Alberi da piantare: basta cifre illusorie, pensiamo al come
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in Editoriali
E’ fondamentale piantare alberi, ma non è sufficiente: dobbiamo in primis ridurre le emissioni inquinanti. Ribadito ciò, quanti alberi si potranno ragionevolmente piantare nei prossimi anni? Alcune stime e ragionamenti sul numero di alberi (1.000 miliardi) ipotizzato da un gruppo di ricercatori del Crowther Lab del Politecnico di Zurigo per raggiungere risultati significativi nell’assorbimento di CO2 e sulla cifra target del 2030 indicata dalla Commissione Europea (3 miliardi di alberi in Europa). Invito sul come piantare: usare sempre materiale vivaistico di qualità e professionalità qualificate.
Mentre si glissa sulla data delle emissioni nette globali di gas serra pari a zero, o neutralità del carbonio, preferendo un generico «entro la metà del secolo» o «verso la metà del secolo», si ripetono cifre iperboliche sugli alberi che dovranno essere messi a dimora. Ma li vogliamo fare due conti? Facciamoli e vediamo se questo può contribuire a fare un po’ di chiarezza.
Prima dei conti però vorrei ribadire con forza che non si deve pensare che piantando alberi si possa continuare a inquinare. DOBBIAMO RIDURRE LE NOSTRE EMISSIONI e non pensare che gli alberi, da soli, risolvano i problemi del pianeta.
Riporto allora i pensieri di alcuni studiosi/colleghi/ricercatori.
«La sola idea di piantare alberi porta l’opinione pubblica a pensare che basti ciò per risolvere la crisi climatica e che tutte le trasformazioni epocali che dovremmo imporre alle nostre esistenze per renderle più sostenibili non siano più necessarie» (Grittani, 2021 – su rinnovabili.it).
Secondo quanto riportato dal sito “One trillion trees”, gli alberi piantati sono solo qualche decina di milioni (a fronte dei 15,3 miliardi abbattuti annualmente). «Supponendo anche che ne piantassimo 100 milioni a settimana, per arrivare a mille miliardi ci vorrebbero poco più di 192 anni. La grande sfida imposta dalla crisi climatica non può attendere tanto».
Oltre a questo dobbiamo puntualizzare che se consideriamo una percentuale di sopravvivenza del 50% (che in certi casi è quasi ottimistica), gli anni per avere 1.000 miliardi di alberi in più diventano 384.
Riprendo un pensiero (adattandolo leggermente, ma non cambiandone assolutamente la sostanza) espresso da Paolo Mori, dottore forestale, esperto di livello assoluto e direttore della Rivista Sherwood:
«Non è solo una questione di tempo, ma anche di disponibilità di terreno.
1.000 miliardi di alberi per fissare la CO2 in eccesso e risolvere la crisi climatica? Ma SIAMO PROPRIO SICURI?
Questa è la proposta avanzata dal Crowther Lab (ormai ripetuta come un mantra, senza che nessuno si chieda se la cosa è realmente possibile) per risolvere in pochi anni la crisi climatica.
Per fissare CO2 al meglio delle loro potenzialità le varie specie devono essere collocate in aree idonee e a ogni albero va assegnata una superficie adeguata alle dimensioni che potrà raggiungere da adulto.
Quanta superficie terrestre servirebbe quindi per 1.000 miliardi di alberi adulti? Se, solo per avere un ordine di grandezza, prendiamo un albero comune come un tiglio, il cui raggio della chioma raggiunge facilmente i 5 m a maturità. Con un raggio di 5 m lo spazio indicativamente occupato dalla chioma è di circa 78 m2. Per mantenere la chioma fotosinteticamente attiva per tutta la sua profondità, e non solo per i 3 o 4 m della sua sommità, bisogna lasciare almeno 1 m in più rispetto al raggio effettivo che la pianta raggiungerà da adulta; pertanto, l'area che serve ad una pianta del genere è di circa 113 m2 (circa 85-90 piante per ettaro). Possiamo piantare anche 1.000 alberi per ettaro, ma se vorremo mantenere al massimo il potenziale delle piante che costituiranno il soprassuolo definitivo, saranno necessari diradamenti e, in alcune decine di anni, si arriverà comunque a 85-90. Qualora ne mantenessimo comunque di più non eseguendo diradamenti, la capacità di fissazione per ettaro sarà inferiore. Se si moltiplica la superficie necessaria a ogni pianta per il numero di alberi si arriva a un fabbisogno pari a 113 milioni di CHILOMETRI quadrati (non ettari ma chilometri quadrati). Ora se si considera che l'Italia ha una superficie di 301.304 chilometri quadrati, se ne ricava che per avere a maturità i 1.000 miliardi di alberi promessi al meglio delle loro potenzialità, servono indicativamente 375 Italie, oppure, se preferite 11,31 Canada (cioè poco più del 75% delle terre emerse).
