Voci della vitivinicoltura toscana in evidenza a Vinitaly 2023
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Per il presidente dell’Uiv Frescobaldi è «un Vinitaly in grande spolvero», con tanto «traffico» e ottime prospettive, ad esempio per il ritorno dei buyer cinesi. Molto soddisfatto della presenza cinese e dei primi riscontri commerciali anche il presidente del Consorzio Vino Chianti Busi, che ha sollevato però una piccola critica costruttiva sulle difficoltà di ingresso e uscita dal quartiere fieristico. Positivo pure il parere del direttore del Consorzio Bolgheri Doc Binda, che ha parlato di livelli di presenze pre-Covid e di miglioramento della tipologia dei visitatori. Anche il presidente del Consorzio Chianti Classico Manetti ha constatato un’evoluzione positiva dei visitatori, che rendono la fiera sempre più adatta al business, apprezzando pure le visite di tanti ministri. La direttrice Gori, che ha ribadito l’importanza della corretta gestione del «marchio enologico più famoso del mondo», il Gallo Nero, spera che i vini della Gran Selezione del 2020, in commercio dal luglio 2023, possano portare il nome delle Unità geografiche aggiuntive in etichetta.
«Abbiamo ancora un giorno e mezzo davanti a noi. È un’edizione in cui si sono fatti rivedere tanti asiatici e nordamericani: persone da un po’ tutto il mondo. A giudicare dal traffico che c’era ieri sera, mamma mia quanta gente. Domenica era solo per operatori importanti del settore, senza la distrazione dei consumatori, che noi certamente vogliamo sempre accogliere, ma è giusto avere un giorno con un po’ più di focalizzazione. Direi ad oggi un Vinitaly in grande spolvero».
Questa la risposta di Lamberto Frescobaldi, importante esponente del comparto vitivinicolo toscano ma sentito in qualità di presidente dell’Unione italiana vini (Uiv), alla richiesta di una valutazione della 55^ edizione di Vinitaly. Floraviva lo ha intervistato nel padiglione della Toscana martedì 4 aprile, dove ha potuto tastare il polso della situazione anche con i vertici di alcuni dei più blasonati consorzi del made in Toscana vinicolo. Un comparto che, come sintetizzato dalla Regione nei giorni precedenti al Salone internazionale dei vini e distillati di Veronafiere, conta oltre 12.400 aziende e più di 60 mila ettari a vite per una produzione che nell’ultima campagna ha raggiunto i 2,3 milioni di ettolitri di vino (+12% circa rispetto a quella precedente). E che è caratterizzato da 58 indicazioni geografiche riconosciute, di cui 52 Dop (11 Docg e 41 Doc) e 6 IGT che presidiano la quasi totalità della superficie vitata toscana (il cui 95% è destinato a vini Do rispetto a una media nazionale che non arriva al 65%), oltre che dall’alta percentuale di superficie a vite bio (il 40% della superficie regionale vitata). Mentre il vigneto nazionale nel suo complesso, come ricordato nel comunicato di apertura di Vinitaly, è pari a 674 mila ettari e la filiera genera «un’economia da oltre 30 miliardi di euro l’anno», 31,5 miliardi secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio del vino con Prometeia.
E a proposito del ritorno dei compratori della Cina, Frescobaldi ha così replicato alla domanda di Floraviva se questo ritorno si sia fatto sentire o meno: «si è fatto sentire, si è fatto sentire. La Cina ha finalmente tolto tutte le varie restrizioni oltre due mesi fa e sono ripartiti fortissimi. Già stavano comprando, però non li vedevamo. Sono due anni che nessuno di noi va in Cina, ma il lavoro è andato avanti lo stesso e le prospettive per l’anno sono molto ottimistiche».
Mentre riguardo alla presenza toscana, da imprenditore toscano nella funzione di presidente dell’Unione italiana vini, ha detto che «la Toscana è oggi la 3^ regione per giro d’affari, dopo il Veneto, che a gran distanza è il numero 1, il Piemonte e, molto molto vicino, la Toscana. Il Veneto e il Piemonte sono anche collettori di imbottigliatori, quindi di vini che vengono da altre parti dello Stivale, in Toscana gli imbottigliatori ci sono, ma più che altro lavorano vini toscani. Quindi la Toscana è un comparto piuttosto in salute, ovviamente si va sempre un po’ a macchia di leopardo: ci sono delle zone che vanno un po’ più forte e zone meno forti e ognuno di noi, da buon imprenditore, deve fare in modo di far lavorare bene un po’ tutte le zone. Comunque la Toscana, come sistema, con l’IGT toscano, è molto rilevante. Quindi le prospettive per poter crescere ci sono, bisogna fare squadra e lavorare insieme per rafforzare sempre di più e proteggere il nome Toscana».
