Ferrini: ok più piante nelle città e in più modi, ma con obiettivi realistici

Il presidente del Distretto vivaistico di Pistoia Francesco Ferrini, intervistato al Memorial Vannucci del 2 ottobre, si è mostrato aperto a vari tipi di interventi (dalle forestazioni alle pareti e i tetti verdi), purché sia garantita la «qualità del materiale vegetale». Ma gli obiettivi sui numeri di alberi da piantare devono essere più realistici e rapportati alle quantità di piante disponibili nei vivai italiani (compresi quelli forestali): «intorno a 10 milioni all’anno».  

Sabato scorso al Nursery Campus di Pistoia, in occasione del 22° Memorial Vannucci in cui è stato premiato l’architetto Stefano Boeri, celebre per i suoi boschi verticali o grattacieli verdi, era presente anche il prof. Francesco Ferrini, presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia e docente di Arboricoltura all’Università di Firenze. Floraviva lo ha intervistato ponendogli qualche domanda a partire dagli spunti offerti dal grande architetto Boeri nella sua conversazione con il giornalista Luca Telese. L’intento era riconsiderare alcune questioni del verde urbano anche da punti di vista differenti da quello dell’architetto: lo sguardo dello studioso di alberi e la prospettiva del vivaista che li produce.    
Quali sono le idee più interessanti, dal punto di vista del vivaismo, venute fuori in questo incontro con l’architetto Boeri?
«Io credo che siano state sottolineate due cose fondamentali. Primo, l’importanza delle piante, ma questa credo sia ormai nota a tutti. Secondo, l’importanza della qualità del materiale vegetale che viene poi utilizzato per creare questi meravigliosi grattacieli verdi o boschi verticali e questi tetti verdi. Quindi è emersa prepotentemente questa esigenza, e chiaramente Boeri è una voce importante e se lo dice lui è chiaro che le persone lo ascoltano».
Boeri ha elencato una serie di azioni possibili per incrementare il verde negli spazi urbani. Tra queste, si è soffermato in particolare su un tipo di intervento che sta sempre più prendendo piede, anche se ha delle complicazioni: i cosiddetti tetti verdi. Che cosa ne pensa?
«Questa si è trasformata da una moda a una necessità. Il tetto verde riduce moltissimo l’effetto impermeabilizzazione che si ha dopo un’urbanizzazione. Se noi realizziamo un tetto verde l’acqua che cade viene temporaneamente raccolta, ne viene ridotta la velocità d’impatto. Ovviamente poi il terreno evapora, le piante traspirano, si raffresca l’atmosfera. E soprattutto si è capito l’importanza nella mitigazione degli effetti climatici sia esterni che interni agli edifici».
E lei quale tipo di intervento a verde sottolineerebbe come particolarmente importante, degno di attenzione?
«Più che un tipo di intervento tecnico, io credo che sia importante che questi eventi siano seguiti dalle scuole, come oggi, dalle persone. E che si passi dalle parole all’azione. Ecco, agire, perché se ognuno fa qualcosa, poi chiaramente la massa conta tanto. E su questo purtroppo c’è un problema di scarsa comunicazione e anche scarsa dimestichezza con il verde in genere nel nostro Paese, che, in realtà, è stato il primo a utilizzarlo storicamente. Poi ne abbiamo perso un po’ la memoria. L’esempio del bosco verticale è quasi una mosca bianca in Italia. Tant’è che Boeri ha mostrato grattacieli verdi in tutto il mondo, ma, al momento, non ci sono altri esempi in Italia, se non il progetto del Bosco Navigli che sarà completato nel 2024. Questo mi pare sintomatico».
Una domanda sugli obiettivi delle forestazioni urbane e non, sui numeri di alberi che si progetta di piantare: argomento su cui lei interviene spesso. Tanto per restare a un esempio toccato oggi, l’iniziativa “Forestami” ha un target per l’area metropolitana di Milano di 3 milioni di alberi piantati entro il 2030? Le sembra realizzabile o lei è meno ottimista?
