I vivaisti olivicoli di Pescia presenti al Premio il Magnifico
Per Elena Sonnoli: «il Magnifico fa conoscere oli che per l’elevata specificità sono difficili da trovare; positivo che vengano premiati gli oli di qualità del sud Italia; dobbiamo innovare e produrre di più, se no saranno altri a colmare la domanda insoddisfatta del nostro buon olio». Luca Cinelli: «positiva la presenza di oli stranieri, non dobbiamo fossilizzarci; la vittoria della Puglia non sorprende, è con la Toscana una delle patrie dell’olio; necessario piantare più olivi per una produzione intensiva». Pietro Barachini, che ha fatto parte degli assaggiatori del Premio il Magnifico, afferma: «in tutto il mondo sta aumentando la qualità perché sta migliorando la trasformazione, fondamentale puntare sulla biodiversità delle nostre cultivar e riprodurre piante autoctone, da cui potrebbero venir fuori oli sconosciuti» di grande pregio.
Una qualificata rappresentanza del vivaismo olivicolo di Pescia e Valdinievole, il secondo distretto di questo comparto a livello europeo e mondiale, era presente ieri a San Casciano Val di Pesa (Firenze) per la giornata conclusiva del “Premio il Magnifico - European Extra Quality Olive Oil Award”.
Floraviva ha incontrato e velocemente intervistato, dopo la conclusione della premiazione, Elena Sonnoli, della famiglia proprietaria dei Vivai Attilio Sonnoli di Uzzano, Luca Cinelli, titolare dei Vivai Cinelli di Castellare di Pescia, e Pietro Barachini, proprietario di Spo, Società pesciatina di orticoltura, con sede a Pescia, che ha partecipato alla manifestazione anche in veste di assaggiatore, in quanto professionista della Associazione nazionale assaggiatori professionisti di olio di oliva (Anapoo).
A tutti e tre sono state poste, separatamente, le stesse domande. Ecco una sintesi delle loro risposte a ciascuna di esse, a cominciare da una valutazione complessiva del Premio il Magnifico.
«E’ una manifestazione importantissima – ha detto Elena Sonnoli - perché pone al centro dell’attenzione la qualità dell’olio ovviamente, e cerca di essere selettiva nella maniera più assoluta. Sta crescendo con il tempo e sempre più produttori si affacciano alla manifestazione proprio per sottolinearne la rilevanza, nel senso che permette di far conoscere oli che normalmente non verremmo a conoscere, soprattutto per l’elevata specificità e per il fatto che molti di questi monocultivar sono purtroppo ancora oggi difficili da reperire sul mercato, come è stato sottolineato dal presidente del Premio più volte». Dello stesso avviso Luca Cinelli, che ha dichiarato: «è una bellissima manifestazione che rappresenta tantissimi oli della nostra Italia. E’ una manifestazione che a mio avviso è utile agli olivicoltori soprattutto per far conoscere le loro produzioni d’eccellenza, dagli oli monovarietali ai blend. Ben venga che di anno in anno si scelga un vincitore rappresentativo di questo movimento». In sintonia pure Pietro Barachini, che ha risposto: «l’ho vista nascere e ho avuto la fortuna di essere formato da uno dei fondatori del Premio, che è Marco Mugelli, con cui ho fatto i primi corsi di assaggiatore. Questo è il mondo che frequento da quindici anni, il mio mondo e la mia passione. Siamo tutti amici, assaggiatori e produttori, che ci ritroviamo una volta all’anno a elogiare quello che secondo noi in assoluto è il migliore olio al mondo in quell’annata».
Tra gli aspetti interessanti di questa edizione del Premio Il Magnifico c'è stato l’aumento di oli d’oliva stranieri partecipanti, saliti a circa il 20% dei 320 in concorso. Inoltre, quest’anno il primo premio non è andato a un olio toscano, cioè di casa. Come giudicare questi due aspetti?
