Bellanova: tutela redditi = competitività imprese = invarianza fiscale

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La prima priorità del programma presentato dal ministro Bellanova in parlamento è la competitività delle imprese, con no secco al taglio delle agevolazioni sul gasolio agricolo. Cruciali anche difesa del made in Italy, tracciabilità/trasparenza, pratiche leali nelle filiere, lotta al caporalato, contrasto alla crisi climatica e innovazione sostenibile. Fra i punti forti dell’agricoltura italiana, oltre al valore aggiunto di 33 miliardi di euro al centro d’un sistema agroalimentare (ristorazione inclusa) di 219,5 miliardi (14% del Pil), il fatto che è nostro «il 35% dei prodotti vivaistici» dell’UE. Tra le debolezze, la penalizzazione del segmento produttivo di filiera (su 100 € spesi dal consumatore solo 3,3 vanno agli agricoltori), scarsa aggregazione, pochi giovani.

«La nostra priorità assoluta è tutelare il reddito degli agricoltori. La via primaria è garantire competitività alle imprese, a partire dall'utilizzo della leva fiscale. Anche in questa sede voglio ribadire che, come concordato con il Ministro dell'Economia Gualtieri, è escluso un taglio delle agevolazioni per il gasolio agricolo. La missione complessiva del governo è quella di garantire una diminuzione della pressione fiscale e in questo contesto credo vada assicurata attenzione alle esigenze del comparto agricolo».
E’ il primo paragrafo della prima delle dieci linee programmatiche presentate due giorni fa alle commissioni Agricoltura di Camera e Senato dalla ministra per le politiche agricole Teresa Bellanova: la voce “rafforzare la competitività delle imprese”, garantendo l’invarianza fiscale, rilanciando gli investimenti, favorendo digitalizzazione ed export ed eliminando barriere di accesso a terra, credito e capitali, in particolare ai giovani e alle donne, dato che per ogni giovane imprenditore ce ne sono 5 anziani e che l’imprenditoria agricola femminile si attesta al 30% del totale. In questa voce si afferma anche che il rilancio degli investimenti passerà «attraverso il potenziamento dei contratti di filiera e di distretto, individuando nuove forme incentivanti per la digitalizzazione, l'export e l'e-commerce» e che sarà utilizzato pure lo strumento dei “distretti del cibo”. Inoltre saranno convocati con costanza i tavoli delle singole filiere. «In questa prima fase di Governo – aggiunge Bellanova - abbiamo portato avanti i lavori per il Piano di rigenerazione olivicola dell'area colpita da Xylella e per le azioni di contenimento dell'avanzata del batterio, ci stiamo confrontando con le regioni del Nord sul grave problema dei danni provocati dalla cimice asiatica». Molto importante pure il «piano di interventi per le infrastrutture logistiche per i prodotti alimentari, in accordo con Ministero dei trasporti e Ministero del Sud».
Ma la presentazione del programma di mandato della ministra Bellanova è iniziata con una breve descrizione dei punti di forza e delle debolezze dell’agricoltura italiana nel contesto del complessivo sistema agroalimentare. «L’Italia – dice Teresa Bellanova - detiene alcuni primati europei, a partire dal valore aggiunto, pari a 33 miliardi di euro, che ci mette prima della Francia e della Spagna. Ai prodotti agricoli italiani spettano diversi primati nell'UE: è italiano oltre il 35% del valore commercializzato dell'UE di mele e uva, il 47% di kiwi, il 61% di nocciole sgusciate, il 35% di prodotti vivaistici. E l'agricoltura rappresenta il cuore pulsante del sistema agroalimentare nazionale, che conta oltre 1 milione di imprese che danno lavoro a più di 1,4 milioni di persone (917 mila in agricoltura e 486 mila occupati nell'industria di trasformazione). Parliamo di circa il 14% del Pil con 219,5 miliardi di euro, compresa la ristorazione». Inoltre «le esportazioni di prodotti agroalimentari assumono un ruolo di primaria importanza negli scambi con l'estero dell'Italia: hanno raggiunto un valore di 41,8 miliardi di euro nel 2018, pari al 9% delle esportazioni totali nazionali» e «il made in Italy agroalimentare è protagonista anche nel mercato dei prodotti certificati biologici e in quello delle indicazioni geografiche, dove vantiamo il primato mondiale dei riconoscimenti, con un fatturato di 15 miliardi di euro all'origine». Tutti lati positivi che il Governo intende far conoscere di più e valorizzare.
