Via libera a etichette allarmistiche sul vino in Irlanda: le reazioni

etichette allarmistiche sul vino

Le filiere del vino italiana e toscana dicono no a ok europeo alla norma irlandese che introduce sulle bevande alcoliche alert sanitari come per le sigarette.

 
Una delle ultime reazioni indignate al via libera per silenzio assenso della Commissione europea alla norma irlandese che introdurrà alert sanitari o health warning (avvertenze sui danni alla salute) sulle etichette di tutte le bevande alcoliche, dai superalcolici ai vini, è quella di oggi pomeriggio del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida all’Ansa Terra & Gusto. «Scelta gravissima per condizionare i mercati» ha detto il ministro all’agenzia stampa nazionale, aggiungendo fra l’altro: «si vuole equiparare il vino ai superalcolici», ma il vino «utilizzato in modo moderato è alimento sano».
Ma fra ieri e oggi c’è stato un vero e proprio diluvio di reazioni preoccupate e di critiche serrate di più o meno tutti i soggetti protagonisti della filiera del vino italiana e delle nostre associazioni agricole alla notizia che l’Irlanda è a un passo dall’attuazione di tale norma. Manca al via libera definitivo, infatti, come riferito oggi da Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, in una nota pubblicata dal notiziario di Federvini, l’autorizzazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), perché tale norma rappresenta una barriera commerciale a livello internazionale. E De Castro è sorpreso che «la Commissione europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette».
 
Le reazioni delle associazioni del comparto vinicolo
Per l’Unione italiana vini (Uiv) il via libera europeo, nonostante il parere contrario di Francia, Italia e Spagna (i tre principali produttori di vino) e di altri 6 Paesi, a health warning tipo “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” su vino, birra e liquori in Irlanda mette a rischio il principio stesso della libera circolazione delle merci. «Una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro – ha dichiarato il presidente di Uiv Lamberto Frescobaldi -. Secondo Uiv, il mancato intervento della Commissione europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino. Temiamo che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo». «I fatti di oggi – ha concluso Frescobaldi – segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro».
Toni ancora più duri da parte della presidente di Federvini Micaela Pallini, che, preoccupata per i pesanti accostamenti delle bevande alcoliche a rischi di tumori e malattie al fegato, ha parlato ieri di «sistema unilaterale che spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea senza apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile». «Chiediamo che il Governo Italiano – ha tuonato la presidente di Federvini - si attivi quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà. Forse è giunta l’ora che il tema venga trattato a livello politico in ambito UE, non da soli ma con i partner europei che hanno già manifestato gravi perplessità su questo tipo di normativa. È necessario una presa di posizione di fronte al mutismo della Commissione Europea».
Altrettanto preoccupata l’associazione nazionale Città del Vino, che ieri per bocca del proprio presidente Angelo Radica ha affermato che questo via libera va «a colpire in modo diretto l’export delle produzioni enologiche in quel Paese», ma di fatto apre allo stesso principio in tutta Europa, lasciando libertà di decisione agli Stati membri. «Si tratta – ha continuato - di un precedente pericoloso per il mercato unico e che va a creare disinformazione ed allarmismo fra i consumatori, non tenendo conto delle differenze fra consumo consapevole e abuso di alcol». «Come Città del Vino, all’interno del Patto di Spello, - ha aggiunto Radica – ci stiamo battendo su tutti i fronti per scongiurare questa semplificazione superficiale perché etichette in bottiglia mettono in stretta relazione il consumo di alcol a malattie del fegato (o tumori) sono fuorvianti verso il consumatore e demonizzano un prodotto come il vino al centro della Dieta Mediterranea. Chiediamo un intervento deciso e tempestivo da parte del Governo italiano nei confronti delle istituzioni europee, è necessario bloccare questa norma e fare chiarezza una volta per tutte per tutelare un comparto che rappresenta il Made in Italy nel mondo. Auspichiamo inoltre che il Governo investa risorse ed attenzioni su attività di educazione per far comprendere cosa sia il consumo consapevole di vino e cosa sia l’abuso indiscriminato di alcol, iniziando dalle scuole». Intanto nei prossimi giorni il presidente di Città del Vino Radica ed il direttore Paolo Corbini, interverranno al Simposio 2023 di Assoenologi, a Napoli, dedicato proprio alla tematica “Vino e salute tra alimentazione e benessere” (vedi).
 
