Il direttore di Confagricoltura Pistoia sugli scenari post Covid-19
Intervista a Daniele Lombardi, direttore di Confagricoltura Pistoia, sulla situazione dell’agricoltura in seguito all’emergenza Covid-19, con particolare (ma non esclusiva) attenzione al florovivaismo: primo comparto del territorio provinciale grazie al Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia e alla floricoltura della Valdinievole, colpiti entrambi pesantemente. Per Lombardi la filiera agroalimentare ha retto bene nonostante qualche difficoltà logistica e per il nuovo protocollo di sicurezza. Il buco del florovivaismo provinciale è stato sinora, fino al 3 aprile, di ben 480 milioni di euro. Notevole l’invenduto anche della vitivinicoltura. Lombardi, soddisfatto della corretta equiparazione da parte del Governo delle piante agli altri beni primari, visti i loro effetti benefici su ambiente e salute, riepiloga le misure per la ripresa e le azioni di Confagricoltura, con qualche suggerimento alle aziende.
L’epidemia da Covid-19 con il suo impressionante bilancio di vittime in nord Italia, ma con le sue tragiche tracce anche in Toscana e a Pistoia, e il conseguente stato di emergenza nazionale si stanno facendo sentire sull’economia agricola pistoiese. Soprattutto nel comparto leader del territorio, il vivaismo ornamentale di Pistoia e più in generale tutto il florovivaismo, che comprende anche la floricoltura e il vivaismo olivicolo di Pescia e il resto della Valdinievole.
Floraviva ha sentito Daniele Lombardi, direttore di Confagricoltura Pistoia, per tracciare con lui il quadro della situazione: dall’impatto della crisi, alle misure del Governo, fino alle azioni di Confagricoltura a livello nazionale e locale, con qualche indicazione finale alle imprese associate.
Facciamo prima il punto sulle attività agroalimentari in generale dopo i vari decreti per l’emergenza Coronavirus: fermo restando che non ci sono limitazioni a livello produttivo, esistono difficoltà nella filiera e nel commercio oppure tutto fila liscio?
«Il settore agroalimentare, per le informazioni che abbiamo dai soci, sta rispondendo in maniera ineccepibile e mostrando quanto si meriti la leadership internazionale. In Confagricoltura Pistoia è rappresentata tutta la filiera e le nostre aziende stanno dando il massimo, sia in termini di capacità produttiva che di sicurezza sul lavoro: gli standard erano già molto elevati e i nostri tecnici e consulenti hanno prontamente informato e supportato le aziende che ce lo hanno chiesto nell’applicazione del protocollo. Sul lato distribuzione abbiamo notato un grande apporto dei punti vendita di prossimità: piccoli alimentari, fruttivendoli, macellai, panettieri stanno infatti dimostrando la loro importanza strategica, con una grande flessibilità rispetto alla domanda, e quanto siano complementari alla gdo [grande distribuzione organizzata, ndr], che sta fornendo comunque tutti beni di prima necessità senza problemi grazie alla riposta dei nostri produttori. Credo che lo slogan Compra Italiano, ora, trovi un riscontro concreto da parte degli utenti».
Un quadro senza linee d’ombra?
Certo, abbiamo segnalazioni dai nostri associati sul fatto che reperire trasporti con regolarità e certi tipi d’interventi su macchine e attrezzature e sui sistemi di lavoro, per via delle nuove norme da rispettare, è molto complesso. Ma la collaborazione è massima da parte di tutti e il nostro servizio tecnico agronomico è sempre a disposizione per dare supporto in caso di necessità. Anche il comparto vitivinicolo sta mostrando difficoltà causate dalla chiusura dell’Horeca e barriere all’export che genereranno un stock d’invenduto notevole con la campagna di settembre alle porte e incertezza nel programmare la campagna 2022.
E che mi dice invece sul florovivaismo, visto che è così importante per la provincia di Pistoia e così orientato sull’export? Come è la situazione adesso in Italia? E all’estero?
«Qui la situazione è grave. Il florovivaismo, il nostro settore più importante, è uno dei più colpiti, se non il più colpito, da questa emergenza: è al collasso e deve essere immediatamente rianimato. Fino a oggi era consentito solo di mantenere viva la produzione negli impianti vivaistici, ma la vendita al dettaglio era vietata, tranne che online. Purtroppo tutto questo avviene in primavera, ovvero il periodo dell’anno che rappresenta, a seconda dei segmenti specifici, dal 50% al 70/80% fino al 90% del fatturato annuo. E stiamo parlando di un settore che conta in provincia di Pistoia circa 15.000 addetti tra diretti e indotto e 1.500 aziende florovivaistiche con un giro d’affari che sfiora gli 800 milioni ed un export che vale oltre il 70% e per alcune aziende arriva a oltre il 90%. Con il gruppo di lavoro di Confagricoltura Pistoia dedicato all’emergenza Covid-19, abbiamo calcolato danni, per la sola provincia di Pistoia e per il solo fermo di questo periodo (3 aprile), di almeno 480milioni d’euro».
