L'olio nostrano conquista l'oriente e l'ARBEQUINA spagnola il mercato delle piante d'olivo
A fronte della stabilità delle importazioni del mercato Usa, si segnalano ottime performance del Giappone (+54%) della Russia (+63%) e della Cina (quasi il 200%). «È la dimostrazione – ha sostenuto Ranieri Filo della Torre direttore dell'Unaprol – dell'interesse dei nuovi mercati per l'olio di oliva e in particolar modo per la categoria dell'extravergine firmato made in italy»
Unaprol, insieme ad Aifo (Associazione italiana frantoiani oleari) e a Unapol (Unione nazionale associazioni produttori olivicoli) ha lanciato il marchio i.o.o.% qualità italiana. Il nuovo segmento di mercato si affianca a quello delle dop ed igp che ha a sua volta beneficiato nel corso del 2010 di una generale risalita dei listini.
Le considerazioni dal marketing Floraviva: L'articolo sopra riportato non è altro che l'ennesima conferma della mancata importanza di una giusta percezione organolettica della qualità dell'olio di oliva in generale e cosa ancor più sorprendente in Italia. Noi tutti sappiamo che la produzione Nazionale copre appena il 70% del fabbisogno nazionale e che quindi l'import di olio estero, spacciato per nazionale, è una pratica ormai più che centenaria. Le considerazioni sopra riportate, servono sopratutto per i coltivatori di piante da olivo locali che vedono una battuta d'arresto nelle vendite, stante lo stradominio degli Spagnoli con la loro pianta da super produzione che si chiama “ Arbequina” . Il modello di coltivazione superintensiva sbarca in Italia e precisamente a Bari già nel 2007, verificando costi di raccolta ridotti a 0,30 € per litro di olio, ma ormai tutti i produttori, quali la Spagna stessa, numero uno in Europa, l’Argentina, gli Usa, il medio oriente, parti dell’Africa non prendono più in considerazione le nostre piante che sono più costose e meno produttive oltre che ad avere incidenze di trasporto superiore. Quanto detto non lascia scampo alle tradizionali varietà d’olivo. La soluzione passa per l’innovazione e lo sfruttamento del made in italy anche per le piante.