L'olio d'oliva monocultivar come strategia per vincere sui mercati

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Il Consorzio Nazionale degli Olivicoltori: occorre puntare sui prodotti monocultivar sull'esempio dei vini in purezza. Una ricerca dell'Università di Bari dimostra i benefici del regolare consumo di olio, soprattutto se di singole cultivar di olive. Per il presidente di CNO, Gennaro Sicolo, il salto di qualità si farà promuovendo oli mono-varietali e anche Dino Scanavino, presidente Cia, ribadisce che all'olio non basterà più essere italiano per vincere sul mercato.

In occasione dei suoi cinquant'anni di attività, festeggiati lo scorso 6 luglio a Roma, il CNO ha affrontato il tema “Le differenze sono valore – Strategie, biodiversità, mercato”. Da questo convegno è venuto fuori un messaggio molto chiaro per superare l'impasse nel mercato e nei prezzi: puntare sui monocultivar come oli da Leccino, Coratina, Frantoio, Moraiolo, Ogliarola e barese. Secondo il Cno questa operazione potrebbe portare un valore aggiunto di almeno un miliardo di euro. Nonostante i segni positivi dell'export, che registrano un fatturato da 3 miliardi di euro l'anno, il comparto continua a soffrire per margini esigui, contraffazioni e scarso ricambio generazionale. A questo quadro già complesso si è aggiunta lo scorso anno Xylella fastidiosa che ha portato danni per milioni di euro. Proprio per questo si è pensato di ripartire con una nuova strategia lungimirante su tutta la linea, a partire da quello salutistico. Il Cno ha così seguito uno studio dell'Università di Bari che dimostra i benefici del regolare consumo di olio, soprattutto se derivato da singole cultivar di olive. Il presidente del Cno, Gennaro Sicolo, immagina che tra cinquant'anni si userà il termine “olio extravergine d'oliva” alla stregua di quello di “vino”, ovvero una definizione generica del prodotto. D'accordo anche Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia, secondo il quale non basta più che un olio d'oliva sia italiano per essere reputato migliore di altri.

Redazione