Barberis sulla «forestazione urbana 2.0» di Boeri a Prato
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L’assessore all’urbanistica e ambiente del Comune di Prato Valerio Barberis, sentito al Memorial Vannucci dopo l’intervento di Stefano Boeri, illustra con alcuni esempi di “Prato Urban Jungle” l’approccio alle sempre più necessarie forestazioni urbane del grande architetto milanese e in particolare il senso dei “tetti verdi”. Barberis è favorevole ai contratti di coltivazione per favorire la programmazione delle forniture di piante dei vivaisti (anche con formule innovative su aree pubbliche).
«Un excursus su quello che è stato un suo percorso che di fatto è stato anche un percorso internazionale sull’attenzione che oggi si pone ai temi del verde e della natura. Perché il bosco verticale, come poi ha detto, è diventato un’icona, un manifesto di un movimento».
Inizia così la risposta di Valerio Barberis, assessore all’urbanistica e ambiente del Comune di Prato sentito a margine del Memorial Vannucci del 2 ottobre al Nursery Campus di Pistoia, alla richiesta di Floraviva di un commento generale sulle parole dell’architetto Stefano Boeri durante la conversazione con il giornalista Luca Telese. «Poi in realtà quello che è più importante – ha continuato Barberis - è che si è passati dal manifesto alla pratica di sviluppare strategie di forestazione nelle aree urbane. Quindi noi per esempio con Stefano Boeri e il prof. Stefano Mancuso abbiamo costruito un piano di forestazione che ora stiamo portando avanti. E quello è l’elemento decisivo per le città. Infatti le città, che sono quei luoghi che causano comunque la maggior parte delle emissioni climalteranti e che stanno determinando di fatto l’emergenza climatica in cui ci troviamo, devono cambiare paradigma. Le città devono diventare dei luoghi sani, dei luoghi che invece di produrre CO2 la raccolgono, la intercettano e l’unico modo per farlo è mettendo alberi. Quindi le città devono dotarsi dei piani di forestazione di cui parlava Stefano e sempre di più lavorare in una sinergia fra pubblico e privato dove chiaramente il sistema di produzione del vivaismo sarà fondamentale, perché servono alberi e sappiamo tutti che in questo momento mancano».
Più nello specifico, Boeri ha citato alcuni tipi di interventi a verde e a Prato in effetti ne state realizzando tutta una gamma. Ma in questa occasione si è soffermato in particolare sui “tetti verdi”: che cosa state facendo a Prato su questo fronte?
«Sì, noi a Prato stiamo provando a lavorare, proprio insieme a Boeri Architetti fra l’altro, attraverso il progetto “Prato Urban Jungle”, su una specie di forestazione 2.0. Quindi non solo forestare, mettere alberi alla quota della città nelle aree libere o demineralizzando parcheggi, ma lavorare soprattutto in quelle aree che hanno i maggiori problemi, come le periferie, cioè le aree dense della città che non saranno sottoposte a grandi progetti di riqualificazione e rigenerazione urbanistica nei prossimi decenni. Per cui si dovrà intervenire proprio su quelle aree lì. Con “Prato Urban Jungle”, proprio insieme a Boeri e a Mancuso, stiamo lavorando su questo principio della giungla urbana, che sostanzialmente prevede che gli edifici esistenti diventino il supporto di una vegetalizzazione radicale della città. E quindi demineralizzando chiaramente gli spazi davanti agli edifici, ma soprattutto lavorando nelle facciate e nelle coperture piane, che a questo punto - e questa è un po’ la sfida – possono diventare dei luoghi di socializzazione. Cioè i tetti, che sono normalmente delle guaine bituminose, inutilizzate, che generano isole di calore ecc., possono diventare in futuro addirittura un nuovo piano, un nuovo livello della città, in cui se per esempio si lavora in edifici per uffici possono nascere zone di relax o addirittura di lavoro all’aperto per i dipendenti. Oppure, nei condomini, i tetti possono diventare dei giardini condominiali all’ultimo piano, in zone molto dense dove non c’è la possibilità di usufruire di spazi verdi. Questa è una sfida radicale, chiaramente, però a Prato ce la stiamo giocando, insieme ad altre città, ed è evidente che il supporto di personalità come Boeri e anche avere accanto a Prato un distretto come quello del vivaismo sia fondamentale, perché poi alle idee va data concretezza».
Ecco, ma questi tipi di tetti verdi dove saranno precisamente a Prato: mi può fare un esempio?
«Il progetto Prato Urban Jungle lavora su quattro aree campione: una è l’edificio di Consiag Estra, un edificio per uffici, la cui copertura verrà completamente trasformata appunto in uno spazio verde per attività fisica, wellness, incontri, e che quindi diventa un luogo dove fare progetti di welfare aziendale per le centinaia di dipendenti che lavorano in quell’edificio, sperimentando quindi la gestione di quel verde proprio con i dipendenti».
E per la facciata a vetri dell’edificio di Consiag Estra che cosa farete?
«Nel caso di Consiag Estra è stata progettata una vera e propria struttura accanto all’edificio esistente, che ha un suo spessore. Una struttura metallica che sta davanti all’edificio e che ha dei grandi vasi di 2 m x 1 m profondi 1 m dove verranno messi anche degli alberi».
Ultima domanda che interessa in particolare i vivaisti, in relazione alla crescita improvvisa di domanda di piante a cui è difficile star dietro nei tempi giusti: lei come vede questo problema e crede nella possibilità di arrivare a contratti di coltivazione come alcuni sperano?
«Io credo che se le città vogliono essere efficaci nel pianificare la forestazione, siccome la forestazione va pianificata in decenni, le città dovranno per forza passare attraverso queste tipologie di contratto. Probabilmente lavorando anche in aree proprie dei Comuni. Ad esempio a Latina c’è un progetto interessante, finanziato sempre da Urban Innovative Action, in cui i parchi pubblici diventano anche dei vivai in cui possono essere piantate le piante che poi verranno messe nella stessa città. Siccome serve terra, per produrre le piante e ci vuole tempo, bisognerà anche trovare delle formule innovative in cui mettere a disposizione delle aree, attraverso contratti specifici come questi in cui chiaramente ci sono delle formule di contratti di piantumazione che definiscono delle aree a vivaio per quella commessa».
L.S.