La presidente di Aigp: necessario un albo dei giardinieri come in Germania
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Intervistata a Flora trade a margine di un seminario tecnico, Claudia Pavoni, presidente dell’Associazione italiana giardinieri professionisti, ha detto che l’art. 12 della legge 154/16 su chi può esercitare l'attività di costruzione o manutenzione del verde non basta. Dell’albo si discuterà in una tavola rotonda a Flormart il 23 settembre.
L’articolo 12 della legge 154/16 sulla semplificazione e competitività dell’agroalimentare è stato visto da molti come un passo avanti nella direzione di una gestione del verde in mano a soggetti competenti. Esso stabilisce che «l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico o privato affidata a terzi» può essere esercitata dai florovivaisti iscritti al Registro ufficiale dei produttori oppure da «imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze»; e che saranno le regioni a disciplinare i corsi di formazione per ottenere l’idoneità e quindi in ultima istanza a decidere chi potrà occuparsi del verde.
Per la presidente dell’Associazione italiana giardinieri professionisti (Aigp), l’agronoma Claudia Pavoni, sentita ieri a Rimini a Flora trade, in margine al seminario tecnico su “Qualità ed innovazione nel lavoro del giardiniere”, questo è però solo un primo passo, ma non sufficiente a garantire che alla costruzione e manutenzione del verde saranno ammessi solo individui davvero competenti. «Dovremmo approfittare di questa legge – ci ha confermato oggi Claudia Pavoni – per valorizzare la figura professionale del giardiniere, ma questo accadrà solo quando avremo un vero e proprio albo basato su requisiti e una certificazione di livello europeo». Del resto, osserva Claudia Pavoni, all’estero, ad esempio in Germania, la professione del giardiniere è riconosciuta e rispettata. In ogni caso, come spiegato stamani da Rodolfo Bonora, segretario di Aigp, «ci muoveremo con le regioni per aiutarle a definire corsi di formazione adeguati e ad evitare difformità fra una regione e l’altra».
Aigp ha la sede legale a Padova, con due basi operative: una a PadovaFiere e l’altra a Pordenone, dove si svolgono rispettivamente Flormart e Ortogiardino. L’associazione conta al momento solo alcune decine di iscritti, perché ha scelto di adottare una selezione rigorosa in base alle reali competenze, e non è composta solo da liberi professionisti, ma anche florovivaisti iscritti al Rup e giardinieri dipendenti.
Come ci ha spiegato ieri Claudia Pavoni, l’Aigp è nata «attraverso piccole domande botta e risposta da Facebook. Eravamo agronomi, giardinieri, titolari di imprese di manutenzione e ci siamo resi conto di avere un ruolo di Cenerentola, perché il giardiniere non esiste. E in effetti in Italia non esiste un albo dei giardinieri ed è proprio quello l’obiettivo principale per il quale abbiamo creato l’associazione». «Quello che ci ha portati a costituirci due anni fa, il 29 agosto 2014, giorno di San Fiacre, il protettore dei giardinieri – ha proseguito Claudia Pavoni - è stato l’intento di creare un ambito di formazione, una valorizzazione della figura del giardiniere e di divulgarne le competenze. Questo perché parecchie volte il florovivaista che fornisce le piante si trova ad avere anche un ruolo di giardiniere. Ma il giardiniere ha una competenza molto più ampia, a 360 gradi, perché ha a che fare con gli impianti di illuminazione, i passi carrai, quelli che sono i manufatti del giardino. Poi c’è il giardino storico, il giardino moderno, il tetto. Cioè moltissime variabili e competenze».
«Però – ha continuato - se una persona si trova senza lavoro, con un titolo di studio di perito agrario o di agronomo, e ha idea di fare il giardiniere, da dove comincia? Non c’è un curriculum, non esiste una pianificazione, non c’è un anno di stage. E questo è un problema italiano, perché a livello europeo, per esempio in Germania, l’albo dei giardinieri è molto potente: sono quelli che costruiscono il verde. Qui da noi, invece, è il costruttore di cemento che si mette a fare il giardiniere, mentre chi progetta non ha neanche la competenza della realizzazione».
Quali sono i primi passi che intendete fare per raggiungere l’obiettivo dell’albo professionale?
«Il nostro desiderio è fare anzitutto un decalogo del giardiniere e quindi, attraverso una specie di comitato all’interno dell’associazione, dimostrare quelli che sono i punti da portare al tavolo verde, perché il ministero ha dato molto spazio al florovivaismo, però la figura del giardiniere non è stata mai neanche citata. E infatti la nostra associazione, che vabbè è ancora piccola, non è ancora mai stata invitata. Quello che mi sembra giusto è che oggi ci sia un’attenzione a questa figura, che non è il florovivaista e non è neanche il progettista, ma esattamente colui che realizza il giardino e fa la manutenzione».
Ma non c’è stato nessun riconoscimento ancora?
«Abbiamo chiesto di stare al tavolo [del florovivaismo, ndr] e nessuno ci ha detto di no. Ma insomma per noi giardinieri è un bene che il verde non sia un bene superfluo, ma sia un bene importantissimo. Perché l’urbanizzazione deve essere accompagnata al verde. E poi la manutenzione deve partire dalla sostenibilità, che è una parola che nessuno capisce cosa vuol dire: non è sostenibile nel senso economico, ma nel senso di (non) inquinamento. Cioè il tipo di gestione deve essere oculata attraverso la lotta biologica e attraverso anche piccoli interventi ma fatti cum grano salis, cioè è la preparazione che deve essere valorizzata».
E’ soddisfatta, a metà giornata, dell’incontro di oggi a Flora trade?
«Mi è piaciuto molto perché non è stato un workshop, quindi le aziende che ci hanno offerto la loro tecnologia sono state esaustive su questo argomento, come l’utilizzo dei substrati, il prato fiorito, l’utilizzo della lotta per la difesa. E nel pomeriggio parleremo della qualità del materiale florovivaistico per avere la qualità di un giardiniere, perché se il giardiniere non riesce ad avere un materiale di buona qualità, allora farà male il nostro lavoro. Il nostro obiettivo è portare avanti questi momenti di incontro durante le fiere, per avere degli stimoli e momenti di formazione. E a Flormart, venerdì 23 settembre, faremo una tavola rotonda dove vogliamo descrivere proprio quali devono essere gli input per un albo del giardiniere».
L.S.