Cia Toscana: un sistema del vino frammentato e da aggiornare

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A Firenze il convegno dell’organizzazione agricola sulle strategie per il futuro del settore vitivinicolo regionale. Si contano 27.000 aziende produttrici, il 38% delle imprese agricole, con una media di 2,2 ettari di vigneto. L’assessore Salvadori, contrario alla liberalizzazione dei diritti di reimpianto, annuncia un tavolo di settore dopo agosto.

Favorire la ristrutturazione e il «rinnovamento degli impianti vitati» per superare il problema della loro elevata età produttiva. E poi «investimenti per rafforzare il sistema dell’aggregazione» e «più politiche di filiera»; «promozione e ricerca di nuovi mercati»; valorizzazione del legame con il territorio; maggior peso ai consorzi di tutela. Ma soprattutto una rinnovata «strategia complessiva, d’insieme, non tante azioni a volte slegate o non raccordate tra loro».
Sono queste, in sintesi, le proposte avanzate dalla Cia Toscana, e in particolare dal presidente Giordano Pascucci, durante il convegno che la Confederazione italiana agricoltori ha organizzato oggi a Firenze sul tema “Strategie e azioni a sostegno della viticoltura in Toscana”. Proposte a cui l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori ha replicato dando la sua disponibilità a convocare dopo le ferie di agosto un tavolo per fare il punto della situazione e stilare insieme alle organizzazioni professionali, ai consorzi e alle imprese, l’agenda per il settore del vino. Con un'anteprima riguardante la riduzione della burocrazia: «Se c’è un problema in tal senso – ha detto Salvadorisono disponibile da subito a esaminarlo e a trovare insieme le soluzioni per risolverlo».
Ma Salvadori ha colto l’occasione anche per ricordare quanto fatto sinora dalla Regione Toscana per il settore vitivinicolo e per ribadire il suo no alla liberalizzazione dei diritti di reimpianto. «Per la promozione del vino sui mercati internazionali, dal 2009 ad oggi, la Regione ha investito quasi 20 milioni di euro – è scritto nel suo comunicato stampa -. In tema di reimpianto vigneti e miglioramento della qualità la Toscana ha destinato al settore della vitivinicoltura circa 138 milioni di euro dal 2000 ad oggi e sono stati reimpiantati circa 19 mila ettari di vigneti». La sua «ferma contrarietà» alla liberalizzazione dei diritti di reimpianto si riflette nella bozza di legge presentata al Consiglio Regionale. «Se l’Unione Europea, come pare – ha affermato Salvadoripunta alla massima liberalizzazione, io sono fermamente contrario. Crediamo che una liberalizzazione farebbe solo danno alla Toscana e alla specificità delle sue produzioni, aprendo alla massificazione e alla possibilità di speculazioni». Per quanto riguarda invece i Pif (Progetti integrati di filiera), Salvadori ha reso noto che dal settore del vino sono arrivati progetti e richieste di contributi per 9 milioni di euro.
«La vitivinicolturasi legge nel comunicato di Cia regionale - è un settore trainante dell’agricoltura toscana che pur occupando solo il 7% della Sau (Superficie agricola utilizzata, ndr) produce quasi il 20% della Plv (Produzione lorda vendibile) agricola regionale, è la principale fonte di reddito e di occupazione in vaste aree rurali, prevalentemente  interne e di collina, contribuisce in maniera determinante all’export ed al successo del brand Toscana nel mondo. Si contano 27.000 aziende vitivinicole produttrici, il 38% delle aziende agricole, con una media di circa 2,2 ettari di vigneto; oltre 62.000 ettari di superficie vitata di cui oltre 37.500 ettari ricadenti in aree delle denominazioni di origine Doc e Docg (per oltre 40 denominazioni). Si producono 2,5 milioni di ettolitri di vino di cui oltre 1,6 a denominazione, più del 70% del totale».
«L’agroalimentare italiano – ha detto Dino Scanavino, vicepresidente nazionale Ciaè un settore anticiclico rispetto alla recessione generale e all’interno di questo comparto il vino è una parte importante. I consorzi devono essere alla base di una strategia di rilancio che comprenda tutte le parti della filiera. E – ha  aggiuntoil brand che tutti dobbiamo vendere è il territorio, chiunque vende il proprio vino vende il territorio, è doveroso non dimenticarlo e fare grande attenzione».