Il CREA ha celebrato 150 anni di ricerca enologica italiana

CREA - ricerca enologica

Ieri 150° anniversario della nascita del centro CREA Viticoltura ed Enologia, eredità scientifica della Regia Stazione Enologica Sperimentale di Asti del 1872.

                                                       
«Il Centro Viticoltura ed Enologia rappresenta l’eredità scientifica della Regia Stazione Enologica Sperimentale di Asti, istituita da Re Vittorio Emanuele II nel 1872. L’evoluzione delle sue ricerche rispecchia quella stessa del vino italiano».
Queste le parole pronunciate ieri da Carlo Gaudio, presidente del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA), in occasione dell’evento con cui si è celebrato ad Asti il 150° anniversario della nascita della ricerca enologica italiana, fatta coincidere appunto con l’istituzione della Regia Stazione Enologica di Asti, in seguito divenuta Istituto Sperimentale per l’enologia (1967) e poi Centro di Ricerca per l’Enologia (2008). Nata con una forte vocazione enologica, la Regia Stazione si è dedicata sin dagli albori anche alla viticoltura, dotandosi di un campo sperimentale di 8 mila metri quadrati con circa 200 varietà di viti, e ha poi dato per un secolo e mezzo un contributo essenziale ai progressi del settore del vino italiano. Dal 2017 è entrata a far parte del CREA come Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia (CREA VE).
Momento fondamentale fu il 1967, quando la Stazione, divenuta Istituto Sperimentale per l’Enologia, incluse gli uffici della direzione, la cantina sperimentale dotata di moderne attrezzature per la microvinificazione delle uve, l’Ispettorato Repressione Frodi e il Servizio Revisione Analisi, nonché nuovi laboratori di chimica, tecnologia, microbiologia enologica, biologia molecolare e analisi sensoriale. «Davvero a 360° - come racconta una nota del CREA - gli studi condotti: dall’influenza degli agenti atmosferici sulla maturazione dell’uva alla composizione chimico-fisica (in particolare il contenuto di polifenoli), dall’applicazione della chimica analitica in enologia all’impiego dei fertilizzanti, fino all’analisi chimica e sensoriale di uve, mosti e vini per il raggiungimento di elevati standard qualitativi». Da sottolineare anche «il miglioramento delle tecniche di vinificazione, incluso l’impiego di coadiuvanti ed additivi enologici, la caratterizzazione e selezione di ceppi microbici ad uso enologico, l’analisi dei terreni, i sistemi di coltivazione della vite e le sue malattie, la certificazione, la prevenzione e il controllo delle frodi e la valorizzazione dei vitigni autoctoni».
«I recenti studi sugli aromi del vino e delle uve – ha sottolineato Carlo Gaudio nel corso dell’evento - permettono di individuare le relazioni tra composizione chimica e caratteristiche olfattive, di stabilire l’effetto delle cultivar nonché delle pratiche agronomiche ed enologiche sulla composizione aromatica dei vini, di sviluppare nuovi metodi analitici orientati al riconoscimento varietale, dell’origine geografica o finalizzati alla individuazione di sofisticazioni in campo enologico. Ma guardiamo anche al futuro, verso ambiti di grande attualità: dalla conservabilità alle innovazioni di cantina, dalla tipicità e salubrità alla sostenibilità, mirando ad un’economia circolare, con il recupero e la valorizzazione degli scarti di lavorazione».
«La nostra attività di ricerca – ha specificato il direttore del CREA Viticoltura ed Enologia Riccardo Velasco - è orientata a migliorare la gestione del processo di vinificazione, anche attraverso l’enologia di precisione, ottimizzando l’impiego delle risorse in un’ottica di sostenibilità economica, per mettere a disposizione delle cantine strumenti flessibili in grado di affrontare le complesse sfide imposte dal mercato, dalla società e dai cambiamenti climatici. In particolare, il monitoraggio con i sensori delle condizioni ambientali e del ciclo di vinificazione e conservazione; la stabilizzazione tartarica e proteica dei vini per sopportare trasferimenti su grandi distanze e in condizioni ambientali non favorevoli; l’impiego delle membrane, per abbassare il pH dei vini e ridurre il tenore alcolico, in crescita a causa dei mutamenti climatici. Infine, alcuni procedimenti fisici, come gli ultrasuoni, i campi elettrici pulsati e le alte pressioni, utilizzati inizialmente per l’estrazione della componente polifenolica, ma oggi anche per il controllo microbiologico di uve e mosti, finalizzato a ridurre l’impiego dell’anidride solforosa in alcuni processi produttivi».
 

Redazione