«Più che meno ottimista, io sono realista. Diciamo che di tempo ce ne vuole tanto e ci vogliono le piante che attualmente non sono disponibili e ci vuole anche tanta acqua per far sì che queste piante sopravvivano. Io più che “pianteremo milioni di alberi”, preferirei “faremo sopravvivere la gran parte di quelli che pianteremo” senza dire tanti numeri e soprattutto senza dire numeri tipo, che ne so, per Pistoia 90 mila perché sono 90 mila gli abitanti di Pistoia. Magari Pistoia ha bisogno di 180 mila. Oppure magari Milano, anziché 3 milioni che sono poi gli abitanti della città metropolitana, ne ha bisogno di 6 milioni. Firenze, dico così a caso, potrebbe averne bisogno di metà rispetto al numero degli abitanti. Quindi non credo che sia opportuno dare dati senza che questi siano basati su un calcolo reale basato su metodi scientifici».
Forse però dare questi target ha un valore comunicativo e di incoraggiamento…
«… ha un valore simbolico».
E parlando di Prato, dove stanno facendo interventi sugli edifici già esistenti, come valuta questa sfida: reggeranno le piante oppure succederà come a Firenze dove diverse piante sono morte in poco tempo?
«A Firenze fu fatta all’epoca una soluzione secondo me un pochino complessa, difficile da gestire. Ora a Prato sinceramente non conosco il progetto nel dettaglio. Ma anche una semplice vite americana, un glicine o addirittura l’edera, anche se l’edera è un po’ più invasiva. Ma qualsiasi rampicante fa l’effetto di una parete verticale. Ovviamente costando molto molto meno, una frazione percentuale. Però una bella vite americana, oltre che avere un colore meraviglioso in autunno, si spoglia in inverno e non impedisce quindi ai raggi solari di scaldare la casa e se messa su un telaio che la mantenga distante quei pochi centimetri dal muro per evitare animali, umidità ecc. ecc., fa un servizio ottimo. E questo lo si ritrova nella notte dei tempi, cioè i tetti verdi ce li avevano nel Nord Europa perché servivano per coibentare e mantenere calda la casa in inverno. Quindi hanno anche l’effetto opposto, non solo di raffrescare d’estate ma anche di mantenerla calda in inverno».
Boeri ha sottolineato il rapporto sempre più costante e stretto fra architetti e vivaisti, i fornitori di piante, oggigiorno. Lei tempo fa ha messo in evidenza che con il balzo della domanda di verde adesso mancano le piante per soddisfare tutti i clienti. Le chiedo: mancano determinati tipi di piante più di altre o è un discorso generale?
«Direi che mancano in generale. Mancano soprattutto le piccole piante da esterno, cioè i piccoli alberi o meglio alberi giovani, cioè di piccole dimensioni. Ma, ripeto, mancano un po’ tutte le piante. Il problema è che l’Unione Europea ha il suo target di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030. Sono già passati quasi 2 anni e di alberi ne sono stati piantati veramente pochi. Tre miliardi significa che la quota dell’Italia, se consideriamo questo parametro in rapporto con la popolazione, visto che adesso siamo scesi a 57 milioni (e l’Unione Europea ha 447 milioni di abitanti), vorrebbe dire che da qui al 2030 dovremmo piantare oltre 380 milioni di alberi (non di arbusti), vale a dire quasi 50 milioni all’anno. Ma attualmente la disponibilità di alberi nei vivai dell’Italia, compresi quelli forestali, è intorno ai 10 milioni all’anno, seppur sia un dato difficile da quantificare in modo preciso».
Cioè 10 milioni di alberi che si possono acquistare ogni anno?
«Sì, di alberi acquistabili annualmente. E da 10 milioni a 50 milioni c’è il rischio che si incominci a importare materiale di scarsa qualità genetica, morfologica e sanitaria dall’estero. E questo andrebbe a detrimento dei risultati, oltre che mettere ulteriormente a rischio di introduzione di parassiti alieni, che sono pericolosissimi, il nostro Paese».

L.S.