Fatti e progetti dalla filiera green, che vuol far sistema
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In evidenza al doppio convegno di Assoverde, Confagricoltura, Società Toscana di Orticultura e Anci Toscana del 7 luglio a Firenze percorsi di certificazione come il nuovo standard di “Gestione sostenibile del verde urbano” e i “Parchi della salute”, ma anche proposte quali il ricorso dei Comuni a manager del verde (prof. Ferrini). L’aggiornamento della vicepresidente della Commissione Agricoltura del Senato Biti sull’iter del ddl Liuni e la fotografia dello stato del vivaismo di Magazzini (Confagricoltura). Il bilancio della giornata di Alberto Giuntoli e di Rosi Sgaravatti.
I Comuni dovrebbero dotarsi di manager del verde. È la proposta avanzata da Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura dell’Università di Firenze e presidente del Distretto vivaistico di Pistoia, al termine della giornata di confronto interamente dedicata al verde, e soprattutto al verde pubblico urbano e ai suoi benefici per la salute, organizzata il 7 luglio a Firenze presso Villa Bardini da Assoverde, Confagricoltura, Società Toscana di Orticultura e ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Toscana (vedi). Un’idea lanciata da Ferrini in risposta all’appello finale ai relatori di fare qualche proposta concreta del presidente della Società Toscana di Orticultura Alberto Giuntoli, che moderava la sessione pomeridiana sulla “Gestione sostenibile del verde pubblico”. E che Ferrini ha ribadito e precisato a Floraviva, al termine dell’incontro in cui era intervenuto sia la mattina spiegando in che senso le spese per il verde siano investimenti e non costi, sia il pomeriggio con una relazione sui benefici del verde (vedi la sua analisi sullo stesso tema su Floraviva), con queste parole: «il manager non è necessariamente il responsabile, ma uno che dà le idee, dà gli indirizzi, dà le priorità e che coordina». Serve una figura simile, ha spiegato Ferrini, perché «la ricerca ci dà delle indicazioni precise, che vanno però messe a sistema. Cioè è inutile fare interventi spot uno qua e uno là e non proseguirli, come spesso succede, perché purtroppo non porta i risultati sperati. I risultati si possono ottenere se si mette tutto il verde a sistema: in quel momento si possono vedere realmente i cambiamenti».
Ma tutta la giornata è stata ricca di spunti, a partire dalla prima sessione, a cura di Assoverde e Confagricoltura, che era focalizzata sul tema “La salute e il verde – Il verde e la salute” e sulla presentazione del Libro bianco del verde, la cui prossima edizione, in preparazione, sarà dedicata al progetto “Parchi della salute”. Una sessione a cui sono intervenuti fra gli altri, l’assessore regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi (vedi), l’assessore comunale di Firenze Cecilia Del Re, che ha avuto la delega sul verde urbano fino a qualche giorno fa e ha spinto molto l’acceleratore sull’inverdimento di Firenze (vedi), e la senatrice fiorentina Caterina Biti, vicepresidente della 9^ Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare). A quest’ultima, che nel suo intervento ha sottolineato il cambiamento di mentalità avvenuto a Firenze negli ultimi anni riguardo al verde, adesso «visto come un investimento per il futuro», Floraviva ha chiesto a che punto è l’iter del ddl Liuni di riforma del settore florovivaistico (vedi). «La Commissione ha lavorato molto in fase di istruttoria – ha risposto – con un buon clima, come accade su tanti provvedimenti in cui riusciamo davvero a lavorare al di là delle posizioni politiche e partitiche al servizio dei temi. Il florovivaismo è un ambito importante per il nostro Paese e la nostra Regione è un’eccellenza in questo. Gli emendamenti sono stati presentati e aspettiamo il parere del Governo, per poi riprendere…». Quindi dipende dal Governo? «In realtà dipende anche dal relatore e dalla Commissione – ha replicato - perché è ovvio che i pareri del Governo sono importanti per avere cognizione di causa su cosa è più fattibile e su cosa è meno fattibile. Dopo di che l’indirizzo politico è del Parlamento e quindi sta anche al relatore insieme alla Commissione, perché il senatore La Pietra sicuramente ha queste capacità di collaborazione, di portare a casa un risultato che tenga tutto insieme». Quando arriverà il responso del Governo? «Continuiamo a sollecitare, perché siamo pronti e vogliamo dare entro la fine della legislatura una risposta a questo settore così importante».