Floraviva ha sentito anche Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, che coinvolge oltre 3 mila aziende, e la cui presenza a questa edizione di Vinitaly è stata così riassunta in una nota dell’ufficio stampa: oltre 40 aziende con un proprio desk, un bancone istituzionale con più di 170 etichette di vino Chianti d.o.c.g., prodotte da oltre 90 aziende, e un secondo bancone istituzionale con 45 etichette di Vin Santo del Chianti d.o.c. in assaggio, in rappresentanza di 38 aziende del territorio.
Alla prima domanda, sull’andamento di Vinitaly, a metà della penultima giornata, ha risposto dicendo: «Bè Vinitaly è indubbiamente una fiera importante per il nostro Paese: è la fiera italiana, ci sono i vini italiani ed è un modo molto importante per riuscire a mettere in comunicazione la produzione con il mercato. Quindi siamo tutti felici di poter essere qui e dobbiamo dare il nostro contributo anche per poterla migliorare. E, se uno vuol trovare delle pecche, sono più dal punto di vista logistico, con riferimento agli arrivi e le uscite dalla fiera che sono veramente molto difficili, e i costi che l’ente fiera ha alzato moltissimo in questi anni. Detto questo, comunque Vinitaly si conferma una fiera importante per il nostro settore».
E sul ritorno della Cina e la forte presenza di compratori americani, qual è il vostro riscontro? «Su questo aspetto – ha detto Busi - finalmente abbiamo rivisto operatori dell’Asia, cinesi in primis, e questo ci ha fatto molto piacere. È anche vero che la Cina ha riaperto da 2 mesi, quindi soltanto alcuni sono riusciti a organizzarsi e a venire a Verona, però questo è sicuramente un segnale che ci fa ben sperare per il futuro, che finalmente il mercato in tutto il mondo si riapre. Anche perché il Chianti viene esportato per il 70%, in tutto il mondo, e poter lavorare tranquillamente con tutti gli operatori per noi è indispensabile».
Nello specifico dell’andamento della nostra regione, queste sono le sue parole: «per la Toscana, almeno per il Chianti, si conferma sicuramente un grande interesse da parte degli operatori. Su questo non c’è ombra di dubbio. Abbiamo visto in questi giorni lo stand del Chianti, con i due banchi, sia quello del Chianti sia quello del vin santo, in dei momenti quasi assediati dalle persone che volevano degustare, assaggiare le varie proposte. Ne siamo molto felici, anche perché il Chianti è un vino conosciuto in tutto il mondo e – non detto da noi ma da operatori e stampa – quando andiamo all’estero il Chianti è il portabandiera del vino italiano. Quindi a questo Vinitaly ci può essere una conferma». Ma ci sono stati riscontri diversi fra buyer dei differenti mercati (americani, europei, asiatici)? «In base all’importanza dei mercati. Il nostro primo mercato nell’export è sicuramente l’America, e quello resta assolutamente. La Germania è un altro mercato importante. Il Canada, il Giappone. Questi sono i mercati più importanti per noi». E avete avuto buoni riscontri per ora? «Assolutamente sì».
Poi abbiamo incontrato Riccardo Binda, direttore del Consorzio Bolgheri Doc, il «Consorzio per la Tutela dei vini DOC Bolgheri e DOC Bolgheri Sassicaia» presieduto da Albiera Antinori e «formato da 66 produttori i cui vigneti rappresentano oltre il 97% del totale». Anche con lui la prima domanda è stata: come sta andando la fiera, anche se manca ancora un giorno e mezzo alla conclusione? «Sono già passati domenica e lunedì che di norma sono i giorni cartina di tornasole, che fan capire come è andata – ha risposto -. Direi che sta andando molto bene. La presenza è stata molto importante: siamo tornati tranquillamente a livelli pre-Covid. E anche come tipologia di persone che hanno visitato lo stand siamo molto soddisfatti». In che senso? «Abbiamo testimoniato una maggiore presenza di visitatori direttamente interessati all’acquisto dei vini, al trade vero e proprio, che poi è quello che tutte le aziende cercano. Ovviamente anche la funzione di presidio e di contatto con il pubblico è importante, ma alla fine questa è una fiera di settore, quindi poi bisogna anche concludere e siamo soddisfatti da questo punto di vista».
A questo proposito, sui riscontri dei contatti con i buyer cinesi e nord-americani, ha risposto che «è un po’ presto per dirlo, perché come Consorzio questa è una cosa che poi approfondiamo bene con le aziende, perché poi sono loro che hanno il polso della situazione sulle varie provenienze. Sicuramente c’è stata una presenza maggiore, ma per un semplice motivo: perché l’anno scorso non sono venuti del tutto. Dal punto di vista della presenza extra-Ue, se siamo tornati ai livelli pre-Covid, questo non saprei ancora dirlo, è prematuro. Però ci sono stati, non so ancora in quale percentuale». Ma il ritorno cinese ha pesato? «In realtà per noi la Cina non è ancora un mercato particolarmente rilevante, perché come quantitativi Bolgheri non produce molto e storicamente ci si affida a Stati Uniti, Svizzera, Germania, Canada. Sono questi i mercati forti. Quindi in Cina difficilmente le aziende entrano perché non hanno la massa critica». E fra tali mercati di elezione ci sono differenze da segnalare? «Siamo soddisfatti, devo dire che fortunatamente la denominazione ha successo e continua a riscuotere entusiasmo».
