Resistenza verde, il manuale ecologico centrato sulla comprensione degli alberi 

In uscita presso Elliot Edizioni il nuovo libro di Francesco Ferrini e Ludovico Del Vecchio Resistenza verde: un «manuale di resistenza botanica» per agire secondo «regole sempre più ecologiche e intelligenti». Con tutto quello che c'è da sapere sugli alberi e tanti esempi e dati illuminanti come questo: per eliminare l’impronta di carbonio di un uomo di 60 anni oggi si dovrebbe piantare un ettaro di bosco misto di latifoglie ad alta densità e lasciarlo crescere per 50 anni.

A solo un anno dalla pubblicazione di La terra salvata dagli alberi, Francesco Ferrini e Ludovico Del Vecchio invitano i propri lettori, dai comuni cittadini ai politici e dirigenti delle istituzioni, a passare dalle parole ai fatti per sanare i mali provocati dall’inquinamento, a cominciare dall’emergenza numero uno, il riscaldamento globale.
Lo fanno con un nuovo libro, Resistenza verde, in uscita in questi giorni presso Elliot Edizioni, che si concentra su una parte fondamentale della soluzione di tale problema: piantare alberi. Senza illuderci che gli alberi e le forestazioni rappresentino una risposta esaustiva, in questo volume gli autori ci guidano con indicazioni semplici e concrete (quali alberi scegliere, come, dove, quando) abbinate a una riflessione sul nostro comportamento e sulla sostenibilità delle azioni quotidiane. «Un volume pratico, ricco di illustrazioni e informazioni utili – recita la quarta di copertina -; un libro appassionato che ci fa capire come ognuno di noi possa fare la propria parte, indicandoci un approccio diverso alla vita nella natura e nei futuri centri urbani. Un manuale di resistenza botanica, dunque, tenace e inarrestabile per agire secondo regole sempre più ecologiche e intelligenti».
Francesco Ferrini, da sempre appassionato di alberi, è ordinario di Arboricoltura all’Università di Firenze e da quest’anno presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia. Ludovico Del Vecchio, al secondo scritto insieme a Ferrini, è autore di “green thriller”, «un nuovo genere crime basato su tematiche ecologiche», ma anche attivista, veterinario, piantatore di alberi in ambienti metropolitani, allevatore di piante da destinare a incursioni notturne di guerrilla gardening. Hanno scelto il titolo “resistenza verde” «in senso trasversale, perché il verde, oltre che la tinta della speranza, è da sempre associato a una idea di natura e poi nel verde vivono gli animali e non potrebbe succedere il contrario»: «le piante, gli alberi in particolare, producono ossigeno, depurano l’aria, proteggono il suolo dal dilavamento e dall’eccessivo riscaldamento» e «lo fanno in silenzio». «Il libro – precisano - non è un trattato scientifico (anche se si avvale di solide conoscenze avvalorate da studi internazionali); è piuttosto un manifesto ecologico o quantomeno un manuale educativo, per cercare di cambiare le cose, quelle che ora non vanno, per spingerci verso un futuro sempre più green. Cambiare noi stessi, anche gli autori dunque, rieducarci. E così anche un mantra arboreo può diventare utile allo scopo».
Ma può diventarlo, utile, solo se affrontiamo a trecentosessanta gradi il problema ecologico con cui tutti dobbiamo fare i conti oggigiorno. L’ultimo rapporto dell’Intergovermental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, uscito a inizio agosto, spiegano Ferrini e Del Vecchio, ci ha messo di fronte a un vero e proprio "codice rosso per l'umanità". Ha confermato infatti l’impellente necessità di ridurre le emissioni di carbonio, perché il rischio che il riscaldamento globale aumenti di circa 1,5 gradi Celsius entro i prossimi 20 anni è alto, se non invertiremo immediatamente la rotta.
Per milioni di anni gli alberi hanno ricoperto più di 3/4 delle terre emerse. E anche quando hanno perso terreno per glaciazioni o altri stravolgimenti climatici, poi hanno sempre recuperato brillantemente il terreno. Ma con la progressiva espansione della presenza umana sul pianeta, siamo arrivati adesso al punto in cui le terre coperte dagli alberi coprono solo 1/3 del pianeta. E «l’effetto che il progresso umano ha avuto sulla popolazione arborea del mondo – in particolar modo negli ultimi 200 anni – ha superato di gran lunga i danni causati dalla peggiore era glaciale».
Nel contesto attuale piantare alberi e foreste per eliminare l’anidride carbonica dispersa nell’atmosfera dalle attività umane non basta, spiegano Ferrini e Del Vecchio, sia perché occorre mantenerli in buona salute e difenderle dagli incendi, così come dalle avversità meteoriche e dai parassiti, sia perché ci vuole del tempo perché gli alberi possano catturare con efficienza quantità utili di carbonio (ad esempio per eliminare l’impronta di carbonio di un uomo italiano di 60 anni oggi si dovrebbe piantare un ettaro di bosco misto di latifoglie ad alta densità e lasciarlo crescere per 50 anni).
Per cui abbiamo bisogno anche di diminuire le emissioni inquinanti e soprattutto di «azioni combinate, ben programmate, differenti. Azioni forti, ad ampio spettro». «Non è possibile puntare sulla salvaguardia di una unica specie vegetale o animale, di un singolo ordine della natura stessa, magari sulla difesa assoluta del genere umano – aggiungono -. Dobbiamo proteggere tutti e lavorare insieme a tutti». Nel libro gli autori propongono soluzioni consolidate, dati scientifici inoppugnabili, idee pratiche, e a volte proposte apparentemente visionarie; e pure diversi interrogativi senza risposte definitive. E viene fuori anche un diverso approccio al verde, soprattutto urbano, che è andato maturando negli ultimi anni, grazie alla maggiore sensibilità delle persone.

L.S.