LA PROSPETTIVA DI FLORA HOLLAND: UNA VISIONE O UNA DIFESA D’UFFICIO?

Pieter Bootsma, CEO di Royal FloraHolland, ha recentemente condiviso la sua visione sul mese di febbraio, toccando diversi temi chiave per il settore florovivaistico. Tuttavia, dietro il linguaggio istituzionale e le dichiarazioni di intenti, emergono alcuni aspetti critici che meritano una riflessione più approfondita.

Andamento del mercato: il vero nodo irrisolto
Bootsma celebra la solidità dei prezzi dei fiori, attribuendola alla legge della domanda e dell’offerta. Ma il vero problema, ovvero la diminuzione dei volumi rispetto all’anno precedente, viene solo accennato senza un’analisi chiara delle cause e delle possibili contromisure. Se da un lato l’aumento della domanda di fiori per San Valentino è un dato positivo, dall’altro non si affrontano le difficoltà strutturali che potrebbero mettere in crisi i coltivatori nel lungo periodo.

Sostenibilità e certificazione: vincolo o opportunità?
FloraHolland insiste molto sulla certificazione come garanzia di trasparenza e qualità. Tuttavia, il tema viene trattato più come una difesa d’ufficio che come una reale strategia di supporto ai coltivatori. La certificazione obbligatoria FSI2025 dal 2026 potrebbe rappresentare un onere aggiuntivo, soprattutto per i piccoli produttori, nonostante l’introduzione di uno schema semplificato. Le tempistiche e le modalità di attuazione saranno davvero sostenibili per tutti gli operatori?

Un modello economico in contrasto con la sostenibilità ambientale
L’industria florovivaistica olandese è basata sul fiore reciso e sulle piante fiorite di breve durata, prodotti consumer ad alta rotazione che puntano più al margine veloce che alla sostenibilità di lungo termine. Per quanto ancora il mercato continuerà a promuovere un modello che ignora la durabilità del prodotto e penalizza l’ambiente? La logica della commercializzazione esclusiva tramite asta internazionale implica un impatto ambientale significativo, con prodotti che viaggiano da un capo all’altro del mondo per finire nei negozi nel giro di pochi giorni.

Ovviamente, non possiamo e non vogliamo sottovalutare che Royal FloraHolland, con il suo sistema di aste e la logistica collegata, sia il più grande hub logistico mondiale per il commercio di piante e fiori. Tuttavia, non può e non deve vendersi solo come un'organizzazione di produttori, perché è la commercializzazione a giocare il ruolo centrale. La domanda chiave è: le nuove generazioni vorranno continuare a consumare fiori recisi o piante di breve durata acquistati a centinaia o migliaia di chilometri di distanza? O il mercato dovrà adattarsi a un futuro in cui sostenibilità e filiera corta diventeranno esigenze non più negoziabili?

Innovazione e dialogo con i soci: chi decide davvero?
Il CEO parla di un mercato "a prova di futuro" e di strategie condivise con il Consiglio dei soci. Ma la vera domanda è: quanto peso hanno davvero i coltivatori nelle decisioni strategiche? La menzione di incontri e onboarding per i nuovi membri sembra più un esercizio formale che una reale apertura a un confronto costruttivo sulle criticità del settore.

Conclusione: una cooperativa a misura di chi?
FloraHolland ribadisce il proprio impegno nel "rafforzare la cooperativa" e nel "dialogo con i soci", ma l’impressione è che il modello decisionale sia ancora troppo sbilanciato verso una governance centralizzata. I coltivatori avranno davvero voce in capitolo sulle nuove regole e sulle strategie di mercato? Oppure dovranno semplicemente adeguarsi a scelte già prese? La sfida per il futuro non è solo costruire un mercato resiliente, ma garantire un vero equilibrio tra le esigenze di chi produce e quelle di chi gestisce.

Andrea Vitali