Al centro della sessione della mattina è stato comunque il progetto Libro bianco del verde, che, come sottolineato da Confagricoltura, è nato per promuovere un cambiamento nei modi di intervenire nel settore del verde, rendendo la natura protagonista delle città e creando una rete tra tutti gli operatori (pubblici e privati) per condividere obiettivi, individuare priorità e criticità, trovare soluzioni: una rete che costituisca una piattaforma permanente a supporto delle amministrazioni, per ottimizzare le risorse, indirizzare la programmazione e gli investimenti. Ma rappresenta anche un’occasione per accrescere la consapevolezza del valore che parchi, giardini, aree verdi, pubbliche e private, hanno per la qualità della vita e il benessere psico-fisico dei cittadini. E investire nel verde porterebbe indubbi vantaggi all’economia e all’occupazione del Paese, permettendo di rilanciare un settore come quello del florovivaismo, in cui l’Italia, e in particolare la Toscana, è assolutamente protagonista e ha tutte le caratteristiche per giocare un ruolo da leader, se adeguatamente sostenuta. «Sono convinto del ruolo da protagonisti che devono avere boschi, foreste e aree verdi nel nostro futuro – ha commentato Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana –. Sono orgoglioso perché penso che siamo riusciti a dare delle risposte esaurienti alle tante attese che oggi ruotano attorno ai temi della sostenibilità, a partire dal ruolo strategico del verde urbano, dell’abbattimento della CO2, degli effetti che il verde pubblico e privato hanno sul benessere e sulla salute di tutti noi. Sosteniamo quindi con convinzione l’importante messaggio che scaturisce dal Libro bianco: assegnare sempre più attenzione al settore del verde, diventare pionieri del cambiamento».
Scendendo più nel cuore tecnico del lavoro dietro al Libro bianco di Assoverde, Davide Troncon, responsabile Schemi forestali e Biodiversità dell’organismo di certificazione CSQA, ha parlato di quanto si sta facendo sul fronte della certificazione del verde urbano: dal nuovo standard PEFCtm ITA 1001-6 “Gestione sostenibile del verde urbano”, che è nella fase finale della consultazione pubblica sul sito pefc.it, al progetto avviato sui “Parchi della salute”, che sarà anche il prossimo focus del Libro bianco, dopo il primo dedicato ai pini dell’anno scorso (vedi). Come ci ha spiegato a latere del convegno, al nuovo standard sulla gestione sostenibile del verde urbano «manca solo l’accettazione da parte del PFC International, perché questo è un progetto che ha portato avanti PFC Italia, che ha coinvolto varie istituzioni che sono qui presenti e il prof. Francesco Ferrini. Dopo un confronto che è durato circa 2 anni è venuto fuori questo documento [Criteri e indicatori per la certificazione individuale e di gruppo di Gestione Sostenibile del Verde Urbano], che adesso è in consultazione pubblica per cui chiunque può fare commenti» e richieste di correzioni (per ancora pochi giorni). Si tratta di uno standard focalizzato sulla componente arborea degli spazi verdi urbani che è basato su «6 criteri che sono linee guida molto generali, che poi vengono articolate in vari indicatori», ha spiegato Troncon. Ad esempio, il criterio 2 “Mantenimento della salute e vitalità degli ecosistemi” prevede 2.1.a il “Piano di monitoraggio”, 2.2.a la “Programmazione degli interventi di potatura”, 2.2.b la “Pratica degli interventi di potatura” e così via per tantissimi indicatori, che poi gli organismi certificatori potranno controllare. Lo standard “Parchi della salute”, invece, è ancora in fase di costruzione: «stiamo iniziando adesso a raccogliere i requisiti dei vari stakeholder», ci ha riferito Troncon. L’obiettivo è «andare a evidenziare la connessione fra il verde e la salute» con una serie di indicatori misurabili e alla fine avremo uno standard che definirà come si deve fare un parco della salute. Per cui ad esempio avremo che «la casa di cura che ha un terreno agricolo vicino o che magari ha già un parco ma lo vuole modificare, e lo vuole fare secondo determinati criteri che sono quelli del parco della salute, può prendere questo schema, studiarselo e metterlo in pratica, e poi chiamare un ente terzo che lo certifica».
Fra i molti interventi citiamo qui quello in collegamento web del presidente del Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico e vice capo gabinetto del Ministero della Transizione Ecologica Raffaello Sestini, che ha annunciato un sondaggio fra gli operatori per individuare le principali criticità del settore verde per impostare meglio nuove strategie, e quello di Paolo Bellocci, responsabile della delegazione toscana dell’Associazione Italiana Direttori e Tecnici Pubblici Giardini (40 membri nella nostra regione), che ha sottolineato che in media l’incidenza percentuale delle spese per il verde nei Comuni italiani è solo dello 0,8% dei bilanci comunali e che va fatta salire ad almeno il 2% se vogliamo dare gambe ai piani di forestazione incentivati dal PNRR.