Infine riguardo alla presenza in un padiglione toscano e al suo significato, Binda ha detto che «come per tutte le regioni italiane in generale, più ci si presenta uniti e meglio è. E quindi ben venga che quanta più della Toscana sia nel padiglione Toscana: ci fa molto piacere esserci».
Ultimi incontrati, nel padiglione della Toscana di Vinitaly, sono stati il presidente del Consorzio Chianti Classico Giovanni Manetti e Carlotta Gori, direttore del blasonato e antico consorzio, che conta circa 600 produttori associati di cui 350 confezionano il vino con la propria etichetta ma con il simbolo comune del Gallo Nero.
Il presidente Manetti ha riferito che Vinitaly 2023 «sta andando molto bene: è un’ottima edizione della fiera più importante del vino italiano. Siamo molto soddisfatti degli incontri che abbiamo fatto, sia con gli operatori da tutto il mondo che anche con le istituzioni, perché abbiamo ricevuto la visita di tanti ministri e quindi abbiamo sentito la vicinanza anche del Governo. E questo non ci può fare che piacere».
E dal punto di vista dei buyer, in primis cinesi e americani? «Non è ancora finito, ma il riscontro è positivo. Devo dire che c’è un miglioramento della qualità della presenza. Gli operatori che si sono presentati sono tutti di ottima qualità e quindi i nostri agricoltori sono ancora più soddisfatti. Il Vinitaly sta migliorando in questo senso, è sempre di più una fiera adatta al business. Ed è quello che tutti noi chiedevamo da tempo». E alla domanda se crede nel mercato cinese, ha risposto: «ci crediamo. Non è un mercato facile e ci vorranno anni per poter arrivare ai consumatori cinesi con delle quantità di vino significative. Però senz’altro è un mercato target che affronteremo con attenzione».
E per il presidente del Consorzio del Gallo Nero sta funzionando il padiglione della Toscana? «Sì, sì assolutamente. Lo stare tutti insieme, giocando ognuno le proprie carte, senz’altro porta bene ed è efficace come proposta. Ben felici di stare nel padiglione della Toscana».
A Carlotta Gori, direttore del Consorzio Chianti Classico, abbiamo chiesto un parere sull’offerta di convegni e incontri tecnici di Vinitaly 2023. «Noi abbiamo partecipato agli eventi più istituzionali, stando dentro lo stand diventa difficile partecipare alla proposta molto ampia, devo dire, perché si sono affrontati argomenti anche molto diversi fra loro: dalla salute, alla sostenibilità, alla tutela dei marchi. E avrei voluto partecipare a quel convegno lì…» … su quel tema lì mi può dire qualcosa di più? «Noi siamo sensibili, abbiamo un marchio che è tutelato in tutto il mondo, il Gallo Nero, che è il marchio enologico più famoso del mondo. Quindi lavoriamo tanto per la tutela e la protezione dei marchi. Pensiamo che le competenze fra gli uffici marchi e le commissioni agricoltura debbano comunque rimanere separate, perché sono competenze distinte: tutelare le denominazioni è qualcosa di diverso rispetto alla tutela della proprietà intellettuale. Sono due elementi che possono unirsi per dare più tutela, ma ognuno deve mantenere il proprio ruolo e il proprio compito».
E a proposito delle Uga, le Unità geografiche aggiuntive, e a quando entreranno in vigore, ci ha detto: «ci auguriamo a luglio. Tra pochi giorni dovrebbe essere pubblicato il nuovo disciplinare di produzione, quindi i vini della Gran Selezione del 2020, che entra in commercio il 1° luglio del 2023, dovrebbero portare il nome delle Unità geografiche aggiuntive in etichetta». Come va interpretata questa sfida? «Nel progetto crediamo tantissimo. È un progetto in cui tutti i produttori stanno investendo con una crescita del numero delle etichette di Gran Selezione, in vista di questa nuova opportunità di legare sempre di più le produzioni al proprio territorio di origine, all’interno di una denominazione abbastanza ampia come è il Chianti Classico». Questo avrà impatto sia sul mercato interno che su quello estero? «Assolutamente, anche perché l’80% del prodotto del Chianti Classico va sul mercato estero e deve quindi funzionare lì».
Lorenzo Sandiford