Ipotizzando non 85-90 piante a ettaro di grandi dimensioni, ma 1.000 di piccole dimensioni di cui gran parte destinata ad una morte precoce e quindi non conteggiabile nel numero di quelle fotosinteticamente attive, servirebbero comunque più di 32 Italie, cioè qualcosa di più della superficie dell’intero Canada.
Ora, pur adottando un criterio di prudenza e considerando che si tratta di una stima di massima fatta con una sola specie, non vi sembra comunque che quella dei 1.000 miliardi di alberi sia una proposta irrealizzabile su cui non perdere altro tempo, cercando piuttosto di portare avanti azioni concrete e più facilmente realizzabili?
Piantiamo alberi e facciamolo bene, poiché servirà a contrastare la crisi climatica, ma non illudiamoci di poter nascondere il carbonio fossile che mettiamo in circolazione sotto un tappeto di alberi. Potremo dare un contributo con gli alberi e lo daremo, ma servirà soprattutto ridurre le nostre emissioni e imparare a vivere all'altezza delle nostre possibilità ambientali». (Paolo Mori, 2021)
Va anche detto che Ursula von der Leyen ha affermato che dovranno essere piantati 3 miliardi di alberi in Europa entro il 2030. Anche solo in termini numerici, la promessa appare difficile da mantenere: piantare tre miliardi di alberi in 10 anni (circa 7 per abitante UE 27) vuol dire piantarne 300 milioni ogni anno. Per raggiungere questa cifra, bisognerebbe procedere al ritmo di circa 1,5 milioni al giorno, considerando che la stagione di piantagione sia di circa 200 giorni. Il problema è che dei 200 giorni potenziali che vanno da metà ottobre a metà aprile ci sono oltre 50 sabati e domeniche e almeno 10 giorni di festa. Oltretutto non si può piantare nei periodi eccessivamente piovosi e nei giorni di gelo (frequenti nel nord Europa). Ciò vuol dire che abbiamo al massimo 100-120 giorni per piantare… ne consegue che potrebbe essere necessario piantare quasi 3 milioni di alberi al giorno. Anche se parlassimo di piccole piantine forestali, sarebbero sempre 3.000.000 di piantine da movimentare, piantare e magari irrigare se non piove. E così per 100-120 giorni. Resta da capire dove sono 3 milioni di piante al giorno disponibili, visto che l’attività vivaistica è considerata un’attività marginale ed è sottoposta a numerosi vincoli, giusti o eccessivi che siano per quanto riguarda le superfici coltivabili. Le piante non sono mascherine che possiamo produrre e accumulare a milioni e milioni in un piccolo capannone, ma necessitano di almeno 1-2 anni per la produzione di piantine forestali e almeno 4-5 per quanto riguarda le piante destinate a costituire le aree verdi delle nostre città (Ferrini, 2021).
Quando al portavoce di Ursula von der Leyen è stato chiesto quanti alberi sono stati piantati da maggio a Novembre 2020, è calato il gelo. Non sono state fornite cifre, e i cronisti sono stati invitati a interpellare le regioni e i singoli Stati membri della UE. Quindi non sono più 10 gli anni di tempo, ma adesso sono 8…(Ferrini, 2021).
Alla luce di tutto ciò, questo è il mio pensiero finale: piantiamo meno e piantiamo meglio. Piantiamo alberi in modo corretto laddove essi sono più necessari, cioè nelle aree urbane e periurbane e favoriamo la afforestazione laddove è possibile, ma lasciamo anche che la natura faccia il suo corso e piano piano riconquisti le aree sottratte ai boschi e attualmente abbandonate. Magari potremmo favorire tale "riconquista" evitando che i nuovi boschi siano costituiti da specie invasive, gestendo in modo adeguato questa “naturale riforestazione”.
E, soprattutto, utilizziamo materiale vivaistico di qualità, prodotto in vivai professionali e con le adeguate certificazioni e affidiamo i futuri imponenti progetti (perché qualcosa si deve fare e si farà sicuramente) a coloro che di impianto e gestione delle foreste ne capiscono, in modo da garantire la sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e sociale della filiera.
Riportare la realtà dei fatti non è da Cassandre, ma da onesti professionisti. Forse però è più facile credere alle favole. Ma quando le favole finiscono bisogna affrontare la realtà, che ci dice che non abbiamo né le superfici, né le piante, né i soldi (veri) per mettere a dimora fantasmagorici numeri. Noi piantiamo alberi, non piantiamo numeri.
Francesco Ferrini
prof. di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Università di Firenze
presidente del Distretto rurale vivaistico-ornamentale di Pistoia