Ma ci sono anche punti deboli, da migliorare. Fra questi, il «calo della redditività a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i costi di produzione – sottolinea Bellanova -. Penso ai forti squilibri strutturali che penalizzano la componente produttiva e i consumatori. Su 100 euro spesi dal consumatore per prodotti agricoli trasformati appena 3,3 euro sono destinati alla componente produttiva a vantaggio di commercio, logistica e grande distribuzione». Ma anche lo «scarso livello di aggregazione dell'offerta: il sistema delle Organizzazioni di produttori ha un ruolo solo nel settore ortofrutticolo spinto dall'OCM, dove comunque, ancora copre circa la metà del valore della produzione ortofrutticola totale» e nonostante la recente crescita dell’interesse dei giovani per l’agricoltura, testimoniato dall’aumento di imprese “giovanili” e delle immatricolazioni alle facoltà di agraria, «l'agricoltura italiana soffre particolarmente del fenomeno della senilizzazione: solo l'8% delle aziende agricole ha un capo azienda under 40».
Quali dunque le priorità di una strategia agricola di lungo periodo che consenta di correggere questi problemi?  E che lo sappia fare tenendo conto della crisi climatica, che merita risposte urgenti, e della crisi delle relazioni commerciali internazionali, con proprio in questi giorni ulteriori dazi Usa che mettono in difficoltà diverse filiere agricole dei nostri territori e con la Brexit che incombe?
Abbiamo visto la prima. Ecco le altre:
2) Promuovere e valorizzare il Made in Italy nel mondo e impedire i fenomeni che minacciano il valore e la reputazione dei prodotti italiani. Basti pensare che il falso made in Italy agroalimentare è stimato intorno ai 100 miliardi di euro, più del doppio dei circa 42 miliardi di valore dell’export dei prodotti agroalimentari autentici. Come? Con «strumenti per la salvaguardia anche legale delle indicazioni geografiche e il potenziamento dei consorzi di tutela», oltre che «una maggiore protezione delle Indicazioni geografiche nei trattati di libero scambio». Non solo, visto che i nostri mercati esteri di sbocco sono troppo concentrati, con la metà del valore realizzato in 5 Paesi (Germania, Francia, Usa, Regno Unito e Spagna) e indietro Cina, Giappone e India, «per aprire nuove rotte è necessario anche favorire lo sviluppo di piattaforme logistico distributive all'estero per il Made in Italy». Senza dimenticare di «sfruttare meglio l'opportunità che abbiamo quando un turista visita il nostro paese. Per questo puntiamo sullo sviluppo dell'agriturismo, dell'enoturismo e del turismo gastronomico».
3) Garantire trasparenza ai cittadini sulla qualità e provenienza di alimenti e materie prime utilizzate. «Oltre il 90% dei cittadini italiani ha dichiarato di voler conoscere l'origine della materia prima degli alimenti in etichetta – ricorda la ministra -  Per questo sul piano europeo, puntiamo all'allargamento della lista dei prodotti per i quali è previsto l'obbligo di indicazione dell'origine delle materie prime». Mentre sul piano nazionale, «intendiamo procedere con l'attuazione della norma sull'etichettatura obbligatoria degli alimenti individuando le categorie di prodotto coinvolte e avviando il negoziato con l'Europa, puntando sulla richiesta dei cittadini e sul legame tra qualità e origine come previsto dalle norme UE». Inoltre «per tutelare i cittadini ed assicurare la tracciabilità dei prodotti alimentari, vogliamo favorire l'utilizzo di tecnologie avanzate, inclusa la blockchain».
