Agronomi toscani: sì agli impianti a biogas, ma con cautele
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La presidente della Federazione regionale, Monica Coletta, dichiara: «favorevoli nel rispetto ambientale e paesaggistico. Tra i vantaggi il rilancio delle aziende locali e la crescita occupazionale nell’indotto del territorio». Condizioni? Pianificazione energetica, valutazione dell’impatto su paesaggio, economia e produzione alimentare, circoscrizione dei bacini di raccolta delle biomasse, rotazione delle colture.
Una occasione di sviluppo per l’economia agricola e locale. Con questo giudizio la Federazione dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Toscana interviene nel dibattito sulle centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili e dice sì agli impianti a biogas e biomasse, seppur attraverso una valutazione dei singoli casi.
«Questi impianti rappresentano, nell’ottica della multifunzionalità dell’azienda agricola, una opportunità di valorizzazione delle risorse e non un problema – dichiara Monica Coletta, presidente della Federazione regionale degli agronomi –, e il nostro apporto di professionisti qualificati vuole essere un contributo serio e non pretestuoso ad un dibattito che vede protagonisti amministratori locali, cittadini, imprenditori agricoli e associazioni ambientali. La nostra posizione sulla produzione di energia da fonti rinnovabili è presa senza sottovalutare dubbi e le perplessità espresse dai diversi soggetti interessati».
«Nel caso specifico delle biomasse – prosegue Coletta – siamo a favore a condizione che vi sia un’adeguata pianificazione energetica, che gli impianti si localizzino là dove possono esprimere i massimi benefici anche per la collettività, che si eseguano le adeguate valutazioni di sostenibilità tenendo conto dell’impatto sul paesaggio e sull’economia del settore (costi di affitto dei terreni, diminuzione dell’offerta di prodotti agricoli). Per ogni impianto, inoltre, deve essere circoscritto il bacino di raccolta delle biomasse e riteniamo opportuno che gli imprenditori agricoli che vogliono investire su progetti di centrali a biogas forniscano idonee garanzie di approvvigionamento dal territorio circostante e di valorizzazione della manodopera locale». «Per noi – aggiunge - è fondamentale che lo sviluppo delle energie rinnovabili si armonizzi e sia sempre connesso con l’attività agricola che deve mantenere a livello comprensoriale la centralità. E’ opportuno dunque valutare la sottrazione di risorse alla produzione per uso alimentare, limitare il depauperamento dei suoli tramite la rotazione colturale (evitando ad esempio le monosuccessioni).
«Tra i vantaggi degli impianti a biogas – ricorda Monica Coletta -, la possibilità di utilizzare parte dell’energia prodotta per l’irrigazione in sostituzione dei motori a gasolio attualmente impiegati; il recupero e il rilancio delle aziende agricole e del loro patrimonio di immobili; lo sviluppo dell’occupazione assunta con contratti stabili dalle aziende richiedenti, privilegiando le ditte locali per i lavori di costruzione e la costituzione di una filiera corta dell’energia con gli agricoltori del territorio per la produzione delle materie prime locali, incluso l’impiego di macchine ed attrezzature dei contoterzisti di zona per le coltivazioni».
«Una realtà complessa che gli amministratori devono ponderare con attenzione e competenza sotto molti profili (agricolo, ambientale, socioeconomico e paesaggistico) – conclude Coletta – informando, tutelando e tranquillizzando i cittadini che queste opere non sono avulse dal territorio ma possono inserirsi come motori di sviluppo puntiforme della nostra economia agricola senza stravolgerne il contesto».