La recente apertura alle vendite da parte della presidenza del consiglio dei ministri e della ministra Bellanova cambierà le cose?
«Il chiarimento di Palazzo Chigi al DCPM del 23 marzo, “è consentita la vendita al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, ammendanti e altri prodotti simili”, ha dato un’iniezione di fiducia. Una piccola boccata d’ossigeno al nostro comparto più rappresentativo, che ha visto Confagricoltura impegnata in prima linea per la raccolta dei dati e nella trattativa con il governo centrale da cui è scaturita questa apertura. Siamo consci che tale risultato, che dovrà essere ratificato con la modifica al DCPM del 23 marzo, riguarda le sole vendite nazionali, le quali peraltro dovranno fare i conti con quanto già perso e con una domanda profondamente modificata dalla cancellazione di tutte le ricorrenze, dalla mobilità ridotta al minimo e una propensione all’acquisto certamente rivolta maggiormente ai beni di prima necessità. L’altra criticità del vivaismo, aspetto molto preoccupante anche in termini di ripartenza, è l’impossibilità di programmare le produzioni. Ad esempio, nel vivaismo una grande quantità di piante è stata rimessa in pieno campo dopo la cancellazione degli ordini e questo comporta di non aver spazio per mettere a dimora le nuove produzioni, che ormai variano di anno in anno. E di conseguenza è impossibile pianificare il ciclo che vive di un preciso fotoperiodo e una domanda conseguente. A ciò si aggiunge che una parte di produzione verrà distrutta».
Nella floricoltura invece?
«Anche nella floricoltura, che ha cicli produttivi più veloci, sia per le piante annuali in vaso che per i fiori recisi, si deve decidere subito cosa acquistare per l’estate, l’autunno, ed entro fine maggio anche per il prossimo Natale. Per la commercializzazione all’estero c’è da augurarsi che i paesi come Francia. Germania, paesi Scandinavi e Inghilterra riaprano quanto prima i centri di giardinaggio, come stiamo facendo noi, perché ovviamente i canali verdi alle frontiere che sono stati mantenuti aperti per la circolazione delle merci anche grazie anche al nostro intervento in Commissione europea, altrimenti, non serviranno a niente».
Alla luce della situazione sopra descritta, quali sono le valutazioni di Confagricoltura? Che cosa vi aspettate dai vari livelli di governo in soccorso dei differenti comparti agricoli e in particolare del florovivaismo?
«La misura che in pratica riconosce le piante e i fiori beni di prima necessità è sicuramente una prima importante risposta del Governo per un settore che è sinonimo di bellezza ma anche di benessere psicofisico e di sostenibilità, grazie agli spazi a verde che stanno nascendo e agli orti casalinghi che sono anche preziose risorse alimentari e ambientali visto che le piante depurano l’aria perché assorbono, metabolizzano e rendono inerti sostanze inquinanti. E in questo momento c’è un bisogno estremo di tutto ciò. Anche solo mantenere il nostro primo biglietto da visita, ovvero il paesaggio, sarà fondamentale per la ripartenza. Come altre misure di breve periodo per rianimare il settore dal collasso, abbiamo fornito i numeri e le analisi di mercato al Governo, che dovrebbe intervenire subito sulla sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali e delle imposte, comprese Iva, Imu, Tari. Stiamo anche chiedendo agli istituti finanziari di rivedere gli standard di accesso al credito in deroga a Basilea 2 e tenere i costi del denaro bassissimi sia nel breve che nel medio e lungo periodo. Inoltre sono necessarie subito le moratorie di mutui, finanziamenti e cambiali agrarie».
Riguardo ai lavoratori?
«Sul fronte del lavoro, poiché per tenere viva la produzione serve manodopera che le aziende non vendendo non sono in grado di pagare, serve una cassa integrazione per i lavoratori derogando alle attuali regole. Inoltre serve un sostegno al reddito per i soci produttori delle cooperative attraverso strumenti che valorizzino il prodotto ancorché non venduto sul mercato. Sono indispensabili poi lo sblocco dei pagamenti dei contributi per le aziende in graduatoria dei Pif (Progetti integrati di filiera) e Psr (Programmi di sviluppo regionali) che hanno già sostenuto gli investimenti e, da subito, una campagna di comunicazione e pubblicità per spingere la gente ad acquistare il prodotto italiano in modo da rendere circolare la nostra economia e aiutare le aziende a intercettare consumi interni di piante e fiori».