4) Garantire legalità e correttezza sui mercati, contrastare le posizioni dominanti nella filiera e assicurando una più equa distribuzione dei margini. Attraverso quattro vie: a) «accelerare il recepimento della Direttiva europea UE 2019/633 sulle pratiche sleali, per tutelare di più e meglio il contraente debole, assicurando effettività ai controlli lungo la filiera» e prevedendo autorità di contrasto; b) «confermare l'obbligatorietà dei contratti scritti, e l'ambito di applicazione rivolto a tutti i soggetti della filiera produttiva a prescindere dalla dimensione economica»; c) «riformare il quadro penale dei reati agroalimentari»; d) «rafforzare il sistema dei controlli e delle sanzioni amministrative».
5) Assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori con la piena applicazione della normativa sul caporalato (legge 199 del 2016). «Insieme alle ministre Catalfo e Lamorgese – fa sapere - abbiamo stabilito di attivare il Tavolo interistituzionale, che si riunirà il 16 ottobre, e adottare quanto prima il Piano nazionale triennale di contrasto e prevenzione del caporalato». E per prevenire il fenomeno va semplificata la vita delle imprese agricole favorendo ad esempio «l'utilizzo di nuove forme di intermediazione del lavoro attraverso piattaforme informatiche. Serve garantire il reperimento di manodopera legale in particolare durante i picchi stagionali».
6) Arginare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle produzioni e rafforzare gli strumenti a tutela dei redditi degli agricoltori, valorizzando il ruolo attivo dell'agricoltura nella salvaguardia dell'ambiente e nella prevenzione del dissesto idrogeologico. «L’agricoltura – osserva - è allo stesso tempo uno dei settori più esposti ai danni provocati dal riscaldamento globale e dall'altro lato uno dei possibili settori di più attivo contrasto alle emissioni di gas serra». Seguendo l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, dobbiamo potenziare il Fondo di solidarietà nazionale per tutelare il reddito degli agricoltori colpiti da calamità, diffondere le assicurazioni, valorizzare il ruolo degli agricoltori misurando gli effetti positivi nel sequestro del carbonio e altri parametri utili, prevenire dissesto idrogeologico con un piano decennale delle strutture irrigue.
7) Favorire processi di innovazione sostenibile, di riduzione degli sprechi alimentari e una più oculata gestione delle risorse naturali anche attraverso lo sviluppo dell'agricoltura di precisione. La sostenibilità deve essere «economica, sociale e ambientale» e bisogna passare da un’economia lineare in cui si finisce col rifiuto o spreco a un’economia circolare. Fra le azioni, investire nella ricerca pubblica «per tutelare le colture tradizionali italiane, anche alla luce del necessario adattamento climatico». Inoltre saranno valorizzate le produzioni bio, che vedono una crescita costante degli ettari (ora arrivati 2 milioni) e degli operatori (quasi 80mila) e dei consumi nazionali.
8) Accelerare azioni organiche per la difesa del suolo agricolo, per la permanenza dell'agricoltura nelle zone montane e per la conservazione e valorizzazione del patrimonio paesaggistico agricolo e forestale. Approvazione quindi della legge contro il consumo di suolo, sostegno alla Banca delle terre e Piano forestale nazionale.
9) Favorire l'inclusione attraverso la valorizzazione dell’agricoltura sociale (legge 141 del 2015).
10) Tutelare il reddito dei pescatori e garantire lo sviluppo di un'economia sostenibile del mare attraverso la salvaguardia delle specie marine.
Infine la semplificazione. «Nessuno degli obiettivi citati – conclude Bellanova - si affronta senza questo. Semplificare è la prima parola che ognuno di noi ascolta da qualsiasi interlocutore del settore. Semplificare è anche una delle missioni più complicate a livello politico. Credo sia il momento di aprire la possibilità alle aziende di segnalare direttamente e puntualmente quali circolari, quali adempimenti vanno a far sì che più che coltivare cibo, gli agricoltori facciano crescere montagne di carta».

Redazione