PIETRO PORCINAI: IL PAESAGGISTA CHE INSEGNÒ A LEGGERE LA NATURA

Nato a Firenze, fu pioniere del paesaggismo moderno in Italia e nel mondo. Fondò l’AIAP e firmò giardini iconici integrati nel paesaggio.
Pietro Porcinai (Firenze, 1910 – 1986) è universalmente riconosciuto come il più grande paesaggista italiano del Novecento. La sua opera ha ridefinito il rapporto tra progetto e natura, superando l’idea di giardino come forma autonoma per restituirgli una funzione ambientale, sociale ed estetica. Nato a Settignano, cresciuto nella villa Gamberaia dove il padre curava i giardini, Porcinai ha respirato fin da giovane il senso profondo dell’arte dei giardini, che ha poi saputo tradurre in progetti visionari, capaci di integrare l’intervento umano con il paesaggio circostante in maniera armonica e invisibile.
Dopo la formazione in orticoltura presso la Regia Scuola Agraria Media di Firenze, istituto prestigioso per la preparazione tecnica in ambito agrario, inizia a lavorare a Pistoia presso il vivaio Martino Bianchi, punto di riferimento del vivaismo italiano. Gli anni trascorsi in Belgio e Germania lo mettono in contatto con l’élite del paesaggismo europeo – da Russell Page a Geoffrey Jellicoe – e aprono la sua mente a un approccio moderno e internazionale, in netto contrasto con il formalismo italiano allora dominante. Il ritorno in patria segna l’inizio della sua battaglia per il riconoscimento del paesaggista come figura professionale autonoma. Nei tardi anni ’30 collabora con la rivista Domus di Giò Ponti, dove scrive articoli illuminanti, educando il pubblico e la classe dirigente alla cultura del paesaggio.
Nel 1938 fonda con Baroni e Tempestini uno studio a Firenze, che diventa crocevia creativo e culturale. Tra gli anni ’50 e ’60, mentre in Italia l’industria cresce e la borghesia imprenditoriale cerca simboli di prestigio, Porcinai realizza giardini per ville private e spazi industriali, con progetti emblematici come il centro Mondadori a Segrate (con Oscar Niemeyer) e la Brion Vega a Caselle d’Asolo. Le sue piscine per alberghi come l’Hotel des Bains al Lido di Venezia diventano leggendarie per eleganza e naturalezza.
Nel dopoguerra promuove con forza la formazione dei paesaggisti: è tra i fondatori della IFLA a Cambridge nel 1948, e della sezione italiana AIAP, che guida per decenni. Ma la sua vocazione pedagogica trova massima espressione nel progetto della Villa Rondinelli a Fiesole: un centro per la cultura del paesaggio, ideale rinascimentale del dialogo tra arte e natura, purtroppo ostacolato da difficoltà economiche e resistenze accademiche.
Negli anni ’70 Porcinai riceve importanti incarichi internazionali: dai parchi urbani in Arabia Saudita al Beaubourg di Parigi, fino al progetto per il Parco della Favorita a Palermo. Collabora con grandi architetti (Piano, Rogers, Albini, Viganò) e con enti internazionali come l’UNESCO per progetti di protezione del patrimonio, come il delicato trasferimento del tempio di Abu Simbel. Profondamente convinto della necessità di applicare i principi del giardino all’urbanistica, denuncia con vigore l’arroganza dell’architettura moderna e la disumanizzazione delle città.
L’“evangelizzazione paesaggistica” di Porcinai si concretizza anche nei suoi scritti, pubblicati su testate italiane e internazionali: Domus, Garten und Landschaft, L’Architecture d’Aujourd’hui, Il giardino fiorito, Flora. Nei suoi articoli sostiene l’integrazione tra urbanisti, architetti e paesaggisti, la sensibilità ecologica nella progettazione stradale, la valorizzazione delle specificità regionali.
Tra i suoi scritti più noti: l’articolo “Urbanité de l’urbanisme”, in cui attacca il funzionalismo cieco delle città contemporanee, il saggio “Garden” per l’Enciclopedia Agraria Italiana e il volume “Giardini d’Occidente e d’Oriente”, scritto con Attilio Mordini. È promotore della Carta di Firenze (1982), documento fondamentale per la tutela dei giardini storici.
Nel 1985, a consacrazione del suo ruolo, The Oxford Companion to Gardens gli dedica una delle poche voci biografiche di viventi. Figura carismatica e battagliera, Pietro Porcinai ha lasciato un’eredità immensa fatta di spazi verdi ma soprattutto di pensiero critico, cultura paesaggistica e amore per la bellezza naturale. Oggi più che mai, il suo insegnamento invita progettisti e cittadini a “leggere” il paesaggio per progettare con rispetto e lungimiranza. Un compito che, per dirla con le sue parole, richiede educazione, sensibilità e una costante tensione etica verso l’armonia tra uomo e natura.
Il pesaaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin