Il “modello Coldiretti” nel florovivaismo: voci dal Mandela Forum fiorentino
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Secondo Mario Carlesi, presidente di Coldiretti Pistoia, e Cristiano Genovali, a capo di Coldiretti Lucca, buone prospettive per l’ecologia applicata al florovivaismo, anche quello floricolo del distretto pesciatino e viareggino. Carmazzi in vetrina come esempio di floricoltore green e innovativo. Procissi, di Coldiretti Valdinievole, sostiene che sarebbe il momento migliore per investire in energie rinnovabili e uscire dall’anonimato, ma molti produttori sono stremati dalla crisi e intimoriti.
All’incontro di Coldiretti “Lavorare e vivere green in Italia”, tenutosi stamani al Mandela Forum di Firenze, ha avuto un po’ di spazio sotto i riflettori dei media anche il florovivaismo: sia nella versione della coltivazione di piante ornamentali del pistoiese sia in quella floricola o florovivaistica del distretto interprovinciale Lucca Pistoia, che ha come punte di diamante i territori della Valdinievole, con al centro Pescia e il suo Mefit (Mercato Fiori Piante Toscana), e di Viareggio e Torre del Lago.
Già sul palco la giornalista Luisella Costamagna, all’inizio dell’incontro, è stata accolta da alcuni bouquet made in Viareggio. Ma soprattutto, all’ingresso, era in esposizione, fra gli esempi d’innovazione, l’azienda di Marco Carmazzi, florovivaista specializzato in peperoncini fiori commestibili e ultimamente orti verticali, nonché presidente del distretto floricolo pesciatino e viareggino (ma qui solo in veste di militante Coldiretti).
Che prospettive ci sono per un florovivaismo green, vale a dire per un florovivaismo che sposi sempre di più il modello di agricoltura attento alla sostenibilità ambientale e alla qualità e unicità dei prodotti promosso da Coldiretti? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti dell’associazione nel territorio distrettuale, a cominciare da Maurizio Procissi, responsabile Coldiretti per la Valdinievole Ovest.
«In chiave pesciatina – esordisce Procissi - questo incontro ci tocca in maniera marginale, perché la nostra zona è prettamente a vocazione florovivaistica ed esce un attimo da quello che per me è l’argomento del giorno principale, cioè le rendite finanziarie legate alla Pac (Politica agricola comune, ndr): praticamente noi vogliamo che i soldi dell’Europa vadano agli agricoltori e non a banche e assicurazioni proprietarie di grandi estensioni di territorio. E questo è l’anello principale. E’ ovvio che poi c’è una difesa dell’agricoltura tutta. Il ministro è presente. Anche il ministro dell’ambiente è presente. Abbiamo fatto le nostre proposte per un settore florovivaistico che si possa sviluppare e quindi speriamo che vengano accolte». Ma, sollecitato, Procissi non si ferma qui e aggiunge qualcos’altro in materia di florovivaismo. «E’ da un anno circa – dice – che stiamo lavorando sul progetto Fai (Filiera agricola italiana): cerchiamo di calarlo anche nella filiera florovivaistica». Procissi conclude osservando che il modello green di agricoltura implica, sul lato produzione, l’impiego di energie alternative: «dal punto di vista economico questo sarebbe il momento migliore per investire in tale direzione, ma è difficile farlo capire ai nostri floricoltori provati dalla crisi. Però in realtà è il momento ideale per uscire dalla massa e fare investimenti».
Il presidente di Coldiretti Pistoia, Mario Carlesi, sostiene che «i fattori innovativi del vivaismo pistoiese sono le ricerche dei nuovi mercati, ma soprattutto la ricerca per produrre in modo sostenibile». «Coldiretti Pistoia – continua - è capofila di un progetto di Pif in cui abbiamo l’appoggio delle università di tutta la Toscana per creare un vaso ecologico, che non sarà più un problema come la vecchia plastica, ma un vaso che si dissolverà nell’ambiente a contatto con il terreno. E questa non è un’innovazione, ma una rivoluzione che cambierà certamente il modo di lavorare». E alla domanda se la filosofia green avrà un impatto anche sul florovivaismo del distretto floricolo Lucca Pistoia, risponde: «penso proprio di sì […] il prossimo futuro dell’agricoltura, e di Coldiretti in particolare, che proprio ci tiene a questo, perché la nostra agricoltura è tutta centrata sui prodotti di nicchia, perché dobbiamo vendere qualità e tracciabilità. I nostri consumatori non ci chiedono solo la qualità ma anche come è stato prodotto questo bene di così grande qualità. E vale già ora, ma nel prossimo futuro ci sarà sempre più ecologia nelle nostre aziende». «Anche nel florovivaismo – conclude Carlesi - si sta veramente andando in quella direzione, grazie anche alle ricerche delle università. Non è che siano cose estemporanee dei produttori. Gli agricoltori si stanno ormai appoggiando all’università nella ricerca più avanzata, non si può più ascoltare chi ci consiglia solo su come fare business, ma su come fare business ed ecologia».
E come viene vista invece la svolta green dai floricoltori della Versilia? Come osserva Cristiano Genovali, presidente di Coldiretti Lucca, nonché floricoltore, «abbiamo qui una rappresentanza di questa prospettiva green, un’azienda che è un fiore all’occhiello di questo settore. Non fa food, ma fa ornamentale e quindi anche sull’ornamentale si possono ottenere certificazioni. E’ una certificazione dal punto di vista della green economy importantissima perché certifica un processo e un prodotto che può essere anche commestibile, perché si tratta di un’azienda che produce peperoncini, l’azienda Carmazzi di Torre del Lago a Viareggio». «Le prospettive per la green economy – prosegue Genovali - sono sicuramente importanti, perché c’è tutto un mondo da scoprire anche per quello che concerne il settore vivaistico: nuove tecniche di produzione, nuovi impianti…». E a domanda sugli effetti di ciò sul distretto floricolo con tutti i suoi problemi risponde: «i problemi nel distretto floricolo ci sono e il presidente del distretto è molto attivo anche su questo fronte - tra l’altro è la stessa persona di cui parlavamo prima, Marco Carmazzi -. La green economy qui si può riverberare con una scelta di tecniche produttive innovative e anche, soprattutto, con una selezione di specie floricole più in linea con l’andamento climatico del nostro paese. Quindi andando a scegliere quelle produzioni che possono avere un bassissimo impatto energetico e un impiego di chimica minore, sia dal punto di vista delle concimazioni che dal punto di vista dell’impiego di fitofarmaci». A che punto siamo? «Ci sono moltissime aziende – risponde Genovali - che stanno puntando su questo, riconvertendosi dal punto di vista produttivo e andando a scegliere non più le produzioni tipiche che potevano esserci nella zona costiera della Versilia e nella Valdinievole (che poi sono le due aree vocate al florovivaismo della regione toscana); riconvertendosi non più magari alle rose o ai lilium o a specie che richiedono anche grossi impieghi di combustibili fossili per il riscaldamento, ma puntando su quelle produzioni che hanno un basso impatto ambientale per l’uso minore di pesticidi richiesti, perché più si va a scegliere specie floricole del territorio, quindi più vicine all’habitat naturale in cui si trovano, meno bisogno hanno di concimazioni e fitofarmaci, e poi richiedono un impiego minore di combustibili fossili. Ecco in che modo si può sostenere la green economy anche nel florovivaismo».
E cosa dice il lupus in fabula, Marco Carmazzi, lì presente insieme al figlio Giacomo, già impegnato a farsi le ossa nell’azienda di famiglia? Che spazio c’è nella floricoltura per il «lavorare e vivere green»?
«Noi chiediamo come imprese – è la sua risposta - che ci sia lo spazio e soprattutto che questo sia il futuro dell’economia, non solo quella agricola. E’ per questo che siamo qui con la nostra azienda a testimoniare le nostre scelte in tale direzione: dall’impianto fotovoltaico alle biomasse dalle certificazioni ambientali Iso 14001 al biologico». «Dagli investimenti nelle certificazioni ambientali – insiste Carmazzi - agli investimenti nelle energie rinnovabili, da quelli fatti nelle cultivar nuove o comunque in idee che pensiamo essere nuove, come i fiori edibili o la filiera del peperoncino, ecc., questa penso che sia la direzione giusta: una scommessa in un’economia verde nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente».
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