E la vitivinicoltura, anch’essa duramente colpita, di che cosa ha bisogno?
«Per il comparto vitivinicolo servirà, oltre alle misure di tipo fiscale e finanziarie generali sopra enumerate, un “Piano Strategico di sostegno all'export vitivinicolo nazionale” articolato su missioni di settore, piani di comunicazione integrata sui mercati internazionali più ricettivi, con previsione di misure straordinarie promozionali e di sostegno alla domanda di vino, sia per il mercato estero che interno, da strutturare con testimonial, opinion leader e “ambasciatori” a livello nazionale ed internazionale. Inoltre iniziative volte a garantire liquidità alle imprese e snellimento burocratico. A livello nazionale, la filiera ha avanzato alla ministra Bellanova la richiesta di convocazione del “tavolo del vino”, perché operi come cabina di regia del settore per le iniziative urgenti di sostegno».
Quali sono le iniziative di Confagricoltura, sia a livello vostro provinciale che nazionale, per sostenere le imprese in questa fase di disorientamento e paura?
«Le istanze raccolte dal nostro gruppo di lavoro provinciale sono fra quelle avanzate dal nostro presidente nazionale Massimiliano Giansanti al ministero delle politiche agricole e sui vari tavoli nazionali. Ad esempio siamo stati fra i primi a sollevare direttamente il problema della forte esposizione alla crisi da Coronavirus del comparto florovivaistico, così da inserirlo fra i settori da indennizzare in blocco, perché qui le merci non si stoccano ma vengono proprio distrutte. Confagricoltura sta promuovendo iniziative e proposte presso le istituzioni locali, nazionali ed europee per chiedere la messa in atto di misure specifiche in favore delle aziende florovivaistiche e agricole gravemente colpite dalle conseguenze della diffusione di COVID-19 e si sta sostituendo alle aziende la dove c’è necessità di chiarimenti con enti e istituzioni quali Asl, Comuni, Provincie, Regioni, e ovviamente con gli istituti finanziari».
E nello specifico di Confagricoltura Pistoia?
«Qui a Pistoia abbiamo intensificato l’attività sindacale e costituito subito uno speciale gruppo di lavoro composto dai nostri professionisti che opera costantemente a contatto con aziende, banche e istituzioni. Siamo infatti certi che in questo momento sia particolarmente necessario aumentare la comunicazione e il confronto con i nostri associati. Stiamo tenendo con loro conference call e a breve apriremo una piattaforma webinar per seminari e workshop sulle varie tematiche. A causa della drammaticità del momento si devono fronteggiare quotidianamente criticità sul piano amministrativo, economico-finanziario, ma anche su quello tecnico, e soprattutto pensare alla ripartenza che in particolare per il vivaismo deve essere valutata con grande attenzione. Con alcuni clienti stiamo predisponendo piani anticrisi per fronteggiare un fermo di tre mesi e la conseguente ripartenza con differenti scenari. Le aziende ora devono giocare in difesa e preparare la ripartenza secondo un nuovo paradigma. Da subito si deve cercare il sostegno del sistema finanziario e fiscale partendo però da programmi seri, ovvero con business plan di crisi che prevedano un fermo di tre mesi con il relativo impatto sul cash flow e sul conto economico aziendale. Mettere la testa sotto la sabbia non serve a niente. E ancora stiamo studiando l’attivazione di nuove forme di vendita, le quali se non porteranno nell’immediato risultati sostitutivi del normale ciclo commerciale, potranno però essere patrimonializzati nel medio periodo. Infine si dovrà lavorare al fine di ricercare prodotti integrativi o sostitutivi del precedente mix prodotto. Continueremo a lavorare su tutto questo e lo comunicheremo via via ai nostri associati. Prosegue intanto la raccolta dei dati, a suo tempo annunciata, per riportare alle amministrazioni e alla politica i numeri precisi dei danni subiti dalle aziende durante la crisi a Coronavirus e quindi le loro esigenze, ma soprattutto per programmare strategicamente la ripartenza. Chi saprà gestire la crisi potrà trarne un vantaggio competitivo. E’ sicuro che questa crisi finirà e altrettanto sicuro che ci cambierà per sempre».
Redazione