Critiche delle associazioni di categoria agricole e prime stime dell'impatto
«Siamo particolarmente preoccupati per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando. La Commissione non ha ascoltato le riserve che l’Italia, con altri numerosi Stati membri, ha manifestato per opporsi alle misure introdotte dalla normativa irlandese creando un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno». Questo ieri il commento del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, alla notizia della non opposizione della Commissione europea allo schema di regolamento irlandese inerente l’etichettatura delle bevande alcoliche, che era stata notificato dall’Irlanda alla Commissione lo scorso mese di giugno. Il progetto di regolamento, evidenzia Confagricoltura, introduce l’obbligo di riportare messaggi sanitari relativi al cancro, alle malattie del fegato, alle donne in gravidanza nell’etichettatura e presentazione di tutte le bevande alcoliche, vini inclusi, immesse nel mercato domestico. «Occorre contrapporre a queste decisioni – ha concluso Giansanti - l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute».
Sulla stessa linea d’onda Cia – Agricoltori Italiani, che parla di disincentivo di fatto al consumo di vino e di «pericoloso via libera ad allarmismi e disinformazione, nonché un precedente rischioso per l’Europa, andando contro la definizione dell’etichettatura comune». Per Cia «è sconcertante lo scenario che si va ora delineando, con una mossa che sdogana l’autonomia decisionale dei singoli Paesi Ue e compromette il lavoro fatto fino ad ora a livello comunitario nell’ambito del Cancer Plan, proprio a tutela della salute dei cittadini, ma senza demonizzare il consumo, moderato e responsabile, di vino, da distinguere nettamente dall’abuso». Al Governo italiano viene indirizzata quindi la richiesta di «tornare a sollecitare l’Europa sugli impegni già presi per promuovere uno stile di vita sano e una corretta informazione».
Parole di fuoco da Coldiretti, che ha parlato ieri di «attacco diretto all’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero». Come affermato dal presidente Ettore Prandini «è del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol». Coldiretti non si è limitata alle argomentazioni sopra richiamate dalle varie rappresentanze di categoria, ma ha tentato di formulare alcune stime del possibile impatto di questa scelta europea «che metterebbe a rischio una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale voce dell’export agroalimentare» e che «rischia di alimentare paure ingiustificate nei consumatori come dimostra il fatto che quasi un italiano su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette, secondo un sondaggio on line sul sito www.coldiretti.it». Per Coldiretti bisogna «difendere un settore del Made in Italy che ha scelto da tempo la strada della qualità con le bottiglie che sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola». Con un consumo pro capite che in Italia si attesta sui 33 litri all’anno e con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende.
 
L’impatto nella regione toscana
Riguardo all’impatto sull’agroalimentare toscano, Coldiretti Toscana ha ricordato oggi che il vino è il simbolo più venduto e conosciuto all’estero del Made in Tuscany. «In pericolo – viene specificato - ci sono oltre 4 milioni di esportazioni di sole bevande, un quarto del totale dell’export che vola ogni anno verso l’Irlanda (fonte Istat)». Per questa via si potrebbero «aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio la sopravvivenza di quasi 13 mila aziende regionali insieme ad oltre 1 miliardo di euro di esportazioni di vini oltre confini». E in Toscana questo comparto conta 58 produzioni a denominazione (52 DOP e 6 IGP), di cui 4 tra le principali 20 italiane (Chianti Dop, Chianti Classico, Brunello di Montalcino Dop e Toscano Igp) con 1.183 milioni di euro di impatto economico e 5.839 operatori coinvolti. Qualità confermata anche nel 2021 con la Toscana che è stata la regione che più di altre ha investito in superfici a vino DOP (57 mila ettari) secondo il rapporto Qualivita – Ismea. 
«Il vino – ha commentato il presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi - è il prodotto dell'agroalimentare italiano più conosciuto e apprezzato al mondo, etichette simili sulle bottiglie provocherebbero un gravissimo danno di immagine al Paese ed economico a tutto il settore, senza peraltro basi scientifiche: che il vino di qualità bevuto in giuste quantità faccia male e provochi tumori e malattie non è affatto dimostrato. L'Irlanda non è uno dei più grandi importatori di vino, ma il rischio è che la Comunità Europea faccia sua una tesi del genere, prendendo una strada irragionevole e dannosa».
 
Redazione