Floraviva e la primavera contemporanea dell'orto-florovivaismo
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in Editoriali
Una nuova favola in agricoltura necessita di competenze e meritocrazia.
Abbiamo deciso di realizzare per questa primavera anche una edizione cartacea perché, anche se abbiamo 3000 lettori al giorno sul web, il territorio ce la chiede spesso. Del resto si tratta di un ritorno all’inizio, perché quando Floraviva nacque, nel 2008, durante l’omonima manifestazione, fu pubblicato contestualmente anche un numero su carta della rivista. Oggi, questa edizione, vuole essere anche un mezzo in più a disposizione di chi visita la manifestazione Naturalitas, per consentirgli di gettare uno sguardo d’insieme, per quanto sintetico, sul territorio e la sua primavera (speriamo in tutti i sensi).
Che cosa è cambiato per noi di Floraviva in questi sette anni? La nostra linea editoriale si è arricchita di informazioni e i nostri lettori oggi hanno superato la soglia dei 3000 lettori e sono in costante crescita. Continuiamo questo duro lavoro di portare le notizie del mondo agricolo toscano e dei settori in dialogo con esso fuori dai confini regionali e nazionali, oltre a cercare notizie stimolanti nell’universo del web per veicolarle in Toscana. Inoltre abbiamo aperto un focus sul nostro territorio, la Valdinievole, che abbiamo chiamato Valdinievole+, per provare a fornire un servizio informativo con una visione più aperta, non limitata alla pur centrale e dominante dimensione rurale.
I nostri inserzionisti pubblicitari, unica fonte di guadagno di Floraviva, ci confermano la loro fiducia e comprendono il valore di avere un pubblico nazionale e non solo di lettori interessati all’agroambientale e noi, senza timore, abbiamo inserito il contatore delle visite per ogni notizia pubblicata. Vogliamo che il nostro lettore e il nostro inserzionista possano misurare il lavoro che facciamo e il suo riscontro fra i navigatori della rete.
Abbiamo inserito da gennaio i consigli utili del mese in agricoltura e pubblicato diversi servizi internazionali realizzati da noi in prima persona, raccontando anche le nostre eccellenze che esportano i prodotti locali e l’immagine del nostro territorio: a Essen, Angers, in Olanda (quattro volte tra fine 2014 e l’inizio del 2015), scrivendo di produttori e di commercianti che operano in tali aree geografiche.
Mi pare di poter affermare senza rischio di smentite che nel comune sentire degli operatori professionali una delle differenze principali (a nostro svantaggio) fra noi e i mercati esteri sia la meritocrazia, o meglio la sua assenza in questi lidi. Ed è una grave penalizzazione, perché nel mondo del business i tempi deve dettarli l’operatore professionale, l’esperto, o al massimo le politica di settore intesa come policy, non la politica politicante e partitocentrica. E più in generale sarebbe molto utile per la nostra comunità se ciascuno di noi tornasse a fare solo ed esclusivamente il proprio mestiere.
Così, per stare nel campo della comunicazione, c’è chi crede che esistano solo le iperboli televisive e che queste siano il toccasana per vendere di più e meglio in ogni ambito, anche nel settore florovivaistico e persino per quelle imprese che non si rivolgono all’utente finale. Ma le cose non stanno così, soprattutto sotto certi livelli di investimento, e c’è bisogno di ben altro, a maggior ragione (ma non solo) quando si promuovono i prodotti del nostro florovivaismo fra fioristi, garden center, grande distribuzione e altri canali.
Tocco l’argomento comunicazione e pubblicità non solo perché è il mio mestiere, ma anche per far capire che il modo di comunicare si è rivoluzionato - sebbene alcuni facciano ancora finta di non vederlo - e ha stravolto tutto, anche il funzionamento stesso dei mercati. Soprattutto in quest’ultima fase di profondo cambiamento socio-economico e culturale in Italia. L’avvento di internet è stato una vera rivoluzione. Quella guerra rivoluzionaria che uno dei migliori libri di strategia di sempre definisce “perfetta”: quella guerra che per Sun Tzu, nell’Arte della Guerra appunto, è il fare la guerra senza farla. Il risultato è che oggi, grazie al web, la meritocrazia dei contenuti rende la comunicazione, anche pubblicitaria, misurabile. Ma soprattutto condanna senza appello coloro che non fanno comunicazione rilevante per il ricevente. La “fuffa” ormai non funziona più.
