Necessari più dati sulla vulnerabilità dei sistemi agricoli agli estremi climatici

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A mettere in luce questa esigenza Antonella Pontrandolfi, del Centro Agricoltura e Ambiente di Roma del Crea, sentita a Firenze a metà febbraio. La ricercatrice ha chiesto anche previsioni stagionali per l’agricoltura: benché non precisissime, danno punti di riferimento per programmare.

 
Il Governo ha stanziato nei giorni scorsi circa 10,5 milioni di euro da investire nella ricerca in agricoltura. Tra gli scopi dei progetti di ricerca che si vogliono sostenere è compresa la mitigazione dell’impatto dei cambiamenti climatici (vedi).
Riguardo a tale obiettivo, alcune indicazioni di ricerche utili da intraprendere sono state date a Floraviva da Antonella Pontrandolfi, ricercatrice del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), e precisamente del Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente di Roma, sentita il 15 febbraio a Firenze all’Accademia dei Georgofili a margine del convegno “La gestione del rischio in agricoltura” (vedi). Pontrandolfi, che è intervenuta con una relazione intitolata “Ricerca e innovazione per la gestione del rischio in agricoltura: sviluppi metodologici e strumenti di supporto” e preparata insieme a Giovanni Cappelli e Fabrizio Giuntoli, ha ricordato che il concetto di calamità naturale è collegato alla gravità degli impatti, che non dipendono solo dagli estremi climatici (eventi con frequenza e/o intensità nettamente superiori alle medie), ma anche dalla esposizione e vulnerabilità dei sistemi agricoli colpiti. Pertanto il rischio climatico, inteso come rischio di calamità naturale, va gestito sia attraverso la riduzione dell’esposizione (parti soggette a impatti avversi) e della vulnerabilità (predisposizione ad essere danneggiati dagli impatti) dei sistemi, sia attraverso la risposta che viene data subito dopo che è avvenuta la calamità.
«Tengo molto al concetto di esposizione e vulnerabilità – ha detto a Floraviva Antonella Pontrandolfi -. Cioè se non si fa un’analisi dei sistemi agricoli, come si fa a proporre una soluzione piuttosto che un’altra? La vulnerabilità è dei sistemi, non del tempo atmosferico. Il tempo incide sull’esposizione delle aree a certi eventi, ma poi è il sistema ad essere più o meno in grado di reagire. Le faccio l’esempio della siccità: se si hanno adeguati strumenti di programmazione dell’uso dell’acqua e impianti irrigui, si è meno vulnerabili alla siccità, indipendentemente che la siccità ci sia o meno». Dunque per la ricercatrice del Crea ci vogliono più dati sulle condizioni di esposizione e vulnerabilità dei sistemi agricoli. In particolare, bisogna «approfondire l’impatto degli eventi estremi su colture che a noi interessano di più, oltre ai cereali, e che sono la vite e l’olivo e in generale le arboree da frutta, perché sono fondamentali per la nostra economia agricola nazionale» e «a parità di evento, ci sono produzioni che, proprio perché hanno un alto valore aggiunto, perdono di più, ad esempio a parità di pioggia il vigneto subisce un danno molto maggiore rispetto ad un campo di frumento, per cui è fondamentale mettere a disposizione di questi settori degli studi che consentano di simulare come si comporterebbe la produzione in caso di eventi estremi».
Un’altra esigenza prioritaria messa in evidenza da Antonella Pontrandolfi «è riuscire ad arrivare a previsioni stagionali per l’agricoltura, perché le previsioni a 10/15 giorni non sono sufficienti per programmare bene o per prevedere i problemi. Sulle previsioni stagionali non c’è tantissimo in giro: le fanno un po’ i francesi, c’è il Consorzio Lamma in Toscana che se ne occupa. Naturalmente non sono come le previsioni a 5 giorni. Però averle per tutto il territorio nazionale, almeno sulle aree agricole principali, sarebbe importante».
 
Lorenzo Sandiford