Lamberto Frescobaldi su vendemmia 2022 e mercato del vino

Al 23° Memorial Vannucci intervista al presidente di UIV Lamberto Frescobaldi, che ha fatto il punto su vendemmia e mercato del vino e un’analogia col vivaismo.

Aristocrazia del vino in primo piano sabato scorso presso il Pistoia Nursery Campus al 23° Memorial Vannucci, in ricordo di Franca e Moreno Vannucci, i genitori del titolare della maggiore azienda del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia.
L’ospite d’onore di quest’anno era Albiera Antinori, presidente di Marchesi Antinori, che ha tenuto una sorta di lectio brevis in forma d’intervista con il giornalista Luca Telese, e ha ricevuto il premio principale dell’edizione 2022 del Memorial Vannucci.
Ma fra gli intervenuti c’era anche il marchese Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini (UIV) e dell’omonima azienda vitivinicola, nonché accademico dei Georgofili e membro della giunta esecutiva nazionale di Confagricoltura. Floraviva ha colto l’occasione per intervistarlo e cercare di fare il punto con lui sulla situazione del comparto del vino in questa difficile fase economica, segnata dalla guerra in Ucraina. 
Domanda d’obbligo: come sta andando questa vendemmia?
«C’è stata la grande paura prima, della siccità, e poi dal 15 di agosto, l’Assunta, abbiamo avuto delle piogge importanti, che in alcuni posti hanno fatto dei danni, però l’acqua è arrivata e la vendemmia veramente ha cambiato prospettive. Poi ci sono state altre giornate di pioggia, quindi oggi si inizia a trovare sia la quantità che la qualità. Quindi come ho detto, è stata una vendemmia molto siccitosa, con pochissimi trattamenti, praticamente un’uva mai vista così sana. Penso pertanto che possiamo essere ottimisti sul risultato finale».
Questa era una valutazione di livello nazionale o regionale?
«È una valutazione di livello nazionale. Abbiamo al Nord una quantità similare all’anno scorso. Il Centro dell’Italia è stimato un 12% in più e il Sud, che ha delle uve anche un po’ più precoci, che quindi sono già state raccolte, una quantità abbastanza simile all’anno precedente. In totale faremo circa 3/4 milioni in più di ettolitri e supereremo i 50 milioni di ettolitri quest’anno, che ci riporta di nuovo con forza nella posizione di primo produttore del mondo. Però, come piace dire a me, con questa prima posizione ci danno un pochino una medaglia di legno. Perché? Perché noi vogliamo lavorare sulla qualità e non solo sulla quantità. E quando ci confrontiamo con la Francia, che è il 3° produttore al mondo, essa però è a gran distanza al 1° posto come prodotto lordo vendibile [cioè come valore, ndr]».
Su questo fronte che cosa si può fare, cioè per aumentare anche la qualità e la remunerazione?
«Beh, una delle cose importanti da fare è che noi di questi 50 milioni di ettolitri, circa il 40%, quindi una grandissima quantità, oltre 20 milioni di ettolitri, sono di vini generici e i produttori non hanno idea di dove va il prodotto. Come in ogni attività in cui non si conosce il proprio cliente è un po’ come procedere a fari spenti. Bisogna fare in modo che ci siano areali e denominazioni più grandi in modo che i produttori abbiano più chiara la direzione...»
…Ecco una domanda sul mercato: con questa situazione difficilissima fra guerra, inflazione ecc., che cosa vi aspettate sull’andamento delle vendite sia nel mercato nazionale che internazionale?
«Noi siamo una nicchia, diciamocelo francamente. Una nicchia comunque che crea un forte profitto sulla bilancia dei pagamenti italiani, quindi una nicchia importante. Siamo molto polverizzati nel mondo, quindi è vero che ci sono delle zone in crisi, ma altre no. Dobbiamo essere dei bravi scopritori, dobbiamo anche andare a cercarci nuovi mercati. Quindi non sono così negativo sulla situazione in generale dei mercati. Dove invece bisogna mettere i piedi per terra è questo costo dell’energia. Su questo ci siamo un pochino avvitati. Adesso stiamo inseguendo il problema dell’inflazione: in realtà quest’inflazione si può anche discutere fino a che punto sia vera inflazione o speculazione. Perché qui la roba manca e allora tutti un po’ se ne approfittano. Scagli la prima pietra chi è senza peccato, per carità di Dio, però credo che se le cose dovessero ripartire e i magazzini potessero lavorare più come magazzini e meno per la richiesta, la situazione si dovrebbe in parte assestare. E poi bisogna mettere a punto l’agenzia per l’energia, che per un po’ di tempo ha funzionato in Olanda, dal momento che si è visto che non appena è circolato l’annuncio di un tetto al prezzo dell’energia, è subito calato il prezzo. Ecco bisogna svegliarci la mattina e dire: forse ci dobbiamo lavorare».
Questo suo cenno all’energia, che riguarda anche il florovivaismo, e il fatto di essere ospiti di una manifestazione organizzata da un importante vivaista quale Vannucci, mi porta a chiederle: quali analogie e differenze riscontra fra il suo settore e quello vivaistico, entrambi due fiori all’occhiello dell’agricoltura toscana (perché il vino toscano è un po’ più conosciuto nel mondo, ma anche il vivaismo pistoiese lo è, specialmente in Europa)?
«Assolutamente sì. Questo qui è un distretto straordinario che porta tanta ricchezza, attenzione al territorio. Qui tutto viene irrigato, viene recuperata l’acqua, quindi credo che qui abbiamo veramente un’eccellenza e che magari potesse anche allargarsi in altri areali della Toscana per continuare a portare ricchezza, lavoro e stabilità alla famiglie. Quali analogie e differenze? Il vino, è un segreto assoluto [con sorriso, ndr], si fa con l’uva e questa uva si fa con una piccola pianta, una barbatella, che è un piccolo essere che deve essere accudito, ma non solo quando è piccola ma anche quando sarà grande ed entrerà in produzione. Il grande vino lo produciamo facendo una grande uva e questo significa portare su queste barbatelle, proteggerle dalle malerbe, dalle malattie, potarle. Facciamo fare alle barbatelle quello che vogliamo noi, ma c’è un profondo rispetto di queste piante come c’è nel vivaismo. Forse una differenza è che questa pianta noi cerchiamo di accudirla per tanti anni a venire con la convinzione che quando questa pianta sarà più matura e con le radici più profonde riuscirà a fare un’uva con maggior carattere per produrre un vino di maggior carattere e unicità. Però le analogie sono tante».

Lorenzo Sandiford