Confagricoltura in prima linea sulle vaccinazioni nei luoghi di lavoro
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Adesione di Confagricoltura al Protocollo siglato da Governo e parti sociali per la promozione delle vaccinazioni anti-Covid nelle aziende. Il lavoro agricolo è a “basso rischio” di contagio da Coronavirus per l’INAIL, con solo l’1,5% del totale delle denunce, ma Confagricoltura vuole dare il suo contributo al ritorno alla normalità, precondizione della ripresa del Paese.
«Con il Protocollo viene data una risposta concreta all’interesse manifestato da diverse imprese agricole associate di medie-grandi dimensioni a porre in essere tutte le iniziative necessarie per la vaccinazione dei propri dipendenti».
Così il vice presidente di Confagricoltura con delega al Lavoro, Sandro Gambuzza, ha annunciato ieri l’adesione della sua associazione al “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” siglato dal Governo e le parti sociali il giorno prima.
Il settore primario potrà dunque fornire il suo contributo alla realizzazione del Piano vaccinale nazionale, anche se il lavoro agricolo è classificato a “basso rischio” dall’INAIL rispetto al contagio da Covid. Infatti le denunce di infortunio sul lavoro da Coronavirus segnalate dall’inizio dell’epidemia in agricoltura rappresentano soltanto l’1,5% del totale delle denunce pervenute (dati INAIL del 6-4-21).
L’adesione al Protocollo da parte delle imprese agricole è assolutamente volontaria. Potranno aderire tutti i datori di lavoro del settore, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati, anche se, verosimilmente, saranno le imprese di certe dimensioni ad essere maggiormente interessate, potendo contare su spazi adeguati. In ogni caso l’adesione al piano di vaccinazione nei luoghi di lavoro potrà essere supportata o coordinata dalle sedi territoriali di Confagricoltura.
La somministrazione del vaccino potrà avvenire secondo tre diverse modalità: somministrazione diretta in azienda (con costi a carico del datore di lavoro, salvo i vaccini che saranno forniti dalle autorità sanitarie regionali); somministrazione in convenzione con strutture sanitarie private (anche per il tramite delle sedi territoriali di Confagricoltura); somministrazione per il tramite dell’INAIL (per i datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente ovvero non possano fare ricorso a strutture sanitarie private).
«Attraverso la vaccinazione in azienda, le imprese agricole – conclude Sandro Gambuzza - vogliono fornire il loro contributo ad un ritorno graduale alla normalità, condizione necessaria per la ripresa economica del Paese».
Redazione