Nel distretto vivaistico forti carenze manageriali ma grandi potenzialità
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Solo il 53% delle aziende del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia ha un business plan, fondamentale per accedere al credito. Francesco Ciampi «il valore dell’export al 54% è un segno di vitalità». Vannino Vannucci: c’è bisogno del sostegno bancario a tutte le imprese della filiera, incluse le piccole. Tra il 2016 e il 2017 solo il 15% delle aziende piccole e il 4% delle medie registra cali di fatturato. Il 55% delle piccole accetta tempi di pagamento sopra i 180 giorni e il 71% dei vivaisti si basa spesso su accordi verbali.
L’intervento del presidente del Distretto vivaistico Francesco Mati, che è terminato con un cenno alla crescente domanda di aria pulita nelle grandi città di tutta Europa, gli ha fatto capire meglio il potenziale di crescita che effettivamente c’è nelle imprese del distretto, come ha confessato. Ma «noi abbiamo bisogno di progetti validi, tradotti in precisi business plan nei tempi giusti».
Si è chiuso con questa dichiarazione del presidente della Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia Francesco Ciampi il convegno sul “Vivaismo ieri e oggi” organizzato ieri a Pistoia dalla stessa Cassa di risparmio in collaborazione con Vestire il Paesaggio – Provincia di Pistoia, Distretto vivaistico-ornamentale pistoiese e Associazione vivaisti italiani, a conclusione di un ciclo di incontri per affrontare sotto molteplici punti di vista lo stato di salute del distretto e le potenzialità di crescita delle sue aziende. Lavoro comune che ha prodotto fra l’altro un’indagine della Direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo su un campione di 55 imprese florovivaistiche pistoiesi di tutte le classi dimensionali (12 grandi con più di 1,5 milioni di euro di fatturato, 23 medie con fatturato tra 250 mila e 1,5 milioni, 20 piccole sotto 250 mila euro) per un fatturato totale di 125 milioni, 1500 ettari e 770 addetti, intitolata “Accelerare la crescita. La sfida del florovivaismo pistoiese”, che è stata illustrata da Fabrizio Guelpa.
Indagine dalla quale Francesco Ciampi ha estratto in apertura dell’incontro un dato per lui molto significativo: proiettando i dati del campione «il distretto esporta per più della metà del fatturato (il 54%, ndr): un segno di vitalità». Questo fatto, ha proseguito, si aggiunge ai punti di forza tradizionali del distretto: la qualità del prodotto e l’affidabilità dell’imprenditore vivaista nella fornitura alla clientela. Tuttavia «oggi ci vuole anche qualcosa di più: la ricerca e l’innovazione». Variabili cruciali per garantire vantaggi competitivi alle aziende. E quando si parla di innovazione, ha detto, non bisogna pensare solo a tecnologie e informatizzazione, ma anche e soprattutto a «innovazione manageriale». Anche perché «oggi il sistema bancario non finanzia solo su garanzie patrimoniali, ma sono fondamentali i progetti industriali e la capacità di scriverli». Ad ogni modo, ha ricordato Ciampi, noi abbiamo 700 clienti vivaisti e ripenseremo, anche in base ai risultati dell’indagine, nuovi prodotti creditizi su misura per il comparto.
Vannino Vannucci, presidente dell'Associazione Vivaisti Italiani, dopo essersi unito a Ciampi nel complimentarsi per il lavoro svolto da Renato Ferretti con la manifestazione Vestire il Paesaggio che ha messo in contatto il vivaismo pistoiese con tanti operatori esteri e ha precorso diverse tematiche decisive per il settore, ha sottolineato che Pistoia con il suo distretto che esporta in 60 Paesi del mondo è «la capitale del verde, ma abbiamo lo stesso da imparare; ci siamo evoluti, ma dobbiamo fare ulteriori step da vari punti di vista». In tale percorso, ha rimarcato, «ci sarà bisogno del sostegno della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, che anche se ha ormai assunto una dimensione più ampia, deve ricordarsi di essere presente sul territorio» e aiutare anche le piccole e medie aziende, perché «dobbiamo far crescere tutta la filiera» in quanto per il distretto «sono importanti le aziende grandi, ma anche, se non di più, quelle piccole e medie».
