Il giardino Ricci: archeo-poesia di una perla barocca incastonata nel quartiere Duomo di Pescia

Paolo Vitali, direttore della biblioteca capitolare pesciatina e storico dell’arte, fa leva sulle sue competenze e su documenti di prima mano, per omaggiare la sua città svelando il fascino discreto dello spazio verde fatto costruire negli anni ‘30 del Seicento dal monsignor Ricci, una traccia del ruolo di Pescia a quell’epoca.

Quel che resta di uno splendido spazio verde architettonico di stile barocco che fu completato nel 1643 dall’allora proposto di Pescia, Monsignor Ricci. Quasi un’ombra di giardino, una poetica e recondita traccia a due passi dal Duomo pesciatino del ruolo storico che la città dei fiori ebbe nel Seicento.
Paolo Vitali, docente di storia dell’arte, autore di saggi storico-artistici locali e di iconografia medioevale, e dal 1993 direttore della biblioteca capitolare di Pescia, si lascia guidare dalla sua curiosità storica e dalle sue competenze erudite per svelarci il fascino discreto di uno spazio ormai pressoché inaccessibile della sua città, visto che è diventato luogo privato. Il giardino degno d’intervista da lui selezionato è dunque il giardino Ricci o, per usare il nome dell’attuale proprietà, il giardino di Palazzo Bellandi: «Una perla barocca nascosta nel Quartiere Duomo di Pescia», come lo definisce Vitali.
L’incontro con questo luogo incantevole è frutto di una ricerca storica condotta da Paolo Vitali qualche anno fa. «Uno dei committenti più importanti della realizzazione del Duomo di Pescia – spiega il direttore della biblioteca capitolare di Pescia - fu Monsignor Ricci, che alla sua morte nel 1646 lasciò una somma per la realizzazione della tribuna e dell’altare maggiore della propositura (attuale cattedrale, ndr). Tale indicazione storica è stata lo spunto per approfondire la conoscenza di questo personaggio e così siamo risaliti anche alla sua dimora privata, il suo palazzo, che si trova vicino al Duomo di Pescia».
«Monsignor Ricci, pesciatino d’origine, – continua Vitali - si era poi portato a Pisa, dove si laureò nel 1606 in utroque iure, nell’una e nell’altra legge (il diritto ecclesiastico e il diritto civile). Poi si trasferì a Roma al seguito del Cardinal D’Arpino e alla morte di questi era diventato segretario di Maffeo Barberini, che sarebbe stato di lì a poco nominato papa Urbano VIII. Nel 1633 Monsignor Ricci venne eletto proposto di Pescia. E così, ritornando in patria, decise di abbellire il palazzo di famiglia ricostruendo le finestre e i portali della nuova dimora; e addirittura il magnifico proposto fece costruire una bellissima loggia con colonne binate nella zona retrostante del palazzo».
«Per l’esecuzione architettonica – aggiunge Vitali - Ricci si avvalse dell’architetto pistoiese Pantaleone Quadri e nella ricostruzione della dimora privata pensò di realizzare il bellissimo giardino su uno spazio quadrato con un lato occupato da un’affascinante fontana a muro con una statua del Tritone. La pianta del giardino segue la classica quadripartitura con al centro una piccola fontana circolare in asse con la grande fontana al muro. L’ambiente va osservato dall’ingresso del palazzo, da dove si crea un cannocchiale ottico di grande effetto e suggestione».
«Tutto il complesso architettonico della famiglia Ricci – spiega ancora Vitali - fu concluso intorno al 1643. E lo stesso Monsignore doveva essere estremamente orgoglioso di questo palazzo, poiché si fece ritrarre da Bartolomeo Orsi in un dipinto che oggi campeggia in una parete della sacrestia della Cattedrale».
E adesso?
«Attualmente di quello che fu il meraviglioso impianto voluto dal Ricci – risponde Vitali - rimane ben poco. Sono ancora visibili la grande fontana e i quattro quadranti, mentre delle piante che ornavano originariamente il giardino non ne rimane nessuna. Tuttavia i documenti storici ci rivelano che lo stesso Monsignore pensò di far giungere dal sud dell’Italia molte sementi per la realizzazione dell’impianto naturalistico».
«Risulterebbe strana la presenza di questo giardino – osserva in chiusura Vitali - se non si comprendesse il ruolo della città di Pescia nel ‘600, vicina politicamente al ducato fiorentino ma legata culturalmente alla città eterna. Con molti intellettuali pesciatini quindi che, come il Ricci, frequentavano le grandi città e portavano in patria nuove esperienze».

Lorenzo Sandiford