Produzione d’olio Ue: calo Italia (-26%), balzo Spagna (+27%)
Le stime per il 2020 sulla produzione d’olio d’oliva del Centro Studi di Confagricoltura: in totale +5% nell’Ue-28. La contrazione italiana dipende dalla Puglia, che vale circa la metà della produzione nazionale. Il 32% dell’export italiano nel 2019 è stato verso gli Stati Uniti. Nell’attuale situazione del mercato mondiale con forti giacenze di prodotto che frenano le quotazioni, per Confagricoltura necessarie «politiche efficaci di promozione per incrementare la domanda di olio EVO nazionale in Italia e sui mercati internazionali». [in foto l'evoluzione della produzione italiana x000tonnellate]
Forte riduzione della produzione italiana di olio d’oliva nel 2020. Il Centro Studi di Confagricoltura stima un meno 26% rispetto all’anno precedente. Il calo, in questo anno difficile, però non è esclusivamente italiano: a perdere terreno sono anche il Portogallo (meno 35%) e la Grecia (meno 25%). La Spagna, in controtendenza agli altri Paesi mediterranei, consolida la sua leadership con un aumento del 27%, cifra che nonostante la consistente diminuzione registrata per gli oli italiano, portoghese e greco, fa chiudere positivamente il bilancio produttivo europeo con un +5% sul 2019.
Le stime 2020 della produzione nazionale di olio d’oliva del Centro Studi di Confagricoltura, valide se non si verificheranno nell’ultima fase del ciclo importanti avversità meteorologiche o fitopatie, indicano «un anno di “scarica” con solo 270mila tonnellate» e tengono conto di una resa media in olio della produzione di olive di circa 15%, così come riscontrato nel 2019. Peraltro, la resa media olive-olio presenta variazioni anche sensibili, da Regione a Regione, legate non solo alla varietà di olive coltivate, ma pure all’andamento climatico dell’anno. Nel 2019 la resa massima si era registrata in Liguria (17,6%), la minima in Trentino Alto Adige (11,8%). [vedi sotto Tabella 3]
«Questa contrazione – spiega Confagricoltura con riferimento alle stime 2020 - sembra essenzialmente dovuta alla forte diminuzione riscontrata in Puglia, regione che produce praticamente la metà dell'olio italiano. Decisamente più confortante, per quantità e qualità, la situazione rilevata nelle aree del Centro Nord, dove si prevedono mediamente buone produzioni, ma la cui incidenza sul totale nazionale si aggira intorno al 20%».
«Il 50% delle esportazioni nazionali – sottolinea il Centro Studi - sono concentrate su quattro Paesi, in primis gli Stati Uniti (che hanno un valore di 420milioni di euro e rappresentano il 32% del totale dell’export italiano) e la Germania (168 milioni, pari al 12,8%); seguono il Giappone (8%) e la Francia (7,4%)». [Tabella 6] L’Italia, secondo Paese esportatore nel 2019, nettamente dopo la Spagna e altrettanto nettamente davanti a Portogallo e Tunisia, realizza prezzi medi di vendita del 59% superiori a quelli della Spagna, ma la sua produzione copre mediamente il 15% di quella mondiale, a fronte del 45% di quella spagnola. Si tenga tuttavia conto del fatto che i dati sulle esportazioni riguardano olio confezionato non necessariamente proveniente dalla produzione agricola del paese esportatore. [Tabella 4]
Confagricoltura evidenzia che il comparto olivicolo italiano è caratterizzato da una disponibilità di prodotto in continuo calo e ampiamente insufficiente a soddisfare le esigenze interne o di esportazione. La forte concorrenza degli altri oli comunitari ed extracomunitari a prezzi stracciati fa sì che restino in giacenza nei nostri frantoi forti quantitativi di prodotto. Occorre pertanto, a parere di Confagricoltura, avviare politiche efficaci di promozione per incrementare la domanda di olio EVO nazionale in Italia e sui mercati internazionali, anche attraverso politiche mirate che puntino sulla qualità del prodotto, il cui valore va comunicato in modo efficace, per essere recepito dal consumatore.
Del resto il settore olivicolo, a livello mondiale, sta affrontando una fase di importanti cambiamenti strutturali in una difficile congiuntura di mercato, caratterizzata da ormai un anno da forti giacenze di prodotto che frenano le quotazioni. Con il suo patrimonio di poco più di un milione di ettari a uliveto e oltre 400 varietà, l’Italia – conclude Confagricoltura - deve impegnarsi per invertire questa tendenza negativa e recuperare tutte le sue potenzialità.
Redazione