Tante serre da rifare, occasione PNRR: consigli da Artigianfer, top di settore
Intervista a Massimo Cardelli, direttore tecnico di Artigianfer, azienda di Uzzano (Pistoia) leader nazionale nella progettazione e costruzione di serre per l’orticoltura e il florovivaismo. Cardelli: a Pescia molte serre sono obsolete, a Viareggio la situazione è lievemente migliore, in Italia serre vecchie, anche di 30/40 anni, mentre in altre parti d’Europa spesso si rinnovano dopo 15-20 anni; «la cosiddetta serra 4.0 è una macchina di controllo tramite un unico sistema informatico per massimizzare la produzione, più che una semplice copertura protettiva». Per il direttore tecnico di Artigianfer i vincoli su volumi e altezze di alcuni Comuni sono incompatibili con le serre avanzate e con il rinnovo del parco serre: si dovrebbero uniformare al tetto regionale di 7 metri di altezza ai colmi.
Le serre utilizzate nel settore primario italiano sono poche e mediamente vecchie, con dotazioni tecnologiche non al passo coi tempi. Nonostante gli aspetti ancora da chiarire, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tutto centrato sulla transizione ecologica, offrirà occasioni di sostegno agli investimenti su questo fronte. Serre e dispositivi di ultima generazione significano infatti risparmio di acqua, di consumo d’energia e di prodotti fitosanitari, ma anche maggiore produttività e competitività.
Abbiamo cercato di chiarire meglio i contorni di questa situazione e le opportunità di risparmio e sviluppo che si stanno presentando ad agricoltori, floricoltori e vivaisti con un esperto quale Massimo Cardelli, direttore tecnico di Artigianfer, l’azienda toscana con sede a Uzzano (in provincia di Pistoia) numero uno in Italia nella realizzazione di progetti “chiavi in mano” di serre per colture protette: serre agricole per l’orticoltura e il florovivaismo dotate delle tecnologie più avanzate attualmente disponibili e adattate su misura alle esigenze specifiche di ogni committente (vedi). Massimo Cardelli è figlio d’arte di uno dei due fratelli Cardelli titolari di Artigianfer, Pietro e Patrizio, e con il fratello Mario, che è direttore commerciale di Artigianfer, sta portando avanti la progettazione, vendita e realizzazione di serre dotate di impianti fotovoltaici sin dal 2009, avendo installato fino a oggi quasi 300 ettari di serre fotovoltaiche: prima in Italia e poi in Francia, perché da noi il mercato si è bloccato dopo un inizio promettente a seguito dei numerosi cambi di normativa che hanno frenato gli investimenti su quel fronte.
Innanzi tutto, quanto è vecchio il parco serre del nostro ortoflorovivaismo? Ce ne sono davvero così tante da rifare o rinnovare?
«Se parliamo della provincia di Pistoia, la percentuale è alta: a Pescia, dove tutti i miei familiari sono nati e dove tantissimo fu fatto da moltissimi imprenditori ed innovatori nel passato, ad esempio, andrebbero rinnovate molte serre. Nella zona di Viareggio la situazione è lievemente migliore. Ma questo è un problema che sussiste in tutto il nostro Paese. Il tema c’è ed è ampio e complesso. Per cui, sì, in Italia sono tante le aziende con serre vecchie, di 30/40 anni, e che avrebbero bisogno di essere rifatte. Per dare un termine di paragone, anche in Francia le serre stanno invecchiando, ma lì l’età media è di circa la metà, intorno ai 20 anni. In Olanda ancora meno (10-12 anni). Il nostro parco serre è oggettivamente più obsoleto rispetto a molti paesi europei quali appunto Olanda, Germania e Francia».
Sappiamo che le serre di nuova generazione significano risparmi di acqua, energia e maggiore produttività, ma sono davvero così grandi le differenze rispetto alle vecchie e in che cosa consistono?
«Oggigiorno parliamo di serre dotate di impianti per la coltivazione ortoflorovivaistica con progetti chiavi in mano. Oltre alle serre forniamo tutte le tecnologie impiantistiche abbinate: sistemi di climatizzazione, di controllo automatico dell’irrigazione e della luminosità interna, insomma dei parametri climatici in ragione della specifica coltura. La serra è ormai una macchina di controllo della coltivazione, più che solo una copertura protettiva: la protezione è totalmente integrata ai sistemi di massimizzazione della produzione protetta sia di piante orticole da foglia che di piante da frutto o di prodotti florovivaistici, che non solo vengono protetti appunto ma anche forzati a crescere di più e in maniera più adeguata dal punto di vista quantitativo ed organolettico. La serra consente di aumentare i cicli di produzione nell’unità di tempo (da 5 a 8 volte), fa risparmiare acqua e fitofarmaci».
