Ferretti sul vivaismo di Pistoia: aggregazioni compatibili col distretto
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Intervista a Renato Ferretti, qui sentito in veste di opinion leader del settore florovivaistico a livello nazionale. Per lui un’aggregazione di imprese compatibile con la natura di vero distretto (di «becattiniana memoria») del vivaismo ornamentale pistoiese è praticabile, purché accompagnata da più specializzazioni produttive e meccanizzazione dei processi. Ma le aziende devono essere disposte a mettere assieme alcune funzioni.
Prima i dati positivi dell’export del Distretto vivaistico ornamentale nel I semestre di quest’anno presentati dal presidente della Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia Francesco Ciampi, economista dell’Università di Firenze, durante la “Serata del vivaismo”, organizzata a Pistoia il 27 settembre dall’Associazione vivaisti italiani presieduta da Vannino Vannucci. Due giorni dopo il grido d’allarme dei vivaisti di Cia Toscana Centro, prevalentemente piccoli o medi subfornitori delle grandi aziende del comparto, che hanno segnalato cali degli ordini e in generale un andamento negativo conseguente alla crisi creditizia provocata dal fallimento dei Vivai Sandro Bruschi, che hanno lasciato un buco di circa 10 milioni di euro fra decine e decine di medi e piccoli vivaisti del distretto pistoiese. E addirittura hanno manifestato la preoccupazione che qualcosa non stia più funzionando per il verso giusto lungo la catena della filiera distrettuale.
Floraviva ha cercato di fare il punto della situazione con uno dei maggiori esperti di vivaismo e distretto ornamentale pistoiese, Renato Ferretti, già presidente del Cespevi (Centro di sperimentazione per il vivaismo), dirigente della Provincia impegnato nella pianificazione territoriale e agronomo di recente eletto nel Consiglio dell’ordine nazionale, il Conaf. Ferretti, convinto che non sia ancora possibile fare una valutazione precisa degli effetti permanenti del fallimento Bruschi nel tessuto distrettuale, ha accettato comunque di risponderci a proposito delle dinamiche “strutturali” che stanno attraversando il distretto e sulla possibile direzione di marcia per un suo rilancio, sulla quale, anche nel corso della “Serata del vivaismo”, erano emerse delle valutazioni apparentemente discordanti, in relazione in particolare alla questione della necessità o meno di più aggregazioni di imprese (vedi nostro servizio).
Dott. Ferretti, a prescindere dal caso Bruschi e dal relativo buco di diversi milioni di euro, i cui effetti non è ancora facile comprendere appieno, come stava prima che scoppiasse il caso, o sta per così dire a livello strutturale, il distretto di Pistoia?
«Nel corso del 2017 e del 2018 ci sono stati segnali di ripresa sul piano commerciale. Certamente il distretto ha perso diverse aziende in questi anni (Tesi Ubaldo, Matteini, Palandri, Gabellini, ed infine Bruschi) avviando sicuramente un processo di concentrazione produttiva».
Più nello specifico, è ancora un distretto in senso stretto, cioè non solo un’area produttiva genericamente concentrata su un unico comparto, ma caratterizzata da un sistema produttivo costituito da un insieme di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, tendenti all’integrazione orizzontale e verticale e alla specializzazione produttiva oppure no? In altre parole, queste integrazioni orizzontali fra specializzazioni confinanti e verticale fra segmenti della filiera sono ancora presenti oppure sono state compromesse da delocalizzazioni produttive o altri fenomeni conseguenti alla globalizzazione del mercato?
«E’ ancora un distretto di “becattiniana" memoria» (citazione di Giacomo Becattini, l'economista fiorentino noto per gli studi sui distretti industriali, ndr).
Si stanno comunque verificando cambiamenti significativi negli ultimi anni per effetto della globalizzazione oppure no? E di che tipo eventualmente? Che so, delocalizzazioni o che altro?
«La cosa più evidente è la riduzione di superfici coltivate. Difficilmente quantificabile, ma ben evidente percorrendo tutta l'area».
Tali cambiamenti, diciamo così, non strutturali e non tali da compromettere la natura distrettuale del vivaismo pistoiese, sono stati nocivi per il distretto oppure sono stati assorbiti al suo interno?
«Assorbiti, perché non era possibile fare altrimenti».
In questo contesto, che cosa potrebbe significare la ricetta dell’aggregazione fra imprese invocata da alcuni, ad esempio il presidente della Cassa di risparmio di Pistoia?
«Credo che l'aggregazione sia sicuramente importante, ma occorrerebbe che le aziende fossero interessate a mettere insieme qualche funzione».
Ma, portata alle estreme conseguenze, l’aggregazione delle imprese non può essere in fin dei conti contro la natura stessa di distretto? Oppure la si può fare senza snaturare il distretto?
«Credo che assieme all'aggregazione dovrebbe svilupparsi la specializzazione produttiva. Nel senso che dovrebbe esserci una minore sovrapposizione produttiva, in modo da favorire la meccanizzazione e l'automazione dei vari processi produttivi».
Lorenzo Sandiford