Guerra in Ucraina: impatto sul settore primario e reazioni degli agricoltori

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Ieri 24 febbraio Confagricoltura ha lanciato l’allarme sullo «scenario di profonda instabilità e ulteriore aumento dei prezzi di gas e petrolio»: il gas naturale è a +379% sul 3° Trim 2020. Oggi Coldiretti ha messo in primo piano l’esplosione del «caro-concimi (+170%)» nel contesto di una disamina generale del balzo dei prezzi, mentre AseS – Cia ha ricordato gli effetti negativi sull’agricoltura sociale per via dell’aumento dei costi energetici e delle difficoltà di accesso al credito, oltre all’impatto sull’export.


Grande apprensione tra gli agricoltori italiani anche per l’impatto economico sul settore primario italiano della guerra in Ucraina. Le cui conseguenze si stanno facendo sentire pesantemente già da prima dell’inizio della guerra e sono aumentate dopo l’attacco dell’esercito russo accompagnato dalle minacce di Putin a tutto l’Occidente per scoraggiare sul nascere le interferenze, con prospettive di ulteriori peggioramenti a seguito del crescendo di sanzioni e ritorsioni.
La prima a reagire è stata ieri Confagricoltura. «Si è aperta una fase nuova piena di rischi che impone a tutti i rappresentanti dei settori produttivi e dei lavoratori di assicurare il massimo contributo alla coesione sociale – ha dichiarato il presidente nazionale Massimiliano Giansanti -. Dobbiamo prepararci ad affrontare una situazione di profonda instabilità. La risposta di Mosca alle sanzioni della UE può spingere ancora verso l’alto i prezzi del gas e del petrolio, come già stiamo registrando in queste ore. L’aumento del costo dell’energia, inoltre, impatta su tutti i mezzi di produzione e sui trasporti». «Non è da escludere – ha proseguito Giansanti - un’ulteriore stretta, da parte di Mosca, delle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri dell’Unione, attestate a circa 7 miliardi di euro nel 2020». Come specificato dal presidente di Confagricoltura, «rischiamo di non avere a disposizione le quantità necessarie di fertilizzanti per i prossimi raccolti. E il blocco dell’attività nel porto di Odessa potrebbe far collassare il mercato internazionale dei cereali». E l’Ucraina «è il terzo esportatore di cereali a livello globale. La Federazione Russa è al primo posto, anche se ha attuato già dallo scorso anno una limitazione delle esportazioni per contenere l’aumento dei prezzi all’interno».
«Le imprese agricole continueranno a fare il massimo sforzo per garantire la continuità dei cicli produttivi e il regolare svolgimento delle consegne - assicura il presidente di Confagricoltura - Alle istituzioni della UE e al nostro governo chiediamo però il varo di misure straordinarie di supporto adeguate alla gravità della situazione in atto. Nessuna impresa può reggere l’aumento dei costi già acquisito e l’ulteriore corsa verso l’alto che potrebbe scattare nelle prossime settimane, se non ripartiranno rapidamente le trattative diplomatiche per la soluzione della crisi». Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Commissione europea in occasione della riunione del Consiglio Agricoltura del 21 febbraio, i prezzi del gas naturale hanno fatto registrare un aumento del 379% sul livello in essere nell’ultimo trimestre del 2020. Mentre dal lato dei fertilizzanti il prezzo dell’urea è salito nello stesso periodo del 245%.
Coldiretti con una nota diffusa oggi, a seguito di una mobilitazione in solidarietà del popolo ucraino, si è soffermata in primo luogo sul caro concimi, «con aumenti fino al 170% che pesano sulla filiera agroalimentare Made in Italy mettendo a rischio le forniture alimentari e aggravando la dipendenza del Paese dall’estero». I rincari dei fertilizzanti, spiega Coldiretti, sono «legati agli aumenti del gas ma anche alle mosse di Putin che ha deciso di imporre il divieto all’esportazione di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione. Una decisione assunta per mettere in difficoltà la produzione europea di cereali, fortemente dipendente dalle materie prime estere». Dal momento che «la conseguenza è una riduzione generale della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti». «Una scelta – continua Coldiretti - che danneggia gravemente le aziende agricole, già in difficoltà a causa dei rincari di tutti i fertilizzanti legati all’impennata del costo del gas scatenata dal conflitto. L’urea è balzata a 750-800 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, secondo il report di Cai – Consorzi Agrari d’Italia, mentre il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro/tonnellata, mentre i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata».
«Il risultato – aggiunge Coldiretti - è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese che è già obbligato a importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 27%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga».
«Nell’immediato – afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - occorre anche garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi sostenuti in forte aumento per effetto dei rincari di petrolio e gas che hanno un effetto a valanga su tutti i fattori produttivi». Coldiretti chiede interventi immediati a partire dallo «sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivare le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso la garanzia del 100% pubblica e gratuita di Ismea e fermare le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un’efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali».
Anche l’ASeS, l’Ong “Agricoltori Solidarietà e Sviluppo” di Cia – Agricoltori Italiani, esprime oggi forte preoccupazione per il precipitare della situazione in Ucraina. «La guerra va nella direzione opposta ai nostri valori e allo spirito che muove l’agricoltura sociale - afferma la presidente Cinzia Pagni -  e da parte di ASeS vi è una ferma condanna. Alla solidarietà doverosa nei confronti del popolo ucraino, che sarà duramente colpito da un confitto che non ha voluto e che dovrà subire pagando un prezzo altissimo, si affianca la forte preoccupazione per le gravi ripercussioni che quanto sta accadendo può avere sulla nostra agricoltura e, di conseguenza, sulle nostre attività ad essa strettamente legate».
In primo luogo, ricorda la presidente di ASeS-Cia, c’è «l’impatto tremendo sui costi energetici che già sta mettendo da mesi in grandissima difficoltà le produzioni agricole. Poi ci sono gli effetti sull’export: già sono stati cancellati molti contratti e tante aziende agricole saranno a rischio chiusura. Infine, aumenteranno notevolmente le difficoltà per l’accesso al credito». Questa situazione «può mettere in grave pericolo il settore primario già sofferente e, dal momento che l’agricoltura sociale si fa con gli agricoltori, anche le nostre attività rischiano di subire un forte contraccolpo -osserva Pagni-. Siamo certi che chi ci ha supportato e affiancato in questi anni continuerà a farlo, ma è indubbio che le difficoltà e gli ostacoli saranno maggiori». «La solidarietà e lo spirito di inclusione, per garantire dignità e sostegno ai più vulnerabili, certamente non svanirà -conclude la presidente di ASeS-. Ma sin da ora siamo certi che la strada sarà in salita».

Redazione