Tutto ciò fa pensare a investimenti sì indispensabili ma anche significativi: nel PNRR si troveranno i sostegni finanziari necessari ad agricoltori, floricoltori e vivaisti per questo rinnovo del parco serre?
«Sono previsti, così ci dicono i consulenti, dei finanziamenti agevolati di vario tipo ma in generale legati al PNRR per il rinnovo o la riconversione delle serre vecchie. E quando si parla di riconversione s’intende demolizione e rifacimento. Sono previsti pure sostegni agli investimenti nelle dotazioni tecnologiche per produzioni idroponiche e anche nelle cosiddette serre 4.0, dove appunto gli impianti sono gestiti da un unico sistema informatico, diretto o in remoto, in cui tutto s’interfaccia a creare una gestione unitaria a 360 gradi. Ma non sono in grado di fornire al momento ulteriori dettagli sulle procedure: la fase è ancora fluida e alcuni aspetti sono da chiarire. Però mi preme sottolineare una problematica che potrebbe compromettere il buon esito di questi sostegni governativi per il rinnovo delle serre».
Ci dica: di che problema si tratta?
«Mi riferisco alla questione dei vincoli amministrativi sui volumi e in particolare le altezze delle serre, del tutto incompatibili con le nuove tipologie di serre d’ultima generazione. Se io voglio fare una serra, ma il Comune mi dice che devo rispettare la sagoma d’ingombro precedente, si blocca praticamente tutto. Perché le nuove serre richiedono altezze maggiori e volumi colturali ad hoc, anche nel rispetto della tutela della salute dei prodotti orto-florovivaistici. La legge regionale toscana dice che l’altezza massima è di 7 metri al colmo: basterebbe che tutte le amministrazioni comunali si uniformassero a tale limite e ci si potrebbe fare, altrimenti sarà un problema portare avanti il rinnovo del parco serre».
Prima ha fatto riferimento alle colture idroponiche, cioè fuori suolo e tramite acqua, può spiegarne meglio i vantaggi?
«Anche in questo caso tutto è basato sul controllo automatico delle operazioni. Si punta a massimizzare la produzione controllandone al tempo stesso la qualità, anche dal punto di vista organolettico. Si tratta infatti di ortaggi “organic” per dirla in inglese, cioè “organici”, senza l’uso di prodotti chimici di sintesi. Per cui, tanto per citare un esempio della serra di Sfera o delle serre dell’Azienda F.lli La Pietra (vedi), lì si possono produrre pomodori senza contenuto di nichel. A seconda del tipo di coltura si può avere una produzione da 6 a 8 volte maggiore rispetto ai metodi di coltivazione tradizionali e anche e soprattutto fuori stagione. I risultati migliori si hanno ad esempio con pomodori, cetrioli, peperoni, zucchine, mentre per gli ortaggi in foglia gli incrementi produttivi sono leggermente più bassi. E tutto ciò con risparmi d’acqua enormi: fino al 90%».
E sull’opportunità delle serre fotovoltaiche che ne pensa?
«Innanzi tutto colgo l’occasione per sottolineare che la nostra azienda è all’avanguardia in questo comparto, con un brevetto specifico che ci sta dando soddisfazioni soprattutto in Francia, con 50 ettari di serre fotovoltaiche col nostro brevetto. Esso prevede un inseguitore mono assiale integrato nel tetto della serra che consente di inseguire appunto il sole da est a ovest in ragione della sua posizione aumentando così la produttività di energia elettrica dei pannelli solari fino a un +20%. Senza entrare nei dettagli, basti dire che ci sono risparmi considerevoli nell’uso dei sistemi di raffrescamento in estate, il consumo di elettricità estivo è quasi azzerato, perché l’energia elettrica che produco in più rispetto ai fabbisogni nell’arco dell’anno può essere utilizzata per la primavera e l’estate. In pratica si risparmia il 60/70% di costi di energia elettrica per 4/5 mesi l’anno».
Un esempio?
«Se uno realizza una serra di 1 ettaro, considerando che mediamente si copre con pannelli fotovoltaici circa la metà della serra, si arriva a installare 1 Mw di potenza. Con una potenza del genere alle latitudini di Pistoia si può arrivare a produrre anche 1 milione e mezzo di Kwh all’anno di energia elettrica. Questo significa che si potrebbe coprire il fabbisogno elettrico legato al condizionamento-consumo diurno per 4 mesi di 200/250 case».
Un’altra frontiera legata alle serre di ultima generazione, di cui si parla molto nelle testate di settore olandesi, è quella della foto-assimilazione. Che mi può dire in proposito?
«Siamo impegnati anche su quel fronte: abbiamo una stretta collaborazione con Philips, con cui collaboriamo nella commercializzazione di luci per foto assimilazione progettate e prodotte da Philips per le serre. Siamo i loro concessionari per questo specifico settore in Italia ed in Grecia».
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