UNA QUERCIA PER ROBERTO FAMBRINI

Se n’è andato ieri, com’è della verità: all’improvviso. All'amico Roberto Fambrini, che sapeva ascoltare l’inconscio civile di una città e tradurlo in parole giuste, dedico una quercia.
Non era uomo da addii preparati, né da scene. Eppure la sua uscita di scena ci ha colti tutti di sorpresa, come accadeva quando offriva soluzioni inattese, visioni lucide, battute spiazzanti e intelligenti. La sua ironia – mai vana, sempre motivata – era il segno vivo di una cultura autentica, mai esibita. Roberto Fambrini era così: lucido, arguto, profondamente umano. Un riferimento, a Pescia e oltre. Avvocato di rigore e stimatissimo, amministratore generoso, era soprattutto l’amico al quale ci si poteva rivolgere: trovava tempo, parole e pensieri per ciascuno. Si ricordava di tutti e per ognuno trovava un modo, una via, anche minima, per aiutare. Lo faceva con quel garbo raro, con quella misura affettuosa che oggi appare quasi d’altri tempi. Aveva a cuore la sua Pescia, profondamente. E ne portava il peso, con il rammarico di non aver ancora visto quella ripartenza che sognava, quella rinascita fatta di giovani impegnati nella politica e di una politica finalmente capace di occuparsi davvero dei giovani. Era questa la sua visione: una città viva, inclusiva, pensante. E lo diceva con dolce fermezza, con speranza razionale. Amava gli animali con lo stesso rispetto profondo che riservava alle persone. Non faceva mai mancare loro un gesto di tenerezza, un cenno, una carezza. E in quel modo – mai esplicito, ma radicale – giudicava anche gli uomini: li misurava dalla capacità di accogliere e rispettare la vita, tutta. Chi prendeva distanza, chi voltava lo sguardo, non era più parte del suo mondo. Nemmeno se lo era stato. Con Franca ha condiviso un’intimità autentica e viaggi che, negli anni, sono diventati un rito di scoperta e riflessione: l’Italia che amava e le mete straniere, come Francia e Spagna, che negli ultimi tempi aveva prediletto non solo per bellezza ma per ispirazione civica. Per lui, quei paesi rappresentavano modelli di un vivere democratico più consapevole, più equo, più vero.
Per me, Roberto è stato un amico nel senso più pieno del termine. Le nostre conversazioni, le nostre divergenze, sono state esercizi di crescita reciproca. E oggi, nel silenzio che ha lasciato, resta la sua voce interiore: un invito costante a essere migliori, a credere nella parola, nell’ascolto, nella comunità. Per questo voglio piantare una quercia per lui. L’albero che resiste, che cresce lento e sicuro, che protegge e custodisce. Perché Roberto era tutto questo. E continuerà a esserlo. Radicato nella nostra memoria, e nei nostri gesti futuri. Un pensiero affettuoso a Franca, a Niccolò, e a tutti noi che abbiamo avuto il privilegio di camminare accanto a lui, anche solo per un tratto.
Andrea Vitali