Ma vediamo i principali dati registrati dall’indagine di Intesa San Paolo presentata da Fabrizio Guelpa. Sul piano generale, si è ridotta negli ultimi 3 anni la quota delle imprese con fatturato in calo: dal 27% al 7% dell’anno scorso. Inoltre solo una piccola percentuale di aziende registra cali di fatturato fra il 2016 e il 2017: il 15% delle piccole e il 4% delle medie; per il resto fatturati stabili o in aumento, con la parte maggiore di aziende con fatturati in aumento fra le grandi (l’83%); mentre per le medie si scende al 39% e tra le piccole al 30%. Pure la propensione all’export è maggiore fra le grandi, con solo il 20% delle piccole aziende che esportano, anche se sta crescendo l’interesse per l’export pure fra i piccoli (oltre il 50%). Nell’ultimo triennio oltre il 70% delle imprese (il 100% delle grandi, il 74% delle medie e il 50% delle piccole) ha fatto investimenti in macchinari e strutture; e nei prossimi 3 anni 8 aziende su 10 investiranno e il 56% investirà in innovazione. Ed export e innovazione fanno la differenza in positivo sui fatturati. C’è sempre più tecnologia nei processi produttivi, ma meno del 50% delle imprese usa strumenti informatici per la promozione e la gestione delle colture. Il 65% di esse dispone di un sito web (il 100% delle grandi, il 74% delle medie, il 35% delle piccole). Solo il 13% pratica le vendite on-line, ma il 25% è interessato.
Passando ad aspetti più specifici, emerge che fra i punti di forza della propria azienda solo il 5% cita le certificazioni e/o marchi di qualità, solo l’11% la rete distributiva e il marketing e solo il 15% le tecnologie di produzione e l’innovazione di processo, mentre il 67% cita la qualità dei prodotti e il 55% la conduzione familiare. La maggior parte delle aziende accetta tempi di pagamento molto lunghi: anche sopra i 180 giorni (il 55% delle piccole, il 48% delle medie e il 25% delle grandi). Il 71% delle aziende definisce spesso gli accordi con i propri clienti verbalmente. Ma uno dei dati che più salta agli occhi, nella prospettiva dell’accesso al credito, è che solo il 53% delle aziende dice di avere un business plan (il 75% delle grandi, il 43% delle medie e il 50% delle piccole). Senza trascurare che solo il 62% ha una copertura assicurativa su fabbricati e mezzi aziendali e dipendenti, e ancor meno sono le aziende coperte contro rischi atmosferici (18%, ma il 47% è interessato) e quelle coperte sulla riscossione dei crediti (11%, ma il 55% è interessato).
Per Renato Ferretti la strategia per ridare competitività al distretto s’incentra sulle seguenti linee guida. Sul fronte della produzione, sono necessari investimenti di riqualificazioni aziendali, innovazioni di processo per la sostenibilità e innovazioni di prodotto in linea con le tendenze di mercato. Riguardo alla commercializzazione (online e offline) e al marketing, si deve puntare a promozione e comunicazione integrata, con nuove politiche di branding legate al distretto e azioni di lobbying comuni anche nei confronti della Regione Toscana. Inoltre, rispetto all’accesso al credito e ai finanziamenti, maggior credito e ristrutturazioni dei debiti, nonché un migliore coordinamento fra finanziamenti pubblici (cioè il Programma di sviluppo rurale) e bancari (cofinanziamenti e fidejussioni). Infine è fondamentale una programmazione urbanistica unitaria di tutta l’area del distretto, che copre più Comuni, e una migliore rete di infrastrutture, a cominciare dal completamento dell’asse dei vivai.
Lorenzo Sandiford