abitazione o l'impresa in una zona a rischio".
"In ultimo pongo alla tua attenzione una considerazione di carattere generale, legata all'incidenza delle risorse occorrenti per gli interventi a seguito di calamità naturali rispetto ai limiti derivanti dal Patto di Stabilità. Ove si accettasse una più ampia idea di intervento di protezione civile, comprendente non solo il soccorso e la somma urgenza, ma anche il ripristino e la mitigazione del rischio, occorrerebbe modificare l'attuale normativa in materia di Patto di stabilità per poter impiegare nel modo migliore le risorse assegnate e garantirne l'immediata spendibilità. In sintesi, tutte le risorse, e non solo quelle statali, dovrebbero essere oggetto di esclusione dal Patto sia per gli enti locali che per le regioni. Solo in tal modo - conclude il presidente Rossi - si potrebbe assicurare una maggiore capacità di spesa da parte degli enti regionali e locali così da garantire che i fondi assegnati siano effettivamente spesi nei programmi di ripristino infrastrutturale e di difesa del suolo".
Redazione Floraviva