Lucas Vos, boss delle strategie di FloraHolland, in questi giorni ha comunicato al mercato l’apertura di una nuova piattaforma che mette al centro il cliente: www.floraholland.com. Questa piattaforma permetterà, almeno quattro volte all’anno, di recuperare dal cliente i suoi bisogni, in modo poi da direzionare l’offerta. Ebbene, il leader mondiale della floricoltura, FloraHolland, sente la necessità di scambiare informazioni con i clienti e con tutta la catena produttiva e distributiva praticamente in modo costante. Ovvio che, se riuscirà nell’impresa, il suo potere e controllo del mercato, che è già adesso egemonico, non potrà che rafforzarsi.
Ma l’altro aspetto, ancor più interessante, è che FloraHolland, la grande cooperativa olandese del fiore e delle piante, sta avviando quella operazione di scorciamento della filiera che aveva peraltro già annunciato a inizio anno. L’operazione serve a comprimere i costi e a redistribuirli al produttore, a scapito di tutti i commercianti. La cooperativa si porrebbe infatti come base distributivo-logistica unica, facendo in un colpo solo un bel “delete” (“cancella”) di una grande fetta di coloro che adesso distribuiscono il prodotto senza avere contatto con l’utente finale. L’idea è che il gestore dei punti retail abbia ancora una sua storia fatta di competenze, ma che colui che compra e rivende semplicemente non abbia più senso, o almeno sia destinato ad avere gradualmente sempre meno spazio nel mercato. Gli esempi più virtuosi di questa tendenza sono, senza parlare di fenomeni internazionali quali Macintosh e restando in Europa, la catena di gelati italiana Grom oppure la francese Aquarelle per i fiori, o Plantes et Jardins, con milioni di fatturato fatti solo sul web.
Insomma uno scenario futuribile, agli occhi di noi italiani, che siamo i secondi produttori europei di piante e fiori, ma non riusciamo a metterci d’accordo su una, due o tre fiere di settore e non sappiamo sfruttare appieno la Pac 2014/2020 e ad attivare dei Pif all’altezza né nella floricoltura in senso stretto né nell’intero ambito dell’orto-florovivaismo, anche perché condizionati dai tempi della politica. Come diADE a luglio del 2014 abbiamo presentato un Pif intitolato “La filiera orto-florovivaistica: come innovare e vendere meglio”. Si sono susseguiti diversi incontri a cui hanno preso parte molti attori della filiera, a cominciare dal Mefit e il Distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia, ma ad oggi non è venuto fuori niente di concreto.
Ciò accadeva quasi un anno fa, prima che FloraHolland annunciasse le sue nuove strategie e che venisse pubblicato il libro sulla floricoltura italiana di Arturo Croci e Giovanni Serra, i due decani del comparto, che avanza legittime critiche alla situazione attuale, anche se da un punto di vista poco innovativo. L’operosità delle genti di Pescia che Franco Scaramuzzi richiama nella sua presentazione del bel libro ‘Floricoltura e vivaismo a Pescia’ di Leonardo Magnani nel 2001 non trova riscontro, ahimè, nello scenario contemporaneo pesciatino, se non in rarissimi e isolati casi.
Riscrivere la favola dell’agricoltura, il settore primario, vuol dire anche non fossilizzarsi in vuote e fuorvianti celebrazioni simboliche e pensare piuttosto a riconvertire secondo nuovi parametri ambientali, fiscali e strategici, e quindi competitivi, il settore orto-florovivaistico. Il quale, come diADE ha spiegato nel suo progetto di Pif, deve urgentemente ripensarsi culturalmente. Marketing, innovazione, logistica, comunicazione e studio, questo ci vuole, non pulsioni e fiuto politico-elettorali. Nessuno è riuscito per ora a dare una risposta complessiva e convincente al fatto che in Toscana abbiamo una domanda di circa 900 milioni d’euro all’anno di ortaggi e frutta, il doppio di quanta ne produciamo. Potremmo incominciare a dare un contributo in tale direzione dalla Valdinievole e dalla Versilia, rilanciando nel contempo, i comparti sani o comunque ancora ricchi di prospettive del florovivaismo, non vi pare?
Andrea Vitali