Il blues degli Olivi

E’ praticata ancora oggi la raccolta delle olive da famiglie e piccole aziende agricole, un lavoro che negli ultimi decenni ha visto delle migliorie ma che resta sempre faticoso. Uno sguardo nostalgico ma non troppo al suo passato.

Se ci fermiamo a osservare con attenzione le vecchie fotografie della raccolta delle olive, ci accorgiamo di quante informazioni possono darci riguardo il modo di raccolta e sugli usi e costumi legati al territorio e alla società contadina.
Oggi abbiamo le reti, le piante di ulivo sono quasi sempre basse e ben potate, esistono turboventilatori e altri attrezzi meccanici e manuali che ne facilitano la raccolta e, soprattutto, è impossibile vedere, tra muri a secco e viottoli, intere comunità lavorare collettivamente intente alla raccolta di questo frutto prezioso.

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Le piante in passato erano molto più alte, così come le scale di legno impiegate che, a guardarle in queste foto in bianco e nero, fanno una certa impressione. I terreni sottostanti gli olivi erano puliti o meglio lavorati, soprattutto in pianura ma, anche negli uliveti collinari, venivano dissodati se non usati come pascolo per gli animali, ma quello che attira di più l’attenzione è il numero di persone che in passato era coinvolto in questa attività legata a un breve periodo dell’anno. Si capisce come fosse un lavoro molto più duro di quello che è oggi, come tutti i lavori dei campi ma che vedeva la partecipazione di tutta la comunità. I braccianti agricoli, tradizionalmente sottopagati, erano affiancati da tantissime donne. La manodopera femminile, che qualcuno ha definito un’avanguardia (ma facciamo finta di non aver capito!), non era certo risparmiata dalla fatica: si occupavano di preparare e sistemare i grandi teli di canapa, facevano la raccolta manuale delle olive, trasportavano pesanti sacchi di canapa camminando su terreni malfermi.
In pochi anni la società contadina si è dissolta, assorbita dalla “vita moderna”, la fabbrica, le periferie, abitudini diverse. Restare nei campi o tra gli ulivi non esercitava molta attrattiva sui giovani, ancora oggi il malessere è una costante per chi lavora nell’agricoltura, dove non mancano gesti estremi spinti da isolamento, problemi finanziari e mancati riconoscimenti. Nonostante questo non si può fare a meno di provare un senso di rammarico e nostalgia per quei tempi e per quella cultura, ormai scomparsa, che è stata la base della nostra società e che, in qualche modo, soddisfa ancora un nostro bisogno primario come l’alimentazione.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin

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