Per Elena Sonnoli «l’importante è far vedere che tutta Italia produce oli di qualità elevatissima. A volte noi toscani tendiamo a crederci un po’ i migliori del mondo e pensare che il nostro olio sia quello che vende più di tutti e quindi quello migliore. In realtà spesso non è così. Soprattutto gli oli del sud sono molto profumati, hanno degli aromi bellissimi e sono ricchi in polifenoli: è giusto che vengano premiati, che siano conosciuti non solo a livello nazionale ma anche internazionale, e il Magnifico si pone proprio questo obiettivo». Secondo Luca Cinelli l’aumentata partecipazione di oli stranieri «è una buona apertura, per conoscere e valutare anche gli oli che vengono dall’estero e non fossilizzarsi soltanto sui nostri oli» e il fatto che non abbia vinto un olio toscano «non incide per nulla sulla nostra regione, che è sempre una delle capitali dell’olio d’oliva. Ha vinto la Puglia, che è anch’essa una delle regioni che si contendono il primato degli oli d’oliva». Pietro Barachini ritiene «molto importante» la maggiore presenza di oli stranieri. «Speriamo di estenderlo poi a tutto il mondo, perché questo dimostra che nel mondo e in Europa la qualità sta aumentando, perché la trasformazione sta migliorando. Ci sono dei professionisti italiani che vanno ad aiutare la trasformazione al di fuori dell’Italia e quindi è per questo motivo che, secondo me, gli olivicoltori italiani devono insistere sulla biodiversità, cioè le grandi varietà di cultivar che abbiamo. Dobbiamo puntare su quello e sulla miglior trasformazione». Pertanto è per lui fondamentale la sezione del premio dedicata alla biodiversità, “Save Biodiversity Award”, vinta quest’anno dall’I&P Grand Cru Musignano dell’azienda agricola Ione Zobbi di Canino (Viterbo). «Sta crescendo la qualità dell’olio nel mondo – ripete -. Ad esempio in Spagna ci sono degli oli eccellenti, in Andalusia ci sono degli oli eccellenti. E questo ci deve far capire che abbiamo delle possibilità con la biodiversità degli olivi autoctoni». E sulla mancata vittoria degli oli di casa dice: «in Toscana ci sono degli oli fantastici. Però devo anche dire che, quest’anno, trovare una coratina con una rotondità del genere era veramente difficile. E quindi gli assaggiatori sono stati colpiti da questo. Ha vinto il migliore» (vedi nostro servizio).
Infine Floraviva ha chiesto che cosa significa o potrebbe significare questo premio per il vivaismo olivicolo, cioè per i produttori come loro di piante di olivo destinate ai produttori di olio.
«E’ stato importante sentir dire al presidente del premio che questa è una manifestazione che guarda al futuro e che vuole migliorarsi – ha risposto Elena Sonnoli -. Io credo che l’olivicoltura debba rinnovarsi, il momento di stare seduti e guardare continuamente a quello che abbiamo, a quello che siamo, a quello che abbiamo fatto, secondo me, è passato. Dobbiamo incominciare ad evolverci, soprattutto per il fatto che la Toscana e l’Italia in generale sono in difetto di tonnellate d’olio, che mancano. Noi abbiamo la fortuna di avere il mercato, senza avere però la produzione. Questa mancanza di produzione qualcuno la colmerà prima o poi, perché il mondo ha fame d’olio, non solo il bacino del Mediterraneo, ma anche il Giappone, il Sudamerica, che stanno producendo oli di ottima qualità e prima o poi colmeranno la quota di mercato insoddisfatta dall’Italia». A sua volta Luca Cinelli ha affermato: «ho sentito dire che questa manifestazione premia il buon olio ma anche la quantità di buon olio. Quindi se piano piano vogliamo arrivare a fare un buon olio in quantità con le nostre varietà italiane, che sono tantissime, si può anche pensare a qualche cosa di più dell’olivicoltura tradizionale, a una produzione intensiva (non voglio esagerare col super intensivo). Dunque più piante di olivi per ettaro facendo una buona produzione di olio, con raccolte meccanizzate ecc.». Ecco infine la risposta di Pietro Barachini: «ho avuto la fortuna, dodici anni fa, di intraprendere questa strada perché amo l’olio extravergine, e però ci sono delle ricadute anche sul mio lavoro di vivaista olivicolo, perché tutti i giorni ho richieste di riprodurre varietà autoctone. E questo è il mio obiettivo, che ogni anno cerco di incrementare, perché i produttori mi chiedono di riscoprire varietà autoctone che potrebbero dare degli oli che oggi non conosciamo».
L.S.