IoT -Internet of things- in vivaio per ottimizzare i trattamenti
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in Il vivaista
Una recente pubblicazione del Crea fa il punto sullo stato dell'arte e sulle nuove tecnologie che possono essere usate in campo e in serra per diagnosticare precocemente gli attacchi delle malattie fungine e controllarle più efficacemente usando meno fitofarmaci
L'agricoltura di precisione può avere un ruolo importante anche nel settore vivaistico. L'utilizzo di sensori, modelli informatici previsionali e tecnologie diagnostiche, si sta affermando sempre di più in vari settori agricoli per ridurre e rendere più efficiente l'uso dell'acqua, dei fertilizzanti e dei trattamenti fitosanitari. Una strategia che è in grado di aumentare nello stesso tempo sia la sostenibilità economica delle aziende, riducendo i costi, sia la sostenibilità ambientale, riducendo gli input idrici e chimici delle colture.
Per quanto riguarda il vivaismo, una recente pubblicazione del Crea, apparsa sulla rivista scientifica Sustainability (Traversari et al., 2021), ha fatto il punto sullo stato dell'arte e sulle prospettive dell'utilizzo di tecniche di agricoltura di precisione per il controllo delle malattie fungine delle pianta ornamentali, con l'obbiettivo di ridurre l'uso degli anticrittogamici.
Oggi i prodotti anticrittogamici rappresentano il 22% del valore di tutti i fitofarmaci venduti nel mondo. Ma secondo un recente studio commissionato dal Parlamento Europeo, in Italia i fungicidi rappresentano il 60% di tutti i prodotti fitosanitari venduti. Per quanto il loro impatto economico sulle colture ornamentali, specialmente di quelle in serra, possa essere basso come costo vivo, la riduzione dell'uso dei fitofarmaci resta un obbiettivo delle politiche ambientali dell'Unione Europea, e in ogni caso un uso più efficiente di questi prodotti può essere comunque interessante anche dal punto di vista economico.
Per raggiungere questi obbiettivi l'agricoltura di precisione può offrire varie soluzioni. Una e l'uso di sensori in grado di valutare precocemente la presenza di attacchi fungini, in base ai dati ottici rilevati sulle foglie. Sensori che possono esser usati come strumenti diagnostici per rilevare un attacco e permettere di intervenire con la massima tempestività o di evitare di fare un trattamento nel caso non ce ne sia la necessità. Senza entrare nel dettagli specifico delle singole tecnologie, l'uso dei sensori ottici permette di avere dei dati che indicano la stato ottimale della pianta, per poi valutare le varie alterazioni che possono essere messe in relazioni a specifici stress: carenze idriche o stress termici o, nel nostro caso, attacchi di patogeni fungini. I ricercatori del Crea hanno riportato risultati interessanti che sono stati ottenuti sia in lavori fatti da altri ricercatori e disponibili in studi già pubblicati, sia da osservazioni dirette fatte presso il centro di ricerca di Pescia. Da studi già pubblicati, l'uso dei sensori ottici ad esempio è stato in grado di rilevare la presenza di Fusarium circinatum – il responsabile del cancro resinoso – su piantine di pino in vivaio, di Austropuccinia psidii – agente della ruggine del mirto - su mirto australiano, o di Teratosphaeria su eucalipto, un genere di funghi responsabile di lesioni a carico di fusti, steli e foglie di queste piante. Nelle prove fatte a Pescia invece, sono stati ottenuti risultati interessanti sull'individuazione di attacchi di diverse crittogame delle rose, piante scelte come modello sperimentale in quanto possono essere usate sia come arbusti da giardino, sia come piante in vaso, sia come fiori recisi, coprendo un po' tutte le branche del vivaismo ornamentale. In particolare sono stati valutati con successo sistemi per rilevare la presenza di attacchi di Phragmidium sp. responsabile della ruggine, di Diplocarpon rosae, agente della ticchiolatura e di Sphaerotheca pannosa, che causa l'oidio della rosa.
Oltre ai sensori per la rilevazione degli attacchi in atto sulle piante, un altro approccio usato in agricoltura di precisione è quello dell'uso di modelli previsionali. Si tratta di sistemi informatici basati su dati ambientali (umidità temperatura, precipitazioni ecc.) e integrati con dati sullo stadio di sviluppo delle piante e la capacità di diffusione delle spore del fungo, che sono in grado di dire quale è il rischio di attacco di una malattia, in modo da decide se intervenire o meno con un trattamento per prevenire l'infezione. Insomma qualcosa di simile della famosa “legge dei tre dieci” usata dai viticoltori per stabilire quando iniziare i trattamenti contro la peronospora della vite, ma sviluppata in maniera tecnologica e specifica per determinate colture. Questi sistemi previsionali informatici sono già usati in frutticoltura e in orticoltura anche di pieno campo, mentre al momento sono meno diffusi in campo vivaistico. Comunque per le piante ornamentali esistono già dei sistemi previsionali per prevedere attacchi fungini. E' il caso di Sphaerotheca pannosa sulle rose, di Botrytis cinerea che causa la muffa grigia sulle foglie e sui fiori delle gerbere, di Erysiphe polygoni responsabile dell'oidio delle clematis, di Sclerotinia homoeocarpa che causa ingiallimenti e necrosi sui manti erbosi e di Peronospora sparsa, agente della peronospora delle rosacee.
Tutti questi strumenti e possibilità tecnologiche possono poi essere integrati tra loro, in quella che viene definita IoT - internet of things, l'internet delle cose - cioè strumenti connessi con la rete internet in grado di comunicare autonomamente tra loro e di inviare dati e notifiche ai computer o i cellulare degli operatori. Una vera e propria domotica a misura delle serre e dei vivai.
La strada quindi è aperta, secondo i ricercatori del Crea, anche se può e deve essere sviluppata per poter raggiungere obbiettivi sempre più interessanti in un settore, come quello vivaistico, caratterizzato da una grande varietà di colture in ambienti spesso ristretti.
Matteo Giusti