Inoltre vanno richiamati i due interventi della voce dei vivaisti a questo appuntamento. Vale a dire Luca Magazzini, intervenuto in questa occasione nei panni di presidente della Federazione di prodotto “Florovivaismo” di Confagricoltura Toscana e vice presidente della stessa a livello nazionale. Nella relazione della mattina, Magazzini ha sostenuto la necessità di mettere le aziende florovivaistiche nelle condizioni di dare una risposta efficace alla domanda di verde implicita in questi piani di inverdimento delle città incentivati dal PNRR. E questo ha a che fare, ad esempio, con l’aiutarle a restare competitive nonostante «il 60% delle molecole in meno a disposizione per trattare i patogeni, che sono aumentati» e nonostante i molti costi che hanno dovuto sostenere per investimenti nel risparmio idrico. Per produrre un albero ci vogliono almeno 5 anni e noi al momento «siamo in grado di garantire il consumo medio privato europeo», per dare una risposta alla nuova domanda di piante legata al PNRR c’è bisogno di forti investimenti da parte delle aziende agricole, a cominciare da quelli in personale qualificato, che scarseggia. Quindi ci vuole un sostegno a tali investimenti. Mentre nel secondo intervento, il pomeriggio, Luca Magazzini ha fra le altre cose descritto l’ultima fase di mercato per il settore vivaistico, che ha siglato di recente il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori del comparto con un aumento medio dei salari del 4,5% e poco prima aveva siglato quello provinciale (e a Pistoia «c’è il costo orario della manodopera più alto d’Italia» in questo comparto, ha osservato Magazzini). Se a questi aumenti aggiungiamo l’incremento dei costi energetici e «l’esplosione dei costi del materiale per la cura delle piante» (con ad esempio i tutori aumentati da «3/4 mila euro a 18 mila euro a container» e difficili da reperire e a prezzi sempre mutevoli) e le difficoltà a trovare trasportatori ecc., è chiaro che l’attività vivaistica sta attraversando una fase complessa. Anche perché, d’altro canto, «l’inflazione rappresenterà un freno per il consumo privato di piante e già ora questo si percepisce nei rapporti con i garden center a livello europeo». E però è vero che il PNRR spingerà repentinamente la domanda di piante delle amministrazioni pubbliche, per cui dovremmo aumentare le produzioni di piante con nuovi investimenti. Insomma il vivaismo si trova «in una condizione difficile», a un punto di svolta in cui è facile sbagliare. Pertanto sarebbe molto positiva una «sintonia» fra tutti gli attori della filiera del verde.
Tema, quest’ultimo, toccato anche dal moderatore della sessione pomeridiana dell’incontro, il presidente della Società Toscana di Orticultura Alberto Giuntoli, che in uno dei suoi interventi durante la giornata aveva richiamato un esempio interessante di forestazione urbana dall’impatto molto positivo: il parco del termovalorizzatore di Parma, capace di abbattere il doppio delle polveri emesse dal termovalorizzatore. Giuntoli, sentito da Floraviva dopo la fine dell’incontro pomeridiano per un bilancio sugli aspetti più meritevoli d'attenzione venuti fuori, ha dichiarato: «emerge sicuramente che è necessario un confronto. Un confronto fra le aziende che producono, le aziende che realizzano, i professionisti, ma anche gli enti, perché sono poi gli enti i regolatori di questo mercato, sono gli enti che poi fanno i prezzi, che decidono le regole del gioco. Quindi è necessaria la collaborazione fra tutti per arrivare a un verde di qualità, che è l’obiettivo condiviso da tutti e che renderà, speriamo da subito, le nostre città più vivibili, migliori per noi e per le future generazioni. Credo che questo tipo di incontri siano proficui per questo, cioè se da giornate come queste nascono dei confronti reali, dei tavoli di supporto, se nascono delle collaborazioni, delle convenzioni fra associazioni, enti ecc.».
Ma per il bilancio conclusivo di tutta la giornata, Floraviva si è rivolta a Rosi Sgaravatti, presidente di Assoverde. «È stato un convegno interessante, un po’ lungo – ha commentato -. Ce ne sarebbero voluti due per riuscire a sviscerare tutte le problematiche del settore, però è stato molto interessante perché finalmente abbiamo messo dei punti precisi sulla cooperazione, sul miglioramento di tutte le tecniche florovivaistiche, soprattutto sul PNRR e quello che si dovrà fare. Per cui è stata un’iniziativa secondo me positiva: bisogna riflettere adesso e cercare di portare avanti tutti insieme, in modo interdisciplinare, queste nostre istanze e davvero essere uniti per portarle davanti a chi deve decidere». E riguardo alla necessità di trovare spazi per aumentare le produzioni vivaistiche? «In tantissime aree dell’Italia ci sono luoghi abbandonati e di conseguenza aree che possono essere recuperate alla coltivazione, in modo tale che possano inserirsi nella produzione». Ma si riferisce solo al vivaismo forestale o anche a quello cosiddetto ornamentale? «Io direi anche quello ornamentale. Dalla forestale possono venire i semi e le piantine per poterlo fare, scegliendo le specie giuste per il verde urbano e questo è molto importante. Ma poi queste aree abbandonate devono essere coltivate perché questa è la virtù dell’uomo: coltivare vuol dire abitare».
Lorenzo Sandiford