Etichette leggibili, estensione delle responsabilità penali e stretta sui test in una proposta di legge per salvare l’olio made in Italy
A promuovere la nuova normativa, con un evento intitolato “Per il futuro dell’olio italiano”, sono stati il 21 marzo Coldiretti, Unaprol e Fondazione Symbola. Tra le misure previste contro gli imbrogli anche il «tappo anti-rabbocco» per i ristoranti. Una tariffa per incentivare la produzione di elettricità dagli oli inidonei al consumo. [foto di sailko da wikipedia]
Nel 2011, nonostante che la produzione italiana d’olio d’oliva abbia registrato un valore di 483 mila tonnellate pari a un calo del 6% sul 2010, le esportazioni sono aumentate arrivando a 363 mila e 500 tonnellate. Ma hanno continuato a crescere pure le importazioni, che hanno raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate, e «l’Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia». Con il risultato che «oggi la maggioranza delle bottiglie di olio provengono da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell’olio in vendita oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni». «Gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri […]. Non è un caso che secondo una analisi Coldiretti/Eurispes il 19,1 per cento dell’olio extracomunitario importato in Italia nel 2010 è stato destinato alla provincia di Lucca, mentre il 10,1 per cento alla provincia di Genova dove si trovano importanti stabilimenti».
E’ quanto è emerso ieri a Roma in occasione dell’evento “Per il futuro dell’olio italiano” organizzato da Coldiretti, Unaprol e Symbola, durante il quale è stata presentata una «proposta di legge salva olio made in Italy» che intende tutelare i consumatori e la reale concorrenza tra le imprese, preservando l’autenticità del prodotto e la veridicità della provenienza territoriale. Un modo per difendere dunque «un patrimonio ambientale con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all’anno e un fatturato di 2 miliardi di euro» e che annovera ben 43 oli a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea.
Cosa prevede dunque il testo di legge?
«Innanzitutto - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - si punta a risolvere il problema della scarsa leggibilità delle etichette, che impedisce ai consumatori di conoscere la reale provenienza di quanto portano in tavola. Le lettere della scritta riportante l’origine dell’olio dovranno avere un’altezza minima di 1,5 centimetri ed essere ben visibili rispetto al colore del fondo. Nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro o Paese terzo, la dicitura va preceduta dal termine “miscela”, stampato anch’esso in maniera ben evidente rispetto alle altre indicazioni. Per assicurare le caratteristiche qualitative dell’olio è attribuito valore probatorio al panel test che potrà così smascherare gli oli difettosi in commercio».
Poi «non potranno essere registrati come marchi d'impresa i segni idonei a ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini e – proseguono Coldiretti, Symbola e Unaprol - allo stesso modo sarà vietato anche omettere indicazioni rilevanti circa la zona di origine degli oli di oliva vergini per far credere che le olive utilizzate siano di provenienza diversa da quella effettiva». Mentre per favorire la trasparenza verso il consumatore cade il segreto delle importazioni agroalimentari, con gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera che metteranno a disposizione di tutti le informazioni a propria disposizione sull’origine l’origine degli oli di oliva vergini e delle olive che entrano in Italia.
«Per evitare il rischio frodi - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - è stato individuato anche un preciso parametro che dovrebbe assicurare la qualità dell’olio etichettato come italiano o comunque con denominazioni che evocano il Belpaese. Tali prodotti dovranno presentare “un contenuto in metil esteri degli acidi grassi + etili esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg”, accertato sulla base di appositi controlli. La presenza di metil esteri nell’olio di oliva, infatti, è legata all’azione di un enzima nell’ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell’olio. Diversamente, la presenza di un valore elevato di etil esteri è indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive. […] La responsabilità penale di eventuali comportamenti illeciti da parte di soggetti verrà estesa all’ente che rappresentano».
Per garantire la qualità dell’olio d’oliva servito sulle tavole dei ristoranti è stato invece previsto un apposito tappo anti-rabbocco, in modo da evitare il rischio che la bottiglia di extravergine possa essere “allungata” o addirittura riempita ex novo con prodotti che non hanno nulla a che vedere con quello originario.
C’è poi una stretta anche sui test per verificare le caratteristiche organolettiche degli oli. «Oltre all’inserimento in un apposito elenco nazionale, gli assaggiatori dovranno seguire un rigido codice di comportamento, che va dall’astensione dal fumo e dal cibo prima del test fino al divieto di usare profumi e cosmetici il cui odore potrebbe confondere l’analisi del prodotto».
Si introduce, infine, «una tariffa di incentivazione della produzione di energia elettrica attraverso l’impiego di oli non idonei al consumo umano. La tariffa viene fissata ad un livello tale da garantire il ritorno di investimento per la realizzazione di un impianto, introducendo un prezzo di acquisto dell’olio che sia competitivo rispetto ai valori